Quel color malva (che è anche molto cool), quel profumo, quella armonia estetica: la violetta è un fiore che come pochi altri rappresenta un elogio alla stagione primaverile e, metaforicamente, alla rinascita. Tra tutti i suoi utilizzi vogliamo ricordare la canditura, dietro la quale c’è un rito complesso e dettagliato, un vero e proprio mestiere e una cura che ancora coltivano alcune aziende storiche, custodi di un sapere pieno di fascino e arte. Ma non significa che non ci si possa cimentare anche tra le proprie pareti domestiche nell’ arte di candire la violetta. Con tanta buona pazienza, acqua, zucchero bianco e almeno una cinquantina di violette appena sbocciate, raccolte sui sentieri durante una bella passeggiata primaverile (e prestando attenzione alle zone inquinate).
I suoi estimatori
Si narra che Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone e Granduchessa di Parma, andasse pazza per le violette e ancora oggi la sua tomba a Vienna viene adornata con questi fiori deliziosi. Ma la violetta non è solo decorativa. La viola mammola, ovvero la violetta odorosa o violetta di Parma, che si trova in primavera lungo i sentieri, nei prati e nelle zone umide, ha molteplici usi: viene utilizzata come leggero purgante e sono note le proprietà emetiche delle radici, mentrei fiori calmano la tosse. Ma l’utilizzo che maggiormente sposa la bellezza di questo fiore e la sua bontà è la canditura.
Homemade
Le violette vanno innanzitutto lavate delicatamente con il gambo e asciugate su un canovaccio. Nel frattempo si mette lo zucchero in una casseruola con alcuni cucchiai d’acqua, mescolando continuamente a fuoco dolce e facendo imbiondire lo zucchero. Nel frattempo si preparano dei fogli di carta da forno e quando lo zucchero ha raggiunto la temperatura di 200 gradi, ma è ancora di colore chiaro (guai a caramellare), si prendono le violette per lo stelo e e si tuffano nello zucchero fuso impugnandole per il gambo per poi depositarle sulla carta da forno. Fatele raffreddare, tagliate i gambi che non servono più ed ecco pronte le violette candite, che offrirete accompagnandole al caffè o come suggestive decorazioni di dolcetti (anch’essi rigorosamente homemade).
Tradizione e cura
Una tra le (poche) aziende che coltiva ancora questo rito, che si compie una volta all’anno, èAgrimontana, a Borgo S. Dalmazzo, che infatti si definisce un marchio capace di “imprigionare la primavera”. Il procedimento di produzione e lavorazione segue una serie di passaggi tutt’altro che semplici. La prima cosa della quale bisogna tener conto nella produzione delle violette candite è il tempo. Ogni anno la data di produzione cambia in funzione dello sbocciare delle violette: i fiori infatti, per essere lavorati e non danneggiati, devono essere abbastanza grandi. Le violette appena recise arrivano in Agrimontana la sera e sono raccolte in mazzetti, vengono vaporizzate con acqua e lasciate riposare per essere lavorate la mattina successiva. Questo procedimento ne garantisce la freschezza e mantiene il colore dei fiori brillante. I fiori vengono uno ad uno privati manualmente del gambo e successivamente i petali vengono pennellati con le dita uno a uno con sciroppo di glucosio prima di essere fatti saltare con molta attenzione nello zucchero semolato.
A questo punto avviene la cristallizzazione: i fiori cosparsi di zucchero semolato vengono infatti posti nelle brillantiere, vaschette che contengono una soluzione di zucchero e glucosio. In questo passaggio lo zucchero semolato si trasforma per assumere l’aspetto lucido e brillante che caratterizza il prodotto finito. Ma esistono altre aziende o caffè storici che stanno mantenendo viva questa tradizione. Una è indubbiamente Romanengo, a Genova, negozio storico e icona dello stile elegante e low profile della Superba che nella sua carta spessa blu, simbolo dell’arte di questa bottega storica, propone delle deliziose violette candite.
Non poteva mancare all’appello anche la capitale sabauda che, allo storico Caffè al Bicerin di Torino, propone anche i nostri fiori color malva deliziosamente canditi e accompagnati con té franco-russi, cioccolate fredde e altre prelibatezze di nicchia. Va citata inoltre Parma, simbolo di questo fiore, che offre nella sua storica Pasticceria San Biagio un raro esempio dell’arte di candire le vole. "Dolce, liscia e colore malva". Proprio come le sue violette. Questa è la celebre definizione che Marcel Proust diede di Parma, che esprime il rapporto tra il violaceo fiore dalle foglie cuoriformi e la città, che ha in essa la sua pianta simbolo.Peccato che Proust non vide mai Parma in tutta la sua vita.
Le viole candite infinite parlano anche lombardo, dove, per esempio si trovano nella pasticceria e cioccolateria Giovanni Galli a Milano, accanto a marrons glacès, pralines e fondenti. Basta seguire il profumo di primavera.
Emanuela Di Pasqua
aprile 2018