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Il 19 marzo, festa di S. Giuseppe, e del papà, in tutte le case della Toscana e in alcune zone dell'Umbria e del Lazio si preparavano queste palline fritte in onore del santo, affettuosamente soprannominato "il frittellaro". Le declinazioni sono infinite: nella zona della Tuscia il riso può essere cotto solo nel latte, o in acqua e latte in parti uguali, e in certi casi viene aggiunta anche la farina.
Nel senese
In questa zona non è prevista l'uvetta per la farcitura, citata invece da Pellegrino Artusi nel suo libro La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene.
1 Mettete a bagno l'uvetta in acqua fredda. Versate in un pentolino il latte con la stessa quantità di acqua; unite il baccello di vaniglia tagliato a metà, per il lungo, un pizzico di sale e il riso, portate a ebollizione e cuocete il riso al dente; scolatelo e lasciatelo intiepidire.
2 Lavorate i tuorli con lo zucchero semolato, amalgamate la farina e il lievito, la cannella, la scorza grattugiata dell'arancia e il rum. Unite il riso e l'uvetta scolata; infine incorporate delicatamente gli albumi, montati a neve.
3 Friggete il composto a cucchiaiate in olio di semi ben caldo; scolate le frittelle e servitele, ancora calde, cosparse con zucchero a velo.