In una delle regioni più piccole d’Italia, disegnata da affilati profili montuosi di raccordo fra Abruzzo, Lazio, Campania e Puglia, trova dimora un vitigno dal grande potenziale: la Tintilia. Riscoperta in anni relativamente recenti, le prime testimonianze dell’esistenza di questa varietà e della sua coltivazione su suolo molisano risalgono all’Ottocento, secondo quanto riportato dall’Agronomo Raffaele Pepe, lasciando ipotizzare un possibile legame con i Borboni. Del resto, l’origine ispanica di questa uva è stata da sempre oggetto di studio: già Michele Tanno, nei primi del Duemila, ne comparava alcuni tratti con il Tenturier d’Espagne, sebbene da più recenti analisi dell’agronomo Di Maria, emerga una maggiore somiglianza con la Tintilla de Rota di Cadiz. Peraltro, nuovi studi hanno finalmente sancito la totale autonomia rispetto al Bovale Grande sardo, sebbene anch’esso mostri analogie con uve spagnole come il Graciano, coltivato principalmente in Rioja e Navarra.
Il nome stesso è oggetto di discussioni. Potrebbe trattarsi di un semplice prestito dal lessema spagnolo tinto ovvero “rosso”; altre interpretazioni ne paventano una genesi locale, ricercando nel termine dialettale teinta l’etimo di derivazione. Tuttavia, quest’ultima argomentazione sembra trovare pareri contrastanti nelle testimonianze degli stessi produttori, anche in virtù dell’inevitabile confronto con il Montepulciano, altra uva principe di queste zone, dal potere colorante nettamente superiore.
Indubbiamente, l’areale di coltivazione ha la sua incidenza, sia in virtù della carica cromatica che la Tintilia è capace di sviluppare nel calice che delle proprietà organolettiche riscontrabili in campioni provenienti da differenti aree. Sono essenzialmente tre le zone identificate a fronte di un lavoro di zonazione operato dal ARSIAM Molise in collaborazione con l’UNIMOL, che frazionano il territorio regionale in funzione, principalmente, delle altimetrie e della distanza dal mare. Si riscontra pertanto una prima area, nella provincia di Campobasso, più vicina al mare e caratterizzata da un sistema di colline costiere dalle altitudini poco rilevanti, ma mai inferiori ai 200 metri slm, e una buona componente sabbiosa nel terreno. Qui, la Tintilia si esprime con toni primariamente floreali, un fruttato fresco, mentre il colore si mostra rubino vivo e luminoso. La fascia centrale del Molise, con rilievi collinari che sfiorano anche i 600m di matrice rocciosa e calcarea, dà vita a prodotti in cui la potenza antocianica tende in breve a cedere spazio a riflessi granata, mostrando però un corpo meno snello e più succoso rispetto alla fascia costiera. Infine, l’Alto Molise, in provincia di Isernia, si differenzia per la presenza di vigneti d’altura, che si spingono sino a 800 metri di altitudine, su suoli di marna, calcare e argille, comportando notevoli differenze a livello organolettico. Anche in questo caso, il colore rubino tende al granata, arricchendosi di una notevole spalla acida e tannini più pungenti. Al netto di queste differenze, il contesto collinare è certamente l’optimum per accordare una buona maturazione e concentrazione dei costituenti che andranno a qualificare un buon calice di Tintilia.
Un ventaglio di produzione interessante, dunque, ancora oggetto di analisi e approfondimenti per comprenderne le complessità e le potenzialità. D’altro canto, la Tintilia ha vissuto nell’ombra dal secondo dopoguerra sino agli anni '90, complice lo spopolamento delle campagne e le difficoltà che si riscontrano in fase di vendemmia giacché i grappoli tendono a nascondersi tra i tralci richiedendo maggiore attenzione, e tempo, per procedere alla raccolta. Un primo concreto segnale di rilancio è giunto nel 2011, con la creazione della DOC Tintilia del Molise separandola dal disciplinare della più ampia denominazione regionale, portando, per la prima volta, la percentuale del vitigno a un minimo del 95%, declinato nelle tipologie Rosso, Riserva e Rosato. Il calice, color rubino, con riflessi granata più o meno evidenti in virtù della zona di provenienza e delle pratiche enologiche svolte, nonché degli anni di affinamento, sprigionerà delicati toni floreali di violetta, sentori fruttati più o meno maturi, spaziando dall’amarena, alla mora, alla prugna anche in composta, con suggestioni balsamiche, di sottobosco, muschio e radice di liquirizia, arricchendosi di note tostate e spezie.
Portando in tavola una bottiglia di Tintilia del Molise, dovremo quindi tenere a mente la variabilità della sua potenza espressiva e l’evoluzione del prodotto che andremo a scegliere relativamente all’annata. Preferendo un Tintilia rosato, potremo optare per primi piatti di pesce, piatti etnici come un couscous, o per accompagnare del sushi o tartare di pesce. Con un Tintilia rosso giovane si potranno invece abbinare dei piatti di carne bianca o primi a base di tartufo. Scegliendo invece un Riserva, sottoposto a un affinamento minimo di due anni, potremo spingerci verso sughi di carne dai sapori più intensi, dei secondi a base di selvaggina, carne ovina o caprina, ma anche dei formaggi stagionati.
Alessandro Brizi,
settembre 2023