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Uova fresche: tutto quel che c’è da sapere per scegliere le migliori

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Sono un alimento completo e l’ingrediente base di molte ricette. Anche per questo, le uova fresche non mancano mai nel carrello della spesa. Complici – forse – i mesi passati, in cui ci siamo ritrovati tutti più spesso ai fornelli, c’è stato un balzo considerevole nelle vendite. Non sempre è facile orientarsi nell’acquisto e, successivamente, nella conservazione delle uova. Perché un prodotto all’apparenza tanto semplice segue normative e regole complesse. La maggior parte di queste prescrizioni hanno uno scopo molto importante: garantire la sicurezza igienica e il benessere delle galline, da cui deriva la qualità delle uova stesse. Conoscere le norme permette, quindi, una scelta e un utilizzo consapevoli.


Cosa troviamo in vendita
Le uova si distinguono principalmente in due categorie, anzi tre. La categoria A identifica le uova fresche, ovvero commercializzate a partire da 9 giorni dalla deposizione. Oltre a questo parametro, ve ne sono altri che hanno a che fare con la qualità, per esempio l’assenza di incrinature nel guscio o l’altezza della camera d’aria, che deve essere inferiore a 6 mm. Se l’uovo non soddisfa tali criteri, viene “declassato” alla categoria B, destinata esclusivamente all’industria. La terza categoria è il top: le uova A extra fresche, deposte da meno di 9 giorni, con una camera d’aria inferiore a 4 mm.


Gallina vecchia fa l’uovo grande
Stabilito che le uova in commercio sono sempre di categoria A, possono essere classificate anche per dimensione: le uova grandissime, o XL, hanno un peso superiore a 73 g, le grandi uova L pesano 63-73 g, le medie M 53-63 g e le piccole S meno di 53 g. Le dimensioni aumentano con l’età delle galline. A cambiare è anche il rapporto fra tuorlo e albume. Per semplificare: le uova piccole hanno più chiare e sono indicate se volete preparare le meringhe, quelle grandi con più tuorlo saranno perfette per lo zabaione. A proposito, in un uovo piccolo da 61 g, il guscio pesa in media 8 g, l’albume 37 g, il tuorlo 16 g.


In batteria? No, grazie
Le uova possono essere ottenute da quattro tipi di allevamento. Il vecchio e tanto vituperato allevamento in gabbia è sempre meno diffuso e molte catene di supermercati hanno deciso di non vendere più uova ottenute con questo sistema. Che se, da un lato, faciliterebbe ai produttori controlli sanitari e pulizia, dall’altro è ritenuto inadatto al benessere animale per l’alta densità: in questi allevamenti, ogni gallina ha a disposizione 750 cm quadrati. Tanto che, di recente, un folto gruppo di industrie (fra cui Barilla, Ferrero, Ikea, Nestlé e Unilever) hanno avanzato all’Unione Europea la richiesta di passare a forme di allevamento alternative ai sistemi in gabbia, proprio per garantire una vita migliore alle ovaiole.


Più spazio alle galline
Rispetto alle “colleghe” in gabbia, stanno meglio le galline che vivono a terra, ovvero in capannoni coperti, dove si spartiscono un metro quadrato in 9. Quelle allevate all’aperto hanno a disposizione aree esterne di 4 metri quadrati per animale, accanto ad altre coperte dove resta la densità di 9 esemplari per metro quadro. Sono più ampi, infine, gli spazi previsti negli allevamenti biologici: 4 metri quadrati esterni, ma solo 6 galline per metro quadrato nelle zone coperte utilizzate come ricovero.


Bio, perché sì
In termini di spazio, come si è visto, la differenza fra allevamento a terra e biologico è minima. Notevoli, invece, le buone pratiche adottate dal disciplinare bio. Per quanto riguarda l’alimentazione, la normativa stabilisce che i mangimi siano esclusivamente di produzione biologica e che almeno il 20 % provenga dalla stessa azienda o, se non è possibile, dalla stessa regione. Ci sono, poi, tutta una serie di norme relative agli ambienti, alla loro pulizia, ai materiali utilizzati e alla possibilità lasciata alle galline di muoversi liberamente, riposare al coperto ma razzolare e nutrirsi sotto il cielo.


Questione farmaci
Negli allevamenti bio, si limita fortemente l’uso di farmaci. Sebbene, a onor del vero, la somministrazione di antibiotici e medicinali in genere segua regole stringenti in tutti i tipi di allevamento e preveda periodi di “conversione” per smaltire i composti chimici di cui, nel prodotto finale, non si trova comunque traccia.


Il benessere delle galline
La ricerca del benessere animale, che caratterizza soprattutto le produzioni biologiche, sta “contagiando” anche le altre forme di allevamento che, seppure non bio, si dichiarano antibiotic free o cruelty free escludendo, fra l’altro, pratiche come il taglio del becco o la soppressione dei pulcini maschi. Queste diciture non sono regolamentate ma diversi produttori iniziano a indicarle sulle confezioni, consapevoli di rispondere a un’esigenza sentita da una fetta di consumatori sempre più ampia.


La carta d’identità sulla confezione e sul guscio
Oltre ai claim volontari, in etichetta devono essere riportate una serie di diciture di legge fra cui categoria, data di deposizione e data di scadenza. Anche il codice alfanumerico stampigliato sul guscio delle uova raccoglie una serie di informazioni. Il primo numero identifica il tipo di allevamento: 0 il biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 in gabbia. Le due lettere che seguono si riferiscono al paese di produzione, IT per l’Italia. Il resto della stringa indica comune, provincia e allevamento di origine. L’insieme di questi numeri e lettere è perciò la carta di identità dell’uovo e ne garantisce la tracciabilità.


La scadenza
Le uova hanno un termine minimo di conservazione (TMC) di 28 giorni. Questo significa che occorre consumarle preferibilmente entro 28 giorni dalla deposizione. In teoria (e se ben conservate), si possono consumare anche dopo questa data, sebbene non sia più consigliabile l’utilizzo a crudo. Fino a 21 giorni dalla deposizione, possono restare in vendita come “fresche”. Passato il 21° giorno, però, i commercianti devono toglierle dallo scaffale: non potrete (o non dovreste) mai trovare confezioni che scadono meno di 7 giorni dopo l’acquisto.


La conservazione: in frigo o fuori?
Partiamo da un assunto: le uova non sopportano bene gli sbalzi termici. Se vengono refrigerate, cioè sottoposte a temperature inferiori a 5°, e poi riportate a temperatura ambiente, sono soggette alla formazione di condensa che favorisce la proliferazione batterica. Se, al contrario, dalla deposizione a trasporto e consegna non vengono mai refrigerate, possono essere esposte in vendita sugli scaffali, invece che nei frigoriferi, come spesso capita in molti supermercati e negozi. Resta l’indicazione tassativa di conservarle in frigo dopo l’acquisto. Questo per motivi igienici e organolettici: infatti, con il freddo si limitano l’attacco dei germi patogeni e la dispersione di umidità, che fa “asciugare” l’uovo. Attenzione, infine: non lasciatele libere nel portauova del frigorifero ma conservatele nella loro confezione originale, per evitare contaminazioni crociate (ossia, rilascio o scambio di microrganismi nocivi) con altri alimenti.


Lavarle sì o no?
Le uova di categoria A devono sottostare, fra gli altri, a criteri di “pulizia” esterna altrimenti, come in caso di altri difetti, vengono dirottate sul canale industriale. Per legge, non possono essere lavate dal produttore e, per buona norma, non si dovrebbe fare neppure a casa. Questo per non danneggiare il guscio né la sottilissima cuticola protettiva che lo avvolge e che impedisce ai microrganismi esterni di penetrare nell’uovo. Se vi trovate per le mani un uovo sporco, e volete comunque dargli una pulita, fatelo solo appena prima di usarlo.


Di tutti i colori
Concludiamo sfatando un mito: il colore delle uova non ha nulla a che fare con la qualità. Ma può risultare interessante per l’estetica delle preparazioni. Le uova con il tuorlo molto giallo sono ottenute grazie a mangimi a base di mais o addizionati con carotenoidi naturali e sono la scelta giusta per tagliatelle, maionesi o gelati di un bel colore intenso. Le uova bianche e persino azzurre, marroni o verdi sono prodotte da particolari razze ornamentali e sono una scelta originale per le ricette in cui si servono ancora nel guscio. Così, anche un semplice uovo sodo, o alla coque, può diventare speciale.


Francesca Romana Mezzadri
Giugno 2021

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