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Vini rosati

Facili ma non banali, vivono un periodo di riscoperta grazie alle innovative tecniche di vinificazione e conquistano Vinitaly che si tinge di rosa

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Curiosando tra i padiglioni della 55esima edizione di Vinitaly (a detta di tutti la migliore di sempre) ha colpito un fatto soltanto fino a qualche anno fa inimmaginabile: gli stand si sono “tinti” di rosa.

I produttori hanno scoperto, o meglio riscoperto, le potenzialità di un nettare per troppo tempo dimenticato nelle retrovie dell’offerta enologica. Un vino “così così”, fatto male, scadente, pallido per definizione, un ibrido con punte di entusiasmi solo nel sud Italia. Il vento è cambiato. E gira a favore di questa sfumatura. Viene naturale domandarsi il perché. Bene, sarebbe fin troppo semplice pensare che si tratti della moda del momento, una delle tante. La verità è un’altra ed è riconducibile alle tecniche di vinificazione che rispetto al passato sono degne di essere chiamate tali. Dietro alla produzione di vini rosati ci sono studi e ricerche e non più mescole alla garibaldina di bianchi e rossi.

Se n’è accorta anche la critica che, proprio in occasione di Vinitaly, ha premiato etichette rosa. Ma che cos’hanno questi vini ottenuti da uve a bacca nera che stanno a contatto con le bucce per poco tempo, quello sufficiente a rilasciare una piccola frazione di “colorante”? Hanno profumi intensi di frutti, grande piacevolezza di beva e straordinaria leggerezza. Facili, ma non banali attenzione! 

Il consumo è diventato ormai trasversale: proprio grazie a queste caratteristiche i rosati si abbinano facilmente a menu di carne e pesce e diventano protagonisti anche all’aperitivo, dove, in particolare, al fermo si predilige la bolla. L’offerta è davvero ampia e la stagione calda alle porte può essere l’occasione ideale per approfondire un tema sempre più centrale nel grande libro del vino.

Chiara Risolo
aprile 2023

 

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