Dalla Hawaii alla Polinesia, i mille colori e profumi dei Tropici si mescolano nei cocktail Tiki. Nati negli States, sono dedicati agli amanti del bere miscelato a base rum, in versione fresca e spensierata
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Tutti i colori e i sapori del sole, in cocktail a base rum: è questa la formula dei Tiki bar. Locali che, dall’arredamento al food, promettono una full immersion nel mondo spensierato delle isole tropicali, facendo viaggiare gli amanti del bere miscelato dalle Hawaii alla Polinesia, dai Caraibi alle Filippine.
Una storia americana L’avventura dei Tiki bar nasce negli anni Trenta in America. A raccontarcela, Chiara Buzzi del Rita’s Tiki Room, cocktail bar sui Navigli milanesi, ideato insieme a Edoardo Nono (nella foto in basso insieme al bar manager Andrea Arcaini, a destra).
Il padre di questo stile di miscelazione è stato Don the Beachcomber, al secolo Ernest Raymond Beaumont Gantt. Durante il Proibizionismo, aveva viaggiato e lavorato a lungo tra i Caraibi e le Hawaii. Il suo locale di Hollywood, inaugurato nel 1934, prometteva di buttarsi alle spalle divieti e ristrettezze offrendo un ambiente esotico e divertente, con un’atmosfera ”piratesca” tra reti, bambù e corda, profusione di fiori e tinte forti. Segno distintivo, i totem votivi ispirati alle divinità maori e polinesiane, non solo motivo di arredo ma anche contenitore: le Tiki mug, tumbler in ceramica ancora oggi usati per servire i drink tropicali. “Leggenda vuole che accanto al Beachcomber ci fosse un baracchino cinese (erano anni di grande immigrazione dall’Asia alla West Coast, