Amata dai buongustai, prediletta dagli amanti del barbecue, ingrediente di ricette tipiche e adatta anche a una cucina veloce e leggera: è la carne di manzo, un prodotto a tutti familiare ma di cui a volte non si conoscono bene tagli, tecniche e utilizzi. Per orientarvi, dal macellaio come in cucina, abbiamo compilato un utile glossario con tante voci in ordine alfabetico. Qui la prima parte, dalla A alla L, mentre trovate la seconda a questo link. Buona lettura!
Aprire a libro. È un classico taglio che si effettua per ottenere una larga fetta da farcire o arrotolare. Si ottiene tagliando la carne in orizzontale, ovvero nello spessore, partendo da un lato lungo fino al lato opposto, fermandosi a 2 cm dalla fine. Tipico per lo spinacino (vedi), essendo questo pezzo triangolare si parte a tagliare da uno degli angoli uguali.
Arrosto. È il risultato di una tecnica di cottura, in casseruola o al forno, che non prevede l’aggiunta di acqua, brodo o altri liquido abbondanti.
Barbecue. Abbreviato in BBQ, il termine ha origine dal nome usato dagli indigeni delle isole caraibiche per indicare la cottura della carne su griglie di legno verde che, al contempo, la aromatizzavano. Negli ultimi anni il BBQ è al centro di un grande interesse, tecniche e strumenti si sono fatti più sofisticati, a cominciare dai bracieri con i coperchi che permettono la semplice cottura alla griglia (“a cielo aperto”) o le tecniche più complesse come il reverse searing (vedi).
Bark. È la crosticina scura e aromatica che dà sapore e profumo ad alcune carni cucinate alla griglia. Si forma anche grazie al rub (vedi).
Bardare. Significa avvolgere la carne da cuocere in fette di lardo, pancetta, bacon o prosciutto. Questa tecnica è particolarmente utile quando la carne da cucinare è magra o delicata. Il grasso della bardatura infatti la protegge e impedisce che si asciughi troppo.
Beef hammer o I-bone steak. È lo stinco lavorato come se fosse un martello, raschiando la parte finale dell’osso e lasciando la carne attaccata solo a un’estremità. La cottura più adatta è al barbecue (vedi): indiretta per almeno 2 ore, poi in foil (vedi) fino a raggiungere una temperatura al cuore tra i 92° e i 96°.
Bistecca. Sebbene in molte parti d’Italia il nome sia utilizzato per ogni fetta di carne cucinata alla griglia, l’unica vera bistecca è quella della lombata (vedi), così come sanno i fiorentini. Il nome deriva infatti dall’italianizzazione di beef steak, termine usato dai viaggiatori inglesi che visitavano Firenze nell’Ottocento, e viene messo nero su bianco per la prima volta da Pellegrino Artusi che nel suo manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” così la descrive: “La nostra bistecca alla fiorentina non è altro che una braciuola col suo osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata”.
Boccetta. È una sezione della fesa (vedi), sotto la copertina (vedi): pesa appena mezzo chilo ed è morbidissima, tanto da poter essere scambiata per filetto (vedi). I francesi la ritengono immancabile tra i tagli per la bourguignonne, la preparazione conviviale in cui i commensali intingono bocconcini di carne in un pentolino di olio bollente, posto al centro del tavolo.
Bollito. Si parla di bollito quando la carne viene messa a cuocere in una pentola d’acqua in ebollizione: il calore “cauterizza” la carne e fa in modo che trattenga i suoi succhi.
Brasato. È carne cotta nel vino o nel brodo. Dopo una breve rosolatura in padella, si trasferisce in un recipiente coperto con aggiunta di ortaggi, erbe, spezie e si continua la cottura a fuoco lento e tegame coperto, così da impedire che una eccessiva evaporazione disperda i succhi interni. Al termine della cottura, il ricco fondo rimasto si può restringere e frullare, con le verdure o dopo averle eliminate.
Brione. È un taglio del quarto anteriore, ricavato da un punto intermedio situato tra la spalla e il “gomito” della zampa anteriore. A formarlo sono due muscoli: il bicipite brachiale e il pettorale profondo.
Campanello. Ricavato dalla gamba posteriore del bovino, è assimilabile al nostro polpaccio. La tibia lo separa dal taglio denominato muscolo (vedi). Formato da quattro fasci muscolari, legati tra loro da tessuto connettivo (vedi), capita spesso di sentirlo chiamare “pesce”, anche se il termine definisce più propriamente la sola parte centrale, dalla forma affusolata e con una struttura ricca di collagene, la più adatta per bolliti (vedi) e spezzatini (vedi). Un altro dei nomi locali, usato in Lombardia, è “piccione”.
