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Panna cotta: alla scoperta della crema di casa Savoia

News ed EventiPanna cotta: alla scoperta della crema di casa Savoia

Una crema di origini antiche, che risale probabilmente al 1700 e che ha subito negli anni gloriose evoluzioni sino ad arrivare oggi ad essere uno dei dolci più apprezzati e gustati nei ristoranti del Bel Paese

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La "crema bianca", le origini
Amatissima, proposta da trattorie e ristoranti lungo tutto lo Stivale e famosa anche all'estero. La popolarità della panna cotta le ha fatto assumere un' identità nazionale che ha fatto quasi dimenticare le sue origini che, ebbene sì, sono piemontesi. La prova viene fornita dall'anonimo autore del ricettario "Il cuoco piemontese" perfezionato a Parigi, pubblicato nel 1766, che descrive quella che appare come l'antenata della panna cotta: la "crema bianca al naturale", fatta con "una pinta di latte, un boccale di fior di latte e un pezzo di zuccaro che farete bollire insieme e ridurre il tutto alla terza parte". La crema andava poi lasciata intiepidire, versata in un piatto e coperta con un coperchio, con sopra e sotto cenere calda per farla rapprendere, e infine portata al fresco per servirla fredda.


L'evoluzione
Quasi un secolo dopo (nel 1854), Giovanni Vialardi, cuoco e pasticciere presso la Real Casa Savoia, dà alle stampe il corposo Trattato di cucina, Pasticceria moderna, Credenza e relativa Confettureria, con circa duemila minuziose ricette piemontesi, valdostane e sarde (le aree che facevano parte del Regno di Sardegna), ispirate ai gusti di Carlo Alberto e del futuro primo re d'Italia Vittorio Emanuele II, noto appassionato del buon cibo e non solo. Nel trattato (dove per la prima volta misure e pesi sono espressi con il sistema metrico decimale) compare anche la "Crema bianca nelle tazze (Quajà)", simile a quella dell'anonimo "cuoco piemontese". Vialardi prevede latte e fior di latte in quantità uguali (tre tazze) , un po' di cannella e un etto di zucchero bianco. La novità è l'ingegnoso metodo per far rassodare la crema, che prevede l'aggiunta di mezzo bicchiere d'acqua salata in cui è stato fatto macerare per 40 ore "un pezzo di pelle di ventricolo di montone lungo e largo 10 cm, che usano i venditori di latte onde farlo coagulare". Nonostante lo sforzo divulgativo di Vialardi, il dolce non si diffonde così rapidamente, tant'è che nel suo celebre manuale di cucina borghese La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1891) Pellegrino Artusi non include niente di simile, pur descrivendo altri dessert piemontesi come le pesche ripiene e il dolce Torino.


La messa a punto della panna cotta
La messa a punto della ricetta che conosciamo oggi risulta quindi piuttosto recente. Dato per assodato il suo luogo di nascita, in merito alla paternità, come spesso succede, i pareri divergono. C'è chi l'attribuisce allo chef Ettore Songia, che negli anni '60 la inserì nel menu de I Tre Citroni, il primo ristorante stellato di Cuneo. C'è invece chi sostiene che fu Settimio Roggero, all'epoca titolare dell'osteria Belvedere di La Morra, borgo delle Langhe, a inventarla negli anni '40 e a tramandarla alla famiglia Bovio, che dopo di lui ha gestito il Belvedere per quarant'anni. Nessuno dei due cuochi, però, ne ha svelato per iscritto i segreti.


Febbraio 2022
Paola Mancuso

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