Stavolta le Alpi che “difendono” il lago di Garda dai venti provenienti dal nord, regalandogli un clima mediterraneo, non hanno potuto fare granché. L’eccezionale ondata di freddo di maggio seguita dal caldo intenso di giugno, e poi i forti venti forti e le grandinate di fine estate non hanno trovato ostacoli e hanno flagellato le sponde del lago, colpendo soprattutto gli oliveti, le “sentinelle” del paesaggio gardesano. Una zona che, non a caso, viene chiamata “riviera degli ulivi”. E l’impatto sul raccolto è stato pesante: il Consorzio di tutela Garda Dop stima una calo del 90-95% della produzione. Una situazione che l’ha costretto a chiedere lo stato di calamità e a coinvolgere gli enti di ricerca per individuare le cause e trovare rimedi e soluzioni affinché questa situazione non si ripeta anche in futuro.
Il magro raccolto che accomuna quest’annata negli oliveti di tutte le quattro province che si affacciano sul lago di Garda fa riflettere. Sia perché ci mostra gli effetti concreti e immediati del cambiamento climatico anche in una zona protetta da un clima gentile, con temperature miti e piogge normalmente ben distribuite lungo tutto l’anno. Sia perché colpisce una produzione che, rispetto ad altri oli, è caratterizzata dall’uso di una cultivar tipica locale, la Casaliva, tanto costante nella produzione da essere chiamata in dialetto “drizzar”, ossia capace di “raddrizzare” le sorti del raccolto, grazie anche al fatto che matura in modo scalare e tardivo e che resiste a gelate e parassiti. Proprio al mix tra fattori climatici positivi e cultivar selezionate di olive si deve la qualità e la fama dell’olio del Garda, che da oltre 20 anni è tutelato dalla DOP (Denominazione di origine protetta). Questo “bollino” europeo riconosce le tre diverse anime di quest’olio extravergine di oliva, che esprime le caratteristiche dei diversi territori, dalla pianura alle pendici dei monti, con i loro microclimi e del tipo di olive utilizzate. Già così si capisce che sul lago di Garda l’olivicoltura è un mondo variegato e anche dalla lunga tradizione: infatti, ne sono state trovate testimonianze che risalgono all’età del Bronzo. E già dal Rinascimento sui pendii delle colline che digradano verso il lago sono state create le terrazze dove piantare gli olivi. Oggi l’olio extravergine di oliva Garda Dop viene prodotto, trasformato e confezionato in 67 Comuni delle province di Brescia, Verona, Mantova e Trento e venduto con un’ottantina di etichette diverse. Su ogni bottiglia, oltre al sigillo della Dop, compaiono l’annata di produzione delle olive da cui è stato ottenuto e un contrassegno numerato, che permette di ripercorrere la storia e l’origine del prodotto.
L’olio del Garda Dop è uno e trino
una sola è la DOP (ossia olio extravergine di oliva Garda Dop) ma tre sono le menzioni geografiche in cui si declina: Bresciano, Orientale e Trentino.
Ad accomunarle sono le varietà di olive utilizzate e il calendario di produzione, che obbliga a lavorare le olive entro cinque giorni dalla raccolta. A differenziarle sono
il “peso” delle diverse cultivar di olive e, quindi, le caratteristiche organolettiche che danno all’extravergine.
Perché se è vero, generalizzando, che il Garda Dop è un olio gentile al gusto e nel profumo, dalla bassa acidità (massimo 0,5%) e dal sapore fruttato medio o leggero, con un piacevole e sorprendente retrogusto di mandorla, però cambia (e molto) a seconda del microterritorio da cui proviene. Il Garda Bresciano e il Garda Orientale (ottenuto nelle province di Verona e Mantova), che sono ottenuti per almeno il 55% da olive di varietà Casaliva, Frantoio e Leccino, sono i più delicati. Il Bresciano ha un colore giallo oro tendente al verde, e regala una sensazione leggera di amaro e piccante, mentre l’Orientale ha un colore giallo oro leggero e sa di mandorla dolce. Molto diversa è la terza tipologia, quella del Garda Trentino Dop: grazie alla più alta presenza di olive Casaliva e alla presenza anche della cultivar Pendolino, acquista un colore verde, diventa più erbaceo e fruttato, e ha un sapore più intenso.