Cappello del prete. Altro nome per la copertina di spalla (vedi).
Carpaccio. È un piatto freddo a base di sottili fettine di manzo (vedi) o vitellone (vedi) crudo. La ricetta venne inventata da Giuseppe Cipriani, proprietario dell’Harry’s bar di Venezia, in occasione di una mostra dedicata al pittore Carpaccio. Dato il successo del piatto, il termine “carpaccio” è divenuto generico e si applica a ricette di carne ma anche di pesce, sempre crudo.
Chuck roll. È il nome anglosassone per il reale (vedi) disossato, naturale proseguimento della lombata (vedi), in direzione della testa: in pratica, perciò, “confina” con il taglio più pregiato del bovino, con una buona percentuale di grasso (intorno al 6-7%) e un’interessante marezzatura (vedi). La parte verso la lombata è simile al cuberoll (vedi); quella rivolta verso il collo è mista, rivestita di grasso e percorsa da connettivo. Separando queste due parti avremo, da un lato (verso il posteriore), una carne da cuocere brevemente, trattare come un arrosto (vedi) oppure scaloppare e trasformare in bistecche di buono spessore, intorno ai 2,5 cm; dall’altro lato (verso la testa) si ottiene invece un’ottima polpa per lesso (vedi) e stufato o un macinato per polpette (vedi), hamburger (vedi) e ragù.
Collagene. È la proteina principale del tessuto connettivo (vedi). Durante la cottura, a patto che sia sufficientemente lunga, il collagene tende a sciogliersi, trasformandosi in una sostanza gelatinosa che rende molto gustosi il bollito (vedi), il lesso (vedi), il brasato (vedi), lo spezzatino (vedi).
Controfiletto. È una delle due parti che compongono la fiorentina (vedi), molto simile per caratteristiche organolettiche alla “vicina” costata (vedi) e quindi saporito, infiltrato di grasso in maniera ottimale, di squisita tenerezza. Lo stesso nome viene dato, in alcune regioni, allo scamone (vedi), che però è un taglio della coscia, non della lombata (vedi).
Copertina. È la parte inferiore e meno omogenea della fesa (vedi), una porzione di polpa che si presta perfettamente per polpette e ragù. Staccandola, si può individuare un’ulteriore sezione, la boccetta (vedi). Un taglio analogo, magro e povero di collagene, si ricava anche dal campanello (vedi).
Copertina di spalla. Detta anche “cappello del prete” (vedi) o “arrosto della vena”, è situata nel quarto anteriore, accanto al fesone (o polpa) di spalla (vedi). Pesa tra i 4 e i 5 chili e rispetto al fesone risulta appena più arretrata. Di forma piatta e trapezoidale (anche se qualcuno la definisce triangolare, da cui il nome di “cappello del prete”) è formata da due muscoli: il sottospinato e il piccolo rotondo. Il primo è più grande e particolarmente tenero, forse addirittura il muscolo più morbido dell’intero bovino dopo il filetto (vedi): infatti come quest’ultimo, non è sottoposto a grossi sforzi e non si irrobustisce molto. In aggiunta, la copertina di spalla contiene una buona quantità di tessuto connettivo (vedi), che in cottura assume una consistenza scioglievole, e una certa quantità di grasso infiltrato, requisiti interessanti soprattutto per la preparazione di brasati (vedi) e bolliti (vedi). Gli amanti del barbecue (vedi) ne ricavano una particolare bistecca detta flat iron steak (vedi), nella foto in basso.
Costata. Si tratta di una bistecca ottenuta dalla zona anteriore della lombata (vedi). Le costate sono un numero ben preciso, definito dalle vertebre presenti in questa parte, e cioè otto. In macelleria si parla di “cinque coste” e “tre coste”, dove il primo gruppo è quello vicino al collo e il secondo confina invece con il taglio da cui si ricava la fiorentina (vedi) ovvero la parte posteriore della lombata, con il filetto (vedi).
