È una sorta di Napa Valley made in Trinacria il territorio che si stende tra le saline della costa occidentale dell’isola, le architetture monumentali di Palermo e i primi contrafforti delle Madonie perché piccole cantine e caves blasonate hanno saputo rivitalizzare, in poche decine d’anni, l’enologia isolana. I risultati? Tutti da provare in un Grand Tour che regala emozioni forti: tra arte, storia e habitat diversissimi, eno-appassionati e seguaci della food culture trovano il loro piccolo eden nei vigneti a due passi dal mare, distesi sulle colline o all’ombra dei templi della Magna Grecia, dove vengono allevate con amore uve autoctone (dal Grecanico al Grillo al Nero d’Avola) e vitigni internazionali (come Chardonnay, Merlot, Syrah).
Il viaggio alla scoperta di questa sicilianissima west coast enoica può cominciare da Marsala, tra lo sperone roccioso di Punta San Teodoro e Capo Lilibeo, dove domina la natura selvaggia della Riserva dello Stagnone. In città, disseminati tra vicoli e piazze, ci sono cimeli punici e domus romane, cattedrali normanne e palazzi spagnoli. Lungo via XI Maggio (per tutti i marsalesi è il Cassaro), un sontuoso portale settecentesco fa scoprire il loggiato di Palazzo Fici e l’Enoteca della Strada del Vino dove, al tramonto si celebra il rito pagano degli happy hours a base di etichette made in Sicily e delikatessen locali.
Nelle cantine di Marsala, non invecchia solo Marsala, anzi. Da anni, alcune aziende, infatti, hanno cominciato a differenziare la loro produzione proponendo anche vini da tavola, ricavati da vitigni internazionali e, soprattutto, da uve autoctone come i già citati Grillo, Zibibbo, Nero d’Avola e Perricone: succede, per esempio, in una delle realtà storiche nel panorama enoico marsalese, gli spazi di Donnafugata. Nelle cantine che conservano l’impianto tipico di un antico baglio confluiscono vini e mosti ottenuti nelle vigne di Contessa Entellina e di Pantelleria per i processi di affinamento e di imbottigliamento. Da visitare la barriccaia dove maturano Chiarandà (uno Chardonnay in purezza), Angheli (uvaggio di Merlot e Cabernet Sauvignon), Tancredi (Cabernet Sauvignon e Nero d’Avola) e Mille e una notte (Nero d’Avola e piccole percentuali di altre varietà). Nel carnet di Donnafugata (www.donnafugata.it) ci sono anche le guest experience pensate per esigenti appassionati del berebene: alle visite guidate e alle degustazioni professionali, infatti, si aggiungono le esperienze del Donnafugata Music & Wine durante le quali ogni vino viene abbinato ad un brano musicale il cui andamento ritmico accompagna le sensazioni della degustazione.
Ma in città si visitano anche le cantine Caruso&Minini (www.carusoeminini.it), guidate da uno staff giovanissimo ed entusiasta. Le cantine sono ospitate in un baglio centenario nel cuore della tradizionale area degli stabilimenti vinicoli marsalesi: qui arrivano le uve dai vigneti di Giummarella e Cuttaia distesi in una zona collinare a est di Marsala, dove maturano le uve (autoctone) Grillo, Catarratto, Grecanico, Inzolia, Zibibbo, Nero d’Avola, Frappato e Perricone, ma anche le internazionali Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Syrah e Merlot. Interessante la produzione di vini NATURALMENTE BIO (così recita l’etichetta) due bianchi (il Catarratto e il Grillo) e due rossi (il Nero d’Avola e il Perricone), vini diversissimi tra loro ma contraddistinti dallo stesso stile fresco ed elegante. Le visite in cantina, oltre a far conoscere ed approfondire le fasi della vinificazione, prevedono delle degustazioni in cui il vino si sposa ai prodotti della cucina del territorio e della tradizione come pane cunzato, couscous, rianata (la morbida pizza locale), caponata, tagliancozzo (i biscotti con le mandorle).
Le Cantine Fina (www.cantinefine.it) sono fuori dal centro storico marsalese ma con una splendida vista sulle saline, sullo Stagnone e sulle isole Egadi: le vigne, infatti, si arrampicano sulle colline alle spalle di Marsala e circondano il cuore dell’azienda, un vecchio baglio ristrutturato in Contrada Bausa. Accanto ai vitigni autoctoni, come Grillo, Zibibbo, Nero d’Avola e Perricone, sono coltivate anche molte varietà internazionali come Chardonnay, Sauvignon, Traminer, Merlot e Cabernet, in grado di esprimersi in questo territorio con una ricchezza aromatica dai connotati quasi tropicali. Ogni etichetta della casa, dal Kikè (blend di Traminer e Sauvignon) al Kebrilla (Grillo in purezza), dal Perricone al Caro Maestro (mix di Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot) è in grado di offrire una particolare impressione del terroir marsalese. Da aggiungere, inoltre, che Bruno Fina e i suoi figli hanno abbracciato la filosofia green: coltivazioni bio, in vigneto, impianti fotovoltaici per la produzione di energia, sistemi monoblocco di imbottigliamento e microfiltrazione e una grande barricaia termocondizionata. La cantina è aperta tutto l’anno per ospitare viaggiatori curiosi&golosi ai quali, oltre alla visita, viene proposta una serie di degustazioni con abbinamenti ricercati e tipici.
Ed eccoci a Gorghi Tondi (www.gorghitondi.it) cantina e vigneti appena fuori dal centro abitato di Mazara del Vallo, proprio in riva al mare. L’azienda prende il nome da una riserva naturale del WWF, quella del Lago Preola e dei Gorghi Tondi, un’oasi verde circondata da vigne e distese di ulivi che presenta una fitta fascia di vegetazione palustre e una rigogliosa macchia mediterranea. E’ in questo habitat così particolare che la famiglia Sala, da quattro generazioni, coltiva uve d’eccellenza. Green attitude è la parola d’ordine della maison che si traduce in salvaguardia dell’ambiente, basso impatto aziendale ed eco-sostenibilità seguendo i requisiti delle più severe norme dell’agricoltura biologica. Le uve della tenuta sono in prevalenza autoctone, come Grillo, Zibibbo, Nero d’Avola, Catarratto, Frappato, Nerello Mascalese e Perricone, ma anche Syrah, presente in Sicilia dal XVIII secolo, Sauvignon Blanc e Pinot Nero. Tra questi vitigni il Grillo rappresenta il protagonista indiscusso della tenuta, con quasi il 40% di superficie vitata: una varietà, quela del Grillo, che è in linea con la tradizione vitivinicola del terroir ma rappresenta anche una materia prima duttile e versatile. Provare per credere il Grillodoro l’unico vino muffato prodotto sull’isola.
E adesso? Ci si lascia alle spalle Mazara e si va verso Palermo percorrendo la A29 per continuare gli incontri ravvicinati con i vini dal forte DNA siciliano. A Baglio di Pianetto (www.bagliodipianetto.it), per esempio. Siamo a Santa Cristina Gela, a una ventina di chilometri da Palermo e a due passi dalla natura rude e selvaggia del Bosco della Ficuzza. E’ qui che è nata la struttura ricettiva del Baglio, fondata dal conte Paolo Marzotto, che ha fatto della vitivinicoltura biologica e della sostenibilità il suo mantra. Nella tenuta si pratica una viticoltura di alta collina, tra boschi, conche e piccole radure nel cuore della DOC di Monreale e nei vigneti si riscontra un concentrato di condizioni microclimatiche ideali - esposizione, altitudine (siamo a più di 600 metri di altezza), escursione termica e ventilazione – che creano una relazione speciale tra i vitigni e il suolo. La coltivazione di varietà internazionali si coniuga, felicemente, con i vitigni storici della Sicilia, dal Merlot al Cabernet Sauvignon, passando per il Grillo e il Catarratto. La visita in cantina e la degustazione dei vini più rappresentativi prodotti in azienda sono ovviamente un must: ogni degustazione è come un viaggio alla scoperta di una Sicilia sorprendente in cui i vitigni autoctoni (dall’Insolia al Nero d’Avola, dal Timeo- Grillo in purezza- al Fushà Brut –Insolia-) si esprimono in modo unico grazie ai terroir e ai microclimi della tenuta.
Il Grand Tour sulle vie del vino non è ancora finito e stavolta il pit stop è alla storica Tenuta Rapitalà (www.gruppoitalianovini.it) a Camporeale (Pa), tra le vallate dell’Alto Belice e dello Jato. La filosofia della cantina è semplice: si produce vino selezionando le uve delle vigne più vocate e secondo precise tecniche di vinificazione per esaltarne tipicità e la forte personalità. Caratteristiche, queste, che si ritrovano nel Grand Cru della casa, il Conte Hugues, Chardonnay Terre Siciliane IGT, che in etichetta riporta lo stemma nobiliare del casato di Hugues Bernard conte de la Gatinais, fondatore dell’azienda. Ma nell’albo d’oro di Rapitalà ci sono, imperdibili, altre tre importanti etichette: Nuhar (blend di Nero d’Avola e Pinot Nero), Vigna Casalj (Catarratto in purezza) e Nadir (Syrah in purezza). Si conclude in bellezza con Cielo Dalcamo, una vendemmia tardiva di uve Catarratto e Sauvignon raccolte a novembre e poi affinate in barriques francesi. L’happy end è al millenario Feudo Disisa (www.feudodisisa.com), che ai tempi dei re normanni era possedimento della Diocesi di Monreale. Territorio, quello del Feudo, vocato alla viticoltura: le uve prodotte nei vigneti sono state valorizzato da una selezione clonale che ha evidenziato standard qualitativi di eccellenza nel panorama viticolo siciliano. Dalle cantine del Feudo escono quindici le etichette suddivise in quattro linee distintive che racchiudono il patrimonio ampelografico dell’isola: dai Vini Territoriali (Grillo e Nero d’Avola, per esempio) ai Tesori (Catarratto, Nero d’Avola e Perricone vinificati in purezza), dai Cru (cinque vini di pregio, esclusivi, ricercati ricavati da vitigni nobili come lo Chardonnay, il Sirah, il Merlot, il Fiano) ai Frizzanti e dolci (Renè, un metodo Classico Pas Dosè, Laurì un frizzante blend di vitigni bianchi e, infine, il Krysos, una vendemmia tardiva di uve Grillo).
Enrico Saravalle
gennaio 2023