La tequila è entrata nel mondo del bere bene solo di recente, sia come parola sia come bevanda. All'inizio del ventesimo secolo, era semplicemente una di quelle bevande esotiche, come l'arrack, l'ouzo o il sake, che i viaggiatori intrepidi incontravano durante i loro viaggi e di cui parlavano nei loro racconti agli amici del bar rimasti a casa. Con il passare del secolo, la tequila è arrivata tra gli alcolici di locali e abitazioni e ora, sempre più il tutto il mondo, si è conquistata un posto sul ripiano delle bevande premium.
La tequila, come il mezcal (o mescal), oltre che sul gusto, può contare su valori premium come sostenibilità e coscienza sociale. La rete di restrizioni legali sulla produzione di entrambi, infatti, garantisce che una parte considerevole dei benefici economici dell'industria ritorni al Messico e ai messicani.
Ancora oggi la gran parte delle persone, anche tra gli appassionati, sa poco della tequila tranne che è indissolubilmente legata al Messico. I superalcolici a base di agave - per legge, biologia e spirito popolare - sono saldamente radicati nel suolo del Messico come le piante da cui sono fatti. Questo perché sono men che pochi i territori che hanno il clima giusto per l'agave, luoghi che godono di lunghi periodi di aridità, di un suolo vulcanico e di tutto il sole che ha il Messico: qui sono autoctone oltre 150 delle 200 varietà di agave al mondo. Non guasta neanche il fatto che ci siano pochi altri posti al mondo in cui gli agricoltori abbiano iltempo e la pazienza di guardare una pianta crescere per circa un decennio prima che sia utilizzabile. Una volta matura, la pianta viene poi tagliata da mani esperte (foto sotto).
Un mondo in un nome
Conosciuto come pulque nelle prime testimonianze scritte, questo alcolico era già antico quando arrivarono i conquistatori spagnoli. Mezcal, nella lingua Nahuatl usata dagli Aztechi, deriva da metl o mexcametl, la parola Nahuatl per agave. Originariamente i conquistadores spagnoli chiamavano tutte le bevande che i locali facevano fermentare dalle piante di agave, vino mezcal.
La tequila come tale, iniziò quindi la sua storia come un vino mezcal de Tequila, cioè come una varietà regionale di vino mescal che prendeva il nome dalla piccola città nello stato di Jalisco (foto sotto), in Messico, in cui veniva prodotta. Gli estimatori concordarono sul fatto che la migliore agave fosse coltivata lì, nel ricco suolo vulcanico delle montagne e che quindi, conseguentemente, il miglior liquore fosse quello distillato in loco. Il luogo era particolare: in una regione spesso arida, il paese disponeva di sorgenti che assicuravano l'approvvigionamento idrico per la fermentazione e la successiva distillazione dei succhi di agave. Tequila, nella lingua Nahuatl usata dagli Aztechi, verrebbe dalle parole tequitl (lavoro, fatica) e tlan (luogo). Altre fonti dicono che significhi “la roccia che taglia”, riferendosi al vicino vulcano Tequila, da dove si ricavava il nero vetro vulcanico, l’ossidiana, usato dagli Aztechi per fare utensili taglienti e armi.
Il vulcano diede il nome alla valle che diede il nome alla cittadina che diede il nome alla bevanda. Sembra uno scioglilingua, ma è così.
Un terroir unico
Considerando questi vincoli geo-biologici, è chiaro che la crescente sete mondiale di tequila può essere soddisfatta solo dal Messico. I vincoli dati dalle particolari specificità climatiche e l’altitudine vengono rafforzati anche dalla geopolitica: ferrei trattati e convenzioni internazionali proteggono tequila e mezcal dalle imitazioni straniere. L'agave può infatti essere coltivata altrove, ma per legge, dal 1977 non è più possibile produrre tequila al di fuori della sua sede nazionale; nel 1994 la stessa protezione è stata estesa al mezcal.