Cuberoll. Si ricava dalla parte anteriore disossata della lombata (vedi), il “cinque coste”, la stessa sezione che può dare le migliori costate (vedi). Si presenta come un grosso cilindro di carne del peso di circa 3-4 chili, ben rifilato all’esterno, con una quantità ottimale di grasso infiltrato nella polpa, visibile sia sotto forma di sottili venature bianche, sia di un grosso “occhio” centrale (lo stesso delle costate rib eye, vedi). I muscoli che compongono il cuberoll sono il dorsale e lo spinale (oltre ad alcuni minori): non sottoposti a un eccessivo lavoro, si mantengono morbidi.
Deglassare. È l’operazione che si usa per recuperare i succhi, emessi durante la cottura degli arrosti, che si possono utilizzare per una salsina di accompagnamento. Una volta prelevata la carne, si versa nel tegame brodo, vino o semplice acqua, mescolando bene e raschiando il fondo per staccare le parti attaccate. Il sughetto si lascia restringere, si regola di sale all’occorrenza e si può arricchire con una noce di burro, da emulsionare con una frusta.
Direct searing. Nel caso di grosse bistecche marezzate, come quelle di cuberoll (vedi) la sola griglia non è l’ideale perché all’esterno la carne cuoce velocemente senza dare il tempo al cuore di scaldarsi e al grasso di sciogliersi. Con la tecnica del direct searing, invece, carne è prima cauterizzata sulla piastra e poi infornata fino a raggiungere i 52-55°. La buona riuscita così è più sicura.
Dry aging. È una tecnica che prevede la frollatura (vedi) della carne per un periodo di 14-21 giorni in ambienti a umidità (70%) e temperatura (0-2°) controllate. Il dry aging conferisce un gusto complesso e aromatico e una tenerezza speciale. Solo la carne migliore può “reggere” il processo: quella che, grazie al grasso di copertura, alla marezzatura e alla sua conformazione, resta succosa anche asciugandosi. Nelle celle di dry aging si trovano le lombate, in special modo la sezione “otto coste” destinata alle costate (vedi).
Dry brining. È una salagione preventiva cui sottoporre le bistecche da cuocere sul barbecue. Infatti, sebbene il sale inizialmente estragga i liquidi dagli alimenti e tenda ad asciugare la carne cruda, dandogli il tempo di agire ha il potere di sciogliere parte delle fibre e innescare un riassorbimento dei liquidi. Avendo l’accortezza di salare la carne almeno 2 ore prima di cuocerla, la succosità risulta quindi migliorata.
Entrecôte o fracosta. Le entrecôte (fracoste in italiano) si ottengono dalle costate (vedi) disossate e rifilate dal grasso. Tagliate a fette spesse, fanno a meno del sapore e della succosità donati dall’osso durante la cottura ma sono più pratiche da cucinare a puntino e porzionare.
Fassona. Altro nome per la razza Piemontese (vedi). Il termine si usa maggiormente nel settore commerciale e deriva da “fasson”, ovvero “maniera, foggia”. È probabile che questo termine si sia consolidato nei mercati zootecnici piemontesi italianizzando l’espressione dei commercianti francesi che commentavano i migliori bovini dichiarandoli de bonne façon. Da qui l’usanza piemontese di chiamare fassoni i migliori capi dell’allevamento.
Fesa. Struttura omogenea, spiccata magrezza e buona morbidezza: queste le caratteristiche fisiche della fesa, taglio tondeggiante che occupa tutta la parte superiore della coscia. Formata da ben cinque muscoli, con un peso che nel bovino adulto varia dai 12 ai 15 chili (a seconda di genere e razza), detiene il primato di taglio più voluminoso dell’intero posteriore. Con poco grasso, che si accumula solo all’esterno, e pochissimo tessuto connettivo, la fesa è adatta per fettine e roast beef (vedi) e, grazie alla grana omogenea, è l’ideale anche per carpacci (vedi) e tartare (vedi), nella foto in basso.
Fesone di spalla. Detto anche polpa di spalla, posizionato nel quarto anteriore accanto alla copertina (o cappello del prete, vedi), è molto magro ed economico, ideale per il bollito. I tre muscoli che lo compongono hanno consistenze diverse tra loro e sono particolarmente saporiti, tanto che vale la pena sperimentarli anche a fettine, a cubotti, in sottilissimi carpacci (vedi) o finissime tartare (vedi).
Filetto. Di forma stretta e allungata, vagamente a cono, il filetto si ricava dalla parte posteriore della lombata: corre infatti lungo la colonna vertebrale del bovino, tra la fine delle costole (più o meno in corrispondenza dei reni) e la coscia. A formarlo è un unico muscolo che, per via della sua posizione, svolge un lavoro particolarmente leggero e, per questo motivo, non si ingrossa né rinforza. In termini gastronomici, una simile caratteristica corrisponde a fibre corte, tali da risultare quasi inavvertibili sotto i denti qualunque siano la preparazione, la cottura prescelta e la direzione del taglio.
