È il momento del konjac, il tubero giapponese quasi a zero calorie, che sazia e non fa ingrassare. Conosciuto e diffuso da sempre in Oriente, da qualche tempo se ne parla anche in Italia; un po' per la capillare opera di informazione sulla cultura del cibo giapponese portata avanti attraverso Expo 2015, un po' perché il konjac rende possibile il miracolo: mangiarsi un piatto di "spaghetti" (noodles) senza sensi di colpa.
Il konjac viene coltivato un po' ovunque in Giappone ma le radici appena colte non sono commestibili. Vengono lavorate in aziende specializzate, che le trasformano in farina. Successivamente dalla farina si ricavano diversi prodotti: i più diffusi sono gli shirataki (noodles) appunto e gli Ita Konjac, panetti gelatinosi, ma in realtà c'è molto altro, come si vede dalla foto sotto al titolo. Nelle famiglie giapponesi per esempio, il konjac è usato per particolari piatti bolliti detti Oden e Nimono.
La sua coltivazione è in realtà complessa: i tuberi-seme vengono piantati a maggio e raccolti verso novembre. Durante la loro prima stagione invernale vengono conservati in magazzini e l'anno successivo, ancora a maggio, ripiantati nei campi. A novembre vengono nuovamente raccolti e messi sul mercato. Spesso il processo viene ripetuto ancora una volta per l'intero ciclo. Passano così circa 2 o 3 anni dalla prima piantumazione alla commercializzazione.
Le caratteristiche principali del Konjac sono le pochissime calorie, unite a una grande ricchezza di fibre e minerali come calcio, fosforo, ferro, zinco, manganese e all'assenza di glutine. L'apporto proteico è del 10 per cento. Si tratta quindi di un alimento nutriente in grado di contrastare gli stati di astenia e affaticamento e a cui si attribuiscono proprietà antiossidanti e di prevenzione contro l'invecchiamento cellulare.
In più le fibre alimentari del konjac (konnyakumannano, spesso indicato come glucomannano) quando si uniscono all'acqua si gonfiano e la loro digestione è lenta. Danno quindi un senso di sazietà che dura a lungo reprimendo lo stimolo dell'appetito.
Come gusto, questa tubero è praticamente insapore e si trasforma a seconda di come viene utilizzato: condito in mille modi diversi nei piatti salati, profumato e addolcito nei dessert.
Un cibo, quindi, insapore? Noi di Sale&Pepe l'abbiamo assaggiato, durante una serata organizzata dalla Prefettura di Gunma presso il ristorante Sushi B di Milano, accompagnati da Anna Meroni, Professore associato di design al Politecnico di Milano e Ambassador della Prefettura.
Lo chef Nobuya Niimori ha preparato per noi diversi piatti, tra cui tagliatelle di konjac con pesto di shiso e tartare di gamberi rossi (nella foto).
E anche un delizioso dessert composto da dream cioccolatini, plum cake al Matcha e vaniglia, sorbetto di juzu e uva fragola, il tutto con il Konjac come ingrediente base (nella foto).
Manco a dirlo, era tutto squisito. Ma quello che maggiormente sorprende è la straordinaria versatilità di questo alimento, ora compatto, ora gelatinoso, addensante cremoso di una salsa o usato per dare corpo a una mousse. Tanti, diversi peccati di gola insomma: che, viste le basse calorie, si possono commettere a cuor leggero.
Barbara Galli
20 novembre 2015