Detto anche geretto o gamboncello, è lo stinco disossato o con l’osso. Ricavato dalla zampa posteriore dell’animale, è adatto a preparazioni in umido, brasati e spezzatini. Se è lasciato integro se ne ricavano gustosi ossibuchi e insolite I-bone steak da cuocere al barbecue
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È chiamato muscolo, ma anche geretto o gamboncello, il grosso taglio del manzo collegato alla tibia, che lo separa dal campanello(il polpaccio): si tratta, in pratica, della polpa dello stinco. La denominazione deriva dal fatto che si presenta proprio come un forte muscolo striato, avvezzo al duro lavoro, magro e tornito. Non pensate però a uno stinco da porzione: nel bovino adulto, è molto voluminoso, con un peso di almeno 3-4 chili, che raramente può essere adoperato intero. La sua migliore sorte è essere sezionato con saggezza e secondo vocazione. Anche senza disossarlo.
Si può ricavare anche dalle zampe anteriori, attraversate da radio e ulna, dove ha forma più corta e tozza. Resta migliore quello posteriore (in basso, nella foto sotto) che ha una maggiore quantità di carne rispetto all’anteriore.
Porzionato in ossibuchi Come accennato, il taglio intero - non è disossato - è lo stinco. L’osso che lo percorre ha la particolarità di contenere prezioso e abbondante midollo. Così, se tagliato a spesse fette orizzontali, si ottengono i classici ossibuchi, tanto apprezzati nella cucina milanese. L’operazione deve essere eseguita dal macellaio (impossibile altrimenti tagliare a casa l’osso del pezzo intero). Prima della cottura, le “fettone” devono essere leggermente battute e, con un coltellino, si devono praticare alcune incisioni lungo i bordi che altrimenti, in cottura, tenderebbero ad arricciarsi.
Caratteristiche da esaltare con lunghe cotture Piuttosto economico, il muscolo ha una polpa magra e una precisa caratteristica che, in casseruola, diventa virtù gastronomica: è l’abbondanza di collagene, la proteina principale del tessuto connettivo che unisce tra loro le fasce muscolari. Durante la cottura il collagene tende a sciogliersi, ma non a sparire. Piuttosto, si trasforma in una sostanza gelatinosa che rende molto gustosi alcuni famosi piatti. Grandi specialità come il bollito, il brasato, lo stufato, lo spezzatino (foto in basso) o il gulasch hanno in comune tra loro la gelatinosità che si ottiene al termine di un processo di cotturalungo. Sottoposti all’azione del calore per circa un paio d’ore i tessuti, sia muscolari che connettivi, diventano cedevoli, la carne tenerissima e piacevolissima da masticare.
Il muscolo mostra una polpa piuttosto uniforme: fa eccezione una sola zona in cui si accumula del grasso che, volendo, può essere facilmente eliminato. Data la struttura delle fibre, può essere facilmente sfilacciato per farcire panini e sandwich.
Preparazione prelibata al barbecue Gli esperti del BBQ lo chiamano beef hammer (martello di carne) o I-bone steak, per assonanza con la T-bone steak, la nostra fiorentina, caratterizzata dall’osso a T: è lo stinco (ovvero, il muscolo ancora attaccato all’osso) lavorato come se fosse un martello. La preparazione del beef hammer non è delle più semplici ma dà grandi soddisfazioni: dopo averlo sottoposto a cottura indiretta (quindi, lontano dalle braci e a barbecue coperto) per almeno 2 ore, il “martello” va avvolto in un foglio di alluminio (la tecnica del cosiddetto foil) e cotto fino a raggiungere una temperatura al cuore tra 92° e 96°.
Salse dense Grazie al collagene disciolto, i sughi di cottura del muscolo risultano corposi e succulenti. Nelle le preparazioni “asciutte”, regalano fondi saporiti da allungare e deglassare con qualche cucchiaio di brodo o vino, per ottenere gustose salse di accompagnamento.
Scoprite come il nostro chef Stefano Grandi ha interpretato il muscolo in un sandwich con maionese al wasabi, cavolo e mele all’aceto.
Contenuto realizzato da Sale&Pepe in collaborazione con You&Meat e MEatSCHOOL Foto di Felice Scoccimarro Dicembre 2023