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Einaudi, un buen retiro e le ricette

News ed EventiEinaudi, un buen retiro e le ricette

Lo statista trovava accoglienza solidale a Maison Farinet in Val d'Aosta. La governante era un'abile cuoca. Ma cosa gli preparava?

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Mi immagino che la natura, nella Conca di By, si stia risvegliando, la neve sciogliendo e che gli alpeggi riprendano vita. I miei occhi sono ancora catturati dalla maestosità delle cime del Mont Vélan, del Grand Combin e del Mont Gelè. La Svizzera, in linea d’aria è a un tiro di schioppo, in realtà bisogna avere buone gambe e raggiungerla attraverso i sentieri diretti al Col Fenêtre. A By, che sorge sopra Ollomont nella Valpelline, sono stata nel settembre del ’20 per conoscere i segreti della fontina estrema d’alpeggio, formaggio prodotto solo tra i 2000 e i 2700 metri d’altezza, con il latte di bovine nutrite esclusivamente con erba dei pascoli. A volte capitano, nella vita, incontri inaspettati e significativi, soprattutto se, come è successo a me, si viene accarezzati da un pezzetto di storia d’Italia. A raccontarmela Daniela Fornaciarini, quel giorno in veste di proprietaria dell’alpeggio, ma anche giornalista, appassionata difensora della civiltà alpina e pronipote dell’avvocato e uomo politico valdostano Paolo Alfonso Farinet. Poco più in basso dell’alpeggio sorge infatti Maison Farinet, un luogo che profuma di storia, dove l’avvocato ha ospitato molti personaggi pubblici (compreso Aldo Moro). Con uno in particolare il rapporto è stato lungo e denso di amicizia: Luigi Einaudi, di cui Farinet fu uno dei migliori allievi all’Università di Torino. Nel 1928 lo statista giunse tra le montagne di Ollomont per curare, con bagni di sole in alta quota, i postumi di un incidente. Da allora la casa, l’alpeggio e la conca di By gli divennero familiari: Maison Farinet fu luogo di pensiero, relax e anche rifugio sicuro dopo l’8 settembre quando, per non cadere ostaggio dei fascisti, fu costretto a fuggire in Svizzera a dorso di mulo passando per il Col Fenêtre. Einaudi la frequentò anche durante e dopo la nomina a Presidente della Repubblica Italiana (1948-1955). “Il suo rapporto con mio zio”, ha raccontato Daniela, “è stato interessante anche sotto altri aspetti: ho trovato molte lettere dove si scambiavano opinioni sull’agricoltura d’alpeggio o d’alta quota e sulla vita di montagna. Mi sono chiesta anche cosa mangiassero a quei tempi. La cuoca che ho conosciuto io era Gina Alibert una valdostana che faceva anche da governante, non voleva nessuno in cucina, quando Einaudi entrava lei lo cacciava: ’Monsieur le Député, sortez’. Ne ho discusso spesso con il nipote Roberto Einaudi e credo fosse una cucina schietta, semplice e gustosa, in più casa Farinet aveva anche l’orto dal quale prendere le verdure”. Dallo zaino di Daniela sono usciti vecchi libri di cucina che aveva portato per mostrarmeli, alcuni non hanno più copertina, in un altro leggo. La cucina degli stomaci deboli ossia pochi piatti non comuni, semplici, economici e di facile digestione, stampato a Milano nel 1857. Sono i libri delle cuoche di casa Farinet e poi ci sono le ricette scritte a mano su carta da lettere: il modo per disossare il pollo, le mele al burro e il budino di nocciole, i biscotti croccanti, molti gnocchi e tanta polenta... Cosa avrà attirato il palato di Einaudi? Gina Alibert non ha annotato alcunché in proposito. A me piace immaginarlo mentre di fronte al meraviglioso panorama della Conca di By gusta il “bodino di limone di artusiana memoria, la cui ricetta una mano femminile ha trascritto con grafia ordinata su un foglio a quadretti.

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di Laura Maragliano, ritratto di Gian Marco Folcolini,foto del piatto di Francesca Moscheni, in cucina Claudia Compagni

 

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