Fiorentina. Tagliata dalla parte posteriore della lombata (vedi) e comprensiva dell’osso, è una fetta di carne del peso di almeno un chilo ma che può facilmente arrivare a sfiorare i 2, con uno spessore di 2-3 dita, ovvero tra i 4 e i 7 cm. È composta da due diverse zone e tipologie di polpa. Da una parte c’è il controfiletto (vedi), dall’altra il filetto. A dividere le due sezioni il caratteristico osso a T (da cui il nome anglosassone T-bone steak, vedi).
Flat iron steak. Si tratta di una bistecca piatta, anzi, di due, ricavate suddividendo la copertina di spalla (vedi) nello spessore, eliminando completamente il tessuto connettivo centrale che separa i due muscoli. Perfette da cucinare sulla brace rovente del BBQ, pochissimi minuti per lato e girandole un paio di volte, le due flat iron steak si gustano al sangue, una volta raggiunta la temperatura al cuore di 48°.
Flip’n’brush. Letteralmente “spennella e gira”, è una tecnica di cottura per le bistecche che prevede di voltare la carne numerose volte, spennellandola a ogni passaggio con una salsa a base di olio. Questa operazione permette di ottenere una cottura ottimale evitando la formazione del cosiddetto mouse ring (vedi), l’antiestetico anello grigio nella parte esterna, e di creare una crosticina esterna croccante.
Foil. Si tratta di una tecnica di cottura al barbecue (vedi) che consiste nel cuocere la carne avvolta in un involucro di alluminio (vaschetta o fogli) in modo da creare attorno a essa un ambiente umido e con una temperatura intorno ai 100°. La tecnica è particolarmente utile per carni di seconda scelta ricche di collagene (vedi) che, in questo modo, potranno cuocere più a lungo e, grazie ai vapori, trasformarsi in tagli morbidissimi.
Frollatura. È un metodo di maturazione della carne, in celle frigorifere a temperatura e umidità controllate e sicure, che ha l’effetto di renderla più tenera e gustosa. Tutte le carni devono “riposare” un minimo di tempo dopo la macellazione prima di poter essere consumate, in modo da ammorbidirsi (le fibre muscolari si rilassano) e, grazie a processi chimici dovuti agli enzimi, diventare più saporite e digeribili. La durata della frollatura varia in base alla razza, al genere e all’età dell’animale, oltre che al taglio di carne: per i bovini dura in media da 2 a 4 settimane (2-3 giorni per il pollame, una settimana per il maiale). Le maturazioni più spinte del bovino possono arrivare fino a 2-3 mesi.
Hamburger. Si dice sia stato inventato dal cuoco tedesco Otto Kuasw, appiattendo e friggendo una salsiccia privata del budello e sormontandola con un uovo. La “polpetta” schiacciata teutonica si prestava bene a essere racchiusa tra due fette di pane e acquisì popolarità tra i lavoratori del porto di Amburgo. Da qui arrivò nel porto di New York con l’appellativo di hamburger steak, cioè “bistecca di quelli di Amburgo”.
Heavy steak. Letteralmente, “bistecca pesante”, è il nome attribuito al chuck roll (vedi) quando viene cucinato al barbecue (vedi), in un grosso pezzo unico, con la tecnica del reverse searing (vedi).
Lardellare. Quando si cucinano arrosto (vedi) tagli piuttosto magri, è possibile sottoporli a lardellatura. Si tratta di inserire un ingrediente grasso all’intero della polpa. In pratica, si procede spingendo in profondità alcuni bastoncini di lardo con l’apposito ago per lardellare. L’operazione risulta più facile se i bastoncini sono ben freddi.
Lesso. Si definisce lesso la carne la cui cottura parte da acqua fredda. Succhi e sostanze nutritive, disciogliendosi nel liquido, danno luogo a un ottimo brodo.
Lombata. Corrisponde alla parte destra o sinistra della schiena dell’animale: in pratica, ogni capo ha due lombate. Se ne ricavano costate (vedi), entrecôte o fracoste (vedi) e fiorentine (vedi).
Contenuto realizzato da Sale&Pepe in collaborazione con You&Meat e MEatSCHOOL
Foto di Felice Scoccimarro
Luglio 2023