Per loro stessa natura non conoscono numero né ricetta, cioè sono una e centomila, fatte apposta per essere farcite di ingredienti mutevoli che cambiano secondo la stagione, il clima, l'altitudine.
L'origine delle torte d'erbi propriamente dette, dalle quali abbiamo preso in prestito il nome e un po' di filosofia, si trova in quel verdissimo lembo di Toscana che sfiora lo Spezzino: la Lunigiana. L'antica ricetta prendeva le mosse dall'abbondante disponibilità, in questa terra, di erbe commestibili che crescono sui pendii appenninici in ogni periodo dell'anno. Il loro elenco, a saperle riconoscere, è ancora lungo: acetosa, borragine, crescione, finocchio e asparago selvatici, orecchietta, ortica, pimpinella, silene, dente di leone, orecchia d'asino e tante altre quasi intraducibili per via della babele dialettale. Cotte, strizzate, salate, mescolate a qualche verdura dell'orto, formaggio, uova, ma talvolta solo a patate, e poi racchiuse tra due dischi di pasta semplice, fatta d'acqua e farina e infine, potendo, ben irrorate d'olio, costituivano il pranzo di chi lavorava lontano da casa. Un'idea gustosa per nutrire quasi a costo zero questa gente di mezza montagna. Eppure oltre il confine con la Liguria e, verso est, in Emilia, non andava molto diversamente. Se di qua, verso Genova, cominciava la giurisdizione della pasqualina, che era una sì, ma con tante sorelle quanti sono i paesi tra Lerici e Ventimiglia, giusto di là, iniziava quella dell'erbazzone. Sempre si trattava di torte alle erbe selvatiche ma con alcune differenze che val la pena citare.
La pasqualina infatti, come dice il nome, è nata primaverile e per fare festa: a testimoniarlo è la pasta stesa sottilissima e sovrapposta a strati, le erbe rosolate nell'olio, tante uova sgusciate nel ripieno, così che, dopo la cottura, a ogni fetta, si rivelino come dischi del colore del sole. Anche l'erbazzone reggiano non fa risparmio di sapori, prescrivendo, con le erbe, lardo o pancetta nonché parmigiano. Siamo d'altronde nel regno di questi ingredienti e la discesa in pianura permetteva qualcosa di più in cucina. Ancora, tenendo in mano un "filo d'erbi", eccoci approdare nell'Astigiano per scoprire o ricordarci un'altra variazione. A Nizza Monferrato chiamano infatti "torta verde" una specialità con le solite erbe ma che, invece della pasta, impiega uno strato di riso compatto. Il risultato è tanto goloso che per Pasqua viene talvolta servita come una sorta di dessert salato. E nulla impedisce di verificare anche noi quanto sia deliziosa, con le stesse erbe selvatiche delle nonne, se le trovate, o con verdure in foglia e altri ortaggi facilmente reperibili in ogni mercato.
Daniela Falsitta
aprile 2023