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I tagli del manzo: la punta di petto

News ed EventiConsigli praticiI tagli del manzo: la punta di petto

Ricavata dall’anteriore, economica ma gustosa, comprende polpa magra e parti ben marezzate. Caratteristiche uniche che la rendono un’ottima scelta per ricette nostrane, come il lesso o la tasca ripiena, e per interpretazioni anglosassoni, come il brisket al BBQ o il pastrami

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Gustosa ed economica e, la punta di petto è una sezione dell’anteriore grande ma non molto spessa. Il peso è di circa 6 kg ma può arrivare a 8, motivo per cui di solito viene divisa in due parti. A comporla sono due gruppi muscolari nettamente divisi da una striscia di grasso: i pettorali profondi e superficiali, più spesso nominati con il nome inglese di flat e point.

Magra e marezzata insieme
Come spesso accade per i tagli di seconda categoria, la polpa della punta non è uniforme: una prima parte, il flat, è particolarmente magra, l’altra è ben marezzata. Facilmente rimovibile è lo spesso strato di grasso e tessuto connettivo che la riveste esternamente. Non tutti però sono d’accordo nell’eliminarlo, e ve ne spiegheremo presto il perché.

Questione di qualità
Va detto d’altronde che la godibilità della punta di petto è strettamente collegata alla qualità dell’esemplare da cui è stata ricavata. Se si tratta di un bovino ben allevato e nutrito, questo taglio non avrà difetti quali asciuttezza e stopposità. D’altronde, il costo moderato non giustifica ulteriori risparmi: se punta di petto deve essere, sia dunque ricavata da un manzo pregiato!

Non solo bollita
Nel nostro Paese, la punta di petto è destinata quasi sempre al bollito, a volte al brasato e al brodo, preparazioni senza dubbio adeguate, che tuttavia non ne mettono in sufficiente risalto le virtù gastronomiche.

Visto da vicino il pettorale profondo (flat) appare caratterizzato da una polpa omogenea e piuttosto tenace. I muscoli che lo compongono sono infatti deputati a sostenere buona parte del peso dell’animale, un compito importante che li rende magri e saporiti. Proprio per questo è riservato alle lunghe cotture in grado di sciogliere il collagene e ammorbidire la carne. Da tenere conto che il bordo tende a essere molto sottile e ad asciugarsi in cottura. Per questo, il macellaio di solito lo elimina. Ma, se acquistate il pezzo intero, potrete farlo voi stessi riservando le strisce ottenute a carne macinata per ottimi hamburger.

Talvolta, grazie alla sua naturale forma rettangolare e allo scarso spessore, si sceglie di trasformare la punta in una tasca da farcire, per esempio con un mix di spinaci, prosciutto, mollica, uovo, cipolla, formaggio grattugiato o altro ancora.

Così preparata, si sigilla in casseruola e si cucina in umido. La carne soda, ma sottile, della punta tratterrà il cuore fondente della farcia e le fette risulteranno molto regolari. Naturalmente, il pezzo intero può essere lavorato per ricavarne fettine e straccetti, da preparare alla pizzaiola o in altre ricette in padella, sempre con tempi non troppo brevi.

Suggestioni americane
È nella cultura anglosassone però che questo taglio viene magnificamente valorizzato con una ricetta di grandissima reputazione. Stiamo parlando del Texas brisket, la specialità statunitense da cucinare al forno o sul BBQ che anche i pitmaster (i griller più esperti) e gli appassionati nostrani negli ultimi anni hanno mostrato di apprezzare sempre più. Per realizzare questa preparazione, il cui nome viene spesso semplificato in brisket (letteralmente “petto”) è consigliato lasciare uno strato del grasso a copertura di almeno una delle due “facce” del taglio, di solito quella che sarà più vicina alla brace. Così facendo, il grasso si scioglierà dando morbidezza alla punta di petto e intensificandone l’aroma naturale. Mentre la parte superiore, “nuda” e speziata, si coprirà di una sfiziosa crosticina.

La crosticina è il cosiddetto bark, lo strato esterno molto scuro che caratterizza il brisket. Affinché sia saporito, la superficie della carne cruda, già ripulita dal grasso di copertura, viene spolverizzata con un generoso mix di sale e pepe, cui possono aggiungersi aglio, zucchero, paprika, cumino o rosmarino. Per essere certi che il mix si attacchi alla perfezione è meglio spalmare la carne con un velo di senape.

Cucinare il brisket
Se volete cimentarvi in questa ricetta, munitevi di un barbecue con coperchio e termostato e di... pazienza! Perché ci vorranno tra 12 e 16 ore di cottura, dapprima con la carne esposta a un calore delle braci di 110°, in attesa che la superficie insaporita di sale, pepe e altre spezie si scurisca e che la temperatura al cuore raggiunga i 60°, successivamente avvolgendo il taglio in alluminio (il cosiddetto foil), aggiungendovi una tazza di brodo e attendendo che la temperatura interna superi i 90°. Fondamentale è infine il riposo finale che consentirà ai succhi di ridistribuirsi. Nonché il sapiente taglio contro fibra, tenendo conto che flat e point hanno le fibre in direzioni diverse. Più semplicemente il brisket si potrà sfilacciare con le mani ottenendo la perfetta imbottitura per i bun, i panini soffici utilizzati anche per gli hamburger.

Dall’Europa a Hollywood
L’eclettismo della punta di petto però non finisce qui: è con questo taglio, infatti, che si realizza il saporito pastrami, sorta di salume di manzo che dalla Romania e dall’Europa dell’est in genere è “volato” Oltreoceano diventando uno dei migliori street food americani, di solito servito in un sandwich di segale con senape e cetriolini. Particolarmente famoso è il pastrami di Katz’s Delicatessen a New York, locale che fa da sfondo a una famosa scena del film “Harry ti presento Sally”. La preparazione prevede un lunghissimo riposo della punta di petto in salamoia per poi procedere con un’affumicatura e una cottura al vapore.

Scoprite come il nostro chef Stefano Grandi ha interpretato la punta di petto in un arrosto affumicato a lenta cottura e in una rosticciata con speck e ortaggi.

Contenuto realizzato da Sale&Pepe in collaborazione con You&Meat e MEatSCHOOL
Foto di Felice Scoccimarro
Novembre 2023

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