Regole e controlli rigidissimi
L’origine nazionale della tequila è rafforzata da una rigida regolamentazione governativa messicana, supportata dai trattati internazionali, che specifica dove può essere prodotta: solo nello stato di Jalisco (90% della produzione) e nei distretti specifici degli stati di Nayarit, Guanajuato, Michoacan e Tamaulipas.
Ogni bottiglia di tequila riporta il numero NOM della sua distilleria (assegnato dalla Norma Oficial Mexicana, lo "Standard ufficiale messicano", il corrispondente di un Disciplinare) e ogni distilleria è costantemente monitorata per garantire che soddisfi lo standard imposto. La produzione di tequila è regolata al punto che ogni cuore (piña) di agave blu (foto sotto) – specificatamente Agave tequilana Weber Azul (foto sopra) - è contrassegnato da una coordinata GPS dedicata e monitorato dal satellite. Il Consejo Regulador del Tequila (o CRT, l'ente ufficiale di governo nell'industria della tequila) dispone di un laboratorio dove viene testato il DNA dell'agave per garantirne l'autenticità. Le distillerie di tequila mantengono comunque i propri laboratori interni per testare i livelli di zucchero dell'agave, testare il mosto e la tequila e riportare tali dati al CRT. Molte delle distillerie più grandi ospitano un ufficio in loco per un rappresentante CRT, presente quasi costantemente.
Il disciplinare
In ossequio ai mercati di esportazione, impone definizioni sia in inglese sia in spagnolo:
Le varie categorie possono variare tra il 35 e il 55% di alcol, anche se la maggior parte dei marchi si attiene alla gradazione standard per gli alcolici del 40%.
Secondo il Disciplinare NOM, la tequila può anche essere prodotta con un massimo del 49% di alcoli non originati da agave che di solito, ma non sempre, sono da canna da zucchero. Queste tequila sono conosciute nel giro come mixtos, ma non lo troverete mai scritto su nessuna bottiglia.
Al contrario: le tequila che non contengono altri alcolici si vantano sulla bottiglia di essere 100% da agave. Se non c’è scritto, sono quasi sicuramente dei mixtos.
Il mezcal, invece, mantiene la proporzione originale di agave nel suo NOM.
Il CRT garantisce che ogni bottiglia abbia un numero che identifica la distilleria che l'ha prodotta, anche se imbottigliata all'estero. Secondo il NOM, la tequila di agave al 100% dovrebbe essere imbottigliata dove viene distillata, ma i mixtos possono essere imbottigliati altrove. Anche così, alcuni mixtos sono marchi premium. Sebbene i mixtos siano consentiti, c'è una regola rigorosa che non si può infrangere: i produttori di tequila non possono produrre mezcal, e viceversa.
La storia del verme in bottiglia
I produttori di tequila combattono continuamente la leggenda popolare che il loro prodotto abbia mai contenuto un verme e cercano di distinguerlo dal mezcal, che può contenerlo. I produttori di mezcal a volte pretendono che i vermi siano stati aggiunti solo per i turisti, ma ancora oggi le distillerie di montagna ne conservano in una piccola pentola, li spezzano e li aggiungono al loro prodotto prima di berlo: pare che aggiunga un gusto caratteristico e gradevole alla bevanda. La presenza del verme (la larva di una farfalla che si ciba di agave) interpreta la differenza culturale tra le distillerie fondate da europei nel Nord del Paese e i contadini indigeni del Sud, la cui dieta comprende fonti proteiche… differenti. In passato, c’è stata una chiara distinzione di classe tra le haciendas delle antiche famiglie produttrici di Tequila e le palenques, le distillerie locali dei mescaleros costruite in capanne aperte sulle colline intorno a Oaxaca.
Oggi i mescaleros artigianali dei singoli villaggi si stanno guadagnando un mercato di nicchia, riuscendo a ottenere prezzi elevati a nord del confine. Il mercato - in crescita - del mezcal artigianale può talvolta offrire ancora il mezcal con gusano, cioè con il verme (foto sotto), come opzione, ma è sempre meno frequente. I mezcal premium non hanno il verme.
Mezcal & Friends
Fino a poco tempo fa, si poteva dire che tutte le bevande a base di agave erano mezcal. Proprio come il Cognac o Armagnac sono brandy di particolari regioni, così la tequila era il mezcal dell’omonima località. Non più: invece di utilizzarlo come un generico richiamo per qualsiasi spirito a base di agave, i produttori di mezcal di Oaxaca e dintorni hanno trasformato il nome in una Designazione Regionale con i propri organismi di regolamentazione e la designazione della proprietà intellettuale, sebbene utilizzino una gamma più ampia di piante di agave rispetto a quell’unica che si trova nella tequila.
Il Mescal Industry Quality Regulation Council ha introdotto con successo il Disciplinare NOM nel 2005: specifica che il mezcal deve essere prodotto nelle aree degli stati di Durango, Guanajuato, Guerrero, San Luis Potosi, Tamaulipas e Zacatecas e, naturalmente, Oaxaca, che ne produce il 70%.
Il mezcal deve essere imbottigliato in Messico e non consente una categoria mixto, l'alcool deve provenire tutto dall'agave. Il NOM consente due tipi di mescal: il tipo 1 contiene il 100% di zuccheri agave e, sebbene sia raro, il tipo 2 consente fino al 20% di altri zuccheri, in modo che i produttori possano produrre mescal aromatizzati alla frutta.
A seguito della mossa verso l'indipendenza del mezcal, altre regioni stanno costruendo un caso, per cui anche raicilla, sotol, sokua, bacanora e altri liquori a base di agave locali chiedono di godere della protezione del nome: ognuno di questi utilizza piante diverse e proviene da una differente regione. Sotol (dagli stati di Chihuahua, Coahuila e Durango del Messico) e bacanora (dallo stato di Sonora) ora hanno le proprie Denominazioni di Origine.
Nel bicchiere…
Il gusto fortemente distintivo sia della tequila sia del mezcal li rende ingredienti naturali nei cocktail in un'epoca in cui l'arte della mixology domina e solletica i palati di una nuova generazione di bevitori. Tra tutti i cocktail, ovviamente, due classici sono il Margarita e il Tequila Sunrise (foto sopra) ognuno dei quali chiede improvvisazione e sperimentazione attorno alla sua ricetta principale. C’è anche il Tequini, un Martini fatto con una base di tequila invece di gin o vodka: i mixologist raccomandano una tequila Blanco premium. Da provare il Margarita al coriandolo, con peperoncino in polvere al posto del sale sul bordo del bicchiere. Mixologist più sofisticati terranno conto dei diversi gusti offerti dai brand, magari usando il mezscal nei cocktail per un tocco di affumicato più deciso.
… e nel piatto
Cucinare con la tequila o con il “cugino” mezcal - solitamente più affumicato - è una cosa relativamente nuova. La tequila Silver funziona facilmente al posto della vodka, mentre i Reposado e Añejo sostituiranno i più scuri e intensi rum, whisky o Cognac. Gli alcolici messicani funzionano bene con agrumi e frutti tropicali come mango e papaia e, naturalmente, con avocado. Il loro sapore deciso consente loro di abbinarsi a erbe come il coriandolo e la menta, che potrebbero sopraffare un piatto più blando. Naturalmente, la tequila va a nozze con peperoncini e peperoni alla messicana, un accompagnamento naturale. Il sapore e l'aroma della tequila, e in particolare quello del mezcal, si prestano a piatti a base di prosciutto e pancetta, con lievi variazioni di gusto.da provare anche tequila con piatti di gamberetti e con il ceviche.
Francesca Tagliabue
settembre 2022