L'immagine collettiva dello Champagne è stata a lungo legata alle Maison, le grandi aziende le cui etichette hanno rappresentato per oltre trecento anni il vino più famoso e desiderato del mondo. Le bottiglie prodotte dalle Maison - Möet & Chandon e Veuve Clicquot sono tra le più celebri - hanno accompagnato occasioni speciali a tutte le latitudini, negli ambienti familiari come in quelli di respiro internazionale. Lo spirito dello Champagne di Maison lo definiamo "affettivo". Significa che lo "chef de cave", sin dalla selezione delle uve, immaginava come sarebbe stato il prodotto finito al momento della vendita. L'obiettivo era mantenere la propria impronta, un gusto inconfondibile, indipendente dall'esito della vendemmia. Il segreto, sin dai tempi di Dom Perignon, era un'accorta miscela dei vini ottenuti dalle tre classiche varietà, ognuna distribuita in un territorio preciso: il nobile Pinot Noir nella Montagne de Reims, il sostanzioso Pinot Meunier nella Vallée de la Marne e l'elegante Chardonnay nella Côte des Blancs. Fondamentale era l'uso di vini di annate riuscite conservati in botti di rovere, pronti a sostenere il frutto di stagioni meno fortunate. In tal modo, la persona innamorata di una particolare marca avrebbe trovato la "sua" bottiglia a Ottawa, a Milano e a Sidney. Era un bene di conforto che non perdeva la natura edonistica. Da tempo non è più così. Le Maison, con rarissime eccezioni, oggi sono controllate da gruppi industriali e finanziari che hanno ulteriormente serializzato i prodotti, con una fatale riduzione della qualità. La corposa introduzione ha lo scopo di comprendere meglio la reazione del territorio a questa tendenza e la nascita di un movimento di piccoli produttori della Champagne. Sono 15mila i vigneron proprietari del 90% dei 32mila ettari dell'Aoc, la nostra Doc. Numerosi di questi contadini raccolgono le loro uve e le vendono a cantine di maggiori dimensioni, riconoscibili dall'acronimo NM alla base dell'etichetta e che sta per Négociant Manipulant. Molti altri, ogni anno sempre di più, portano la dizione RM, Récoltant Manipulant, perché hanno scelto di produrre solo con uve proprie. Non cambia invece il modo di spumantizzarlo, che rimane la Méthode Champenoise della rifermentazione in bottiglia e dell'affinamento sui lieviti, da noi conosciuto come Metodo Classico. L'emergere di un numero incredibile di realtà, protagoniste di poche migliaia di bottiglie, ha trasformato la fisionomia degli Champagne e il loro profilo gustativo. Ai tempi migliori delle Maison il prodotto era considerato una prova d'orchestra. I Récoltant, anche in virtù di scelte sempre più naturali nella vigna e in cantina, si distinguono attraverso inimitabili performance solistiche. Così ognuna delle zone, compresa anche la minuta Côte des Bar, è in grado di donare non solo la purezza di ciascuna varietà, ma anche le peculiarità di ciascun vigneto, pensate che in Champagne sono catalogate 280mila particelle vitate! All'espressione che abbiamo definito "affettiva" si sostituisce la verità del luogo, all'omogeneità sempre e comunque risponde la cruda singolarità di ogni annata, con il suo equilibrio e non importa se imperfetto. Tale rivoluzione ha modificato l'accostamento col cibo, ampliando le possibilità e, nello stesso tempo, responsabilizzando maggiormente chi è chiamato a decidere che bottiglia servire. È vero che gli Champagne da Pinot Noir, talvolta Rosé, vedono meglio le carni, quelli ottenuti dal Meunier sentono vicina la terra della cucina vegetariana, mentre le specialità a base di Chardonnay spaziano in maniera versatile e accarezzano il pesce elaborato, ma la scelta è resa più complessa dallo stile produttivo che ogni azienda adegua all'esito di ogni vendemmia. Perciò lo Champagne non è più solo "un vino dal sangue freddo" come lo definisce Serena Sutcliffe, tra le maggiori autorità sul tema dell'enologia e a capo del dipartimento internazionale del vino di Sotheby's, ma ora è adatto a parecchi piatti diversi, tanto da poterlo bere in un intero pasto. Oggi può essere anche il nobile liquido effervescente che "sceglie" le proprie materie e ricette con l'autorevolezza di un'originale universalità.
Si serve così
Gli Champagne dei piccoli produttori somigliano più a vini che a spumanti. Scegliamo così un calice dalla forma meno stretta, per favorire l'ampiezza delle peculiarità odorose e l'espansione del sapore, che distende la componente tattile e la scia minerale. Serviamoli sempre a 7-9°, così che il perlage resista a lungo. Tuttavia l'imprevedibile e fascinosa espressività di alcuni di questi Champagne sorprende anche a 14°, quando è rimasto un filo della verve dell'anidride carbonica. Se possibile facciamoli invecchiare, l'essere così liberi riserverà inaspettate evoluzioni.
Le nostre scelte
Brut Tradition Premier Cru Gaston Chiquet
Tradition indica uno Champagne di maggiore morbidezza; prodotto con un taglio equo fra le tre varietà, esibisce il fine equilibrio su formaggi vaccini freschi (Moon Import, € 46).
Brut Réserve Bérèche et Fils
Uve da vecchie vigne e prima fermentazione spontanea in botti: il prodotto della rifermentazione in bottiglia è ampio, profondo e va sul parmigiano reggiano Dop di 30-36 mesi (Maurizio Cavalli, € 55).
Brut Premier Cru Champagne Aubry
Le vigne sono nel freddo settore nord della Montagna di Reims; il Meunier, che nel taglio supera il Noir e lo Chardonnay, dà una forte personalità ideale sul filetto in crosta (Moon Import, € 45).
Brut Nature Grand Cru - Benoît Lahaye
Proviene da Bouzy, 90% di Pinot Noir e 10% di Chardonnay, allevato come fosse uno Jerez, è evocativo, complesso e persistente, da impiegare su un menu invernale (Teatro del Vino, € 84).
Brut Nature Absolu Jean-Philippe Trousset
Nel taglio prevale il Pinot Noir, le uve sono della Montagna di Reims: il colore oro antico apre al profumo crepuscolare, asciutto in bocca "vede" il salmone al forno (Alberto Massucco, € 39).
Brut Oeil de Perdrix - Jean Vesselle
Occhio di Pernice corrisponde a un'affascinante color rame e sostituisce la dizione Rosé; è Pinot Noir, profumato, elegante e sposa la dolcezza del crudo di San Daniele (Maurizio Cavalli, € 43).
Brut Premier Cru Pierre Bertrand
Tra Reims e la riva destra della Marna, lo Champagne è ottenuto dal taglio delle tre varietà; ha vigore e struttura per un risotto ai porcini (Accademia Ristorante di Casale Monferrato, € 40).
Brut Millesimé "N° 11" 2017 Alice e Quentin Beaufort
L'Aube dona al Pinot Noir salinità minerale e integrità; il tratto morbido tipico del Brut di un'annata calda si accosta a paste ripiene in brodo (Andrea Ordan, € 95).
Brut Nature Cuvée Réserve Charlot Père et Fils
"Nature" indica che il produttore non ha aggiunto nulla per arrotondare il gusto: in prevalenza Pinot Meunier, la sua severa asciuttezza merita le uova ripiene (Triple A Velier, € 50).
Sandro Sangiorgi
dicembre 2022