Fa venire l’acquolina al solo pensiero: è la costata, la classica bistecca ricavata dalla lombata del bovino, ovvero la pregiata zona del dorso, tagliata a fette alte tra la 6ª e la 13ª costola. Ogni capo ha 2 lombate, destra e sinistra: ci sono quindi 8 costate per lato, 16 in tutto l’animale. In questa parte, la massa muscolare è poco utilizzata perché non deve sorreggere il peso né fare particolari sforzi. Per questo motivo è tenera e infiltrata di grasso, la cosiddetta marezzatura: caratteristiche che la rendono adatta a cotture veloci che ne esaltano il sapore e ne preservano la morbidezza.
Con l’osso o senza?
Per costata si intende generalmente quella con l’osso, spesso e ricurvo, in genere “accorciato” eliminando la parte finale della costola, priva di carne. Se, al contrario, questa parte viene lasciata intera, ecco che si ottiene la sorta di “manico” che caratterizza il tomahawk (foto in basso), così chiamato perché nella forma ricorda le tipiche asce indiane e molto scenografico.
Al di là dell’aspetto estetico l’osso, con le sue cartilagini e il suo midollo, contribuisce a donare gusto alla bistecca. Per alcune preparazioni si preferisce, tuttavia, eliminarlo insieme a parte del grasso esterno: in questo modo si ottiene la cosiddetta entrecôte (fracosta in italiano), più facile da cuocere in modo perfettamente uniforme su ogni lato.
L’importanza del grasso
Come dicevamo, tenerezza e succulenza derivano dalla giusta alternanza fra magro e grasso. Quello esterno, il cosiddetto grasso di copertura, si può rifilare ma solo in parte: infatti, protegge la carne durante la cottura e la insaporisce.
In alcuni casi, questo grasso si insinua nella carne formando una sorta di “nocciolo” che in inglese è definito “eye”, occhio: le pregiate costate rib eye sono molto apprezzate dagli intenditori! Anche la già citata marezzatura, che percorre in modo uniforme la polpa, si scioglie in cottura regalando tenerezza e aromaticità. Sempre a proposito del grasso, vera peculiarità di questo taglio, fate attenzione al colore: deve essere bianco o giallo chiaro. Le differenze sono dovute all’età dell’animale e all’alimentazione: è candido nei bovini nutriti con insilati, paglierino in quelli al pascolo per la presenza di carotene in erbe e fiori, e diventa via via più intenso negli animali più vecchi.
Il modo in cui il grasso si diffonde nella carne dipende anche dalla razza bovina: una costata di razza piemontese, magra per predisposizione genetica, non sarà mai uguale a una di Aberdeen Angus, che ne ha un contenuto medio-alto. Allo stesso modo quella di un toro non sarà mai paragonabile a quella di una scottona (femmina di età compresa tra i 15 e i 24 mesi, che non ha mai figliato), perché la femmina tende a ingrassare più facilmente.
Costata o fiorentina?
In macelleria si parla di costate “cinque coste” e “tre coste”, dove il primo gruppo è quello vicino al collo, mentre il secondo confina con il taglio da cui si ricava la fiorentina, ovvero la parte posteriore della lombata che comprende il filetto. Costata e fiorentina infatti, sebbene spesso confuse e ritenute nomi diversi della stessa bistecca, sono due tagli distinti. D’altronde basta guardarle! La costola della costata è unica e più grossa dell’osso a "T" della fiorentina (foto in basso).
La costata contiene parte del lunghissimo muscolo del dorso e del muscolo spinale, ma non ha il filetto della fiorentina. Tipica della sola costata è inoltre la posizione del grasso, più abbondante nelle bistecche tagliate dalle prime cinque coste.
Dimensioni e peso
Lo spessore della costata corrisponde a quello della costola cui è attaccato il muscolo, quindi in genere 3-6 cm, per un peso che parte da 4-600 g e può arrivare fino a un chilo un chilo e mezzo.
La qualità migliore
La qualità di una costata dipende, come abbiamo visto, da molti fattori come razza, tecnica di allevamento (in stalla o al pascolo), alimentazione (mangimi freschi o insilati) e, non ultimo, da una corretta frollatura. Per le costate la migliore è la cosiddetta dry aging, una tecnica che prevede la maturazione della carne per un periodo di 14-21 giorni in ambienti a umidità (70%) e temperatura (0-2°) controllate. Durante questo periodo, particolari processi chimici dovuti agli enzimi conferiscono alla carne un gusto complesso, aromatico e una tenerezza speciale. Solo la carne migliore può “reggere” il processo: quella che, grazie al grasso di copertura, alla marezzatura e alla sua conformazione, resta succosa anche asciugandosi. In sostanza nelle celle di dry aging si trovano proprio le lombate e in special modo la sezione delle otto coste destinata alle costate.
Le cotture adatte
Le cotture concesse alla costata sono poche e si tratta certamente delle tecniche più basilari, come la piastra, la griglia e il barbecue: quelle adatte, cioè, a preservare intatte le caratteristiche naturali di questo taglio e ad apprezzarne al pieno l’essenza, senza troppi artifici e intingoli (che, eventualmente, possono poi accompagnarla in tavola).
Prepararla alla cottura
Prima di metterla a cuocere, la costata deve essere pulita e, volendo, anche condita. Se la fascia esterna di grasso è molto spessa, rifilatela un po’ ma senza esagerare perché, come abbiamo visto, sarà il grasso a dare gusto e tenerezza. Quindi, incidete il bordo opposto all’osso, rivestito da una membrana, in 2-3 punti in modo che la carne resti distesa durante la cottura (foto in basso).
Tamponate la polpa con carta assorbente per eliminare ogni traccia di umidità: così la superficie si arrostirà perfettamente e diventerà più gustosa. Questi tre passaggi (rifilare, incidere, asciugare) sono indicate anche per l’entrecôte. Con un paio d’ore di anticipo, salate la bistecca: questo tempo permette al sale di penetrare in profondità e alla carne di riassorbire i liquidi. Infine, perché il calore si trasmetta perfettamente in tutti i punti, ungete la costata con olio d’oliva (ha un punto di fumo più alto dell’extravergine) che, essendo un ottimo conduttore, lo veicolerà in modo uniforme.
Tempi e temperature
Non è facile dare tempi precisi per la costata perfetta. Infatti, dipendono dallo spessore e anche dal grado di cottura preferito. Sulla griglia, si possono calcolare 3-4 minuti per parte, tenendo conto che ogni minuto in più farà passare la carne dall’essere “al sangue” al diventare “ben cotta”. Più scientifico usare un termometro da carne, da infilare al cuore della costata per rilevare la temperatura interna: a 50° si ha il cosiddetto punto bleu, con carne di un rosso acceso e molto ricca di succhi. Quando la temperatura arriva a 55° si ha la classica cottura al sangue (foto in basso): la polpa è di colore rosso chiaro e tenera e, in bocca, libera i suoi succhi.
Quando raggiunge i 60°, la carne è più ferma e di colore appena rosato: è la cottura media, in cui la succulenza è poco percepibile. La costata è ben cotta quando il termometro segna 65°: da questo punto in poi, le proteine non riescono più a trattenere l’acqua e la polpa si asciuga. Nella carne che ha raggiunto i 70°, anche al cuore il colore è marrone, la polpa è asciutta e il volume è ridotto: la costata è molto cotta o, come direbbero i gourmand... rovinata! In modo empirico, il grado di cottura di costate si può controllare anche premendo la carne con un dito: se è molto cedevole significa che è al sangue, se è morbida avrà il cuore rosato, mentre una consistenza piuttosto soda indica che è ben cotta.
Riposo prima e dopo
Prima di cucinare una costata, è bene lasciarla a temperatura ambiente per almeno un paio d’ore (come consigliato al momento di condirla con il sale). Essendo così alta, infatti, il centro resta crudo anche dopo la cottura: togliendo la carne dal frigo con buon anticipo, questo “cuore” non sarà gelido ma avrà una temperatura piacevole al palato. Viceversa, se in partenza la costata è molto fredda, rischia di bruciare esternamente prima di raggiungere internamente i 50-60°. Anche tra la cottura della carne e il momento in cui la si serve in tavola è meglio fare una piccola pausa. Una volta tolta la bistecca dal fuoco, lasciatela riposare in un luogo tiepido per qualche minuto o finché la sua temperatura interna, che nei primi secondi continuerà a salire, non inizierà ad abbassarsi. Cioè è utile affinché i liquidi della carne si ridistribuiscano al suo interno, invece di uscire al momento del taglio.
Come si serve
La costata ha una carne tenera, caratteristica che può essere ulteriormente migliorata dal giusto taglio, al momento di servirla. Infatti, se le sue fibre restassero integre (come accadrebbe affettando parallelamente a esse), la carne risulterebbe difficile da masticare. È importante quindi affettarla perpendicolarmente alle fibre stesse, tenendo il coltello leggermente in diagonale, in modo da “accorciarle” il più possibile.
Se la costata è tagliata correttamente, la forza richiesta per la masticazione sarà di gran lunga inferiore, dando l’immediata percezione di una carne molto tenera. Proprio quello che cercano gli appassionati!
Scoprite come il nostro chef Stefano Grandi ha interpretato la costata, rispettandone le caratteristiche con una cottura veloce e accompagnandola con una salsa chimichurri argentina o con gli aromi tipici della cucina milanese.
Contenuto realizzato da Sale&Pepe in collaborazione con You&Meat e MEatSCHOOL
Foto di Felice Scoccimarro
Giugno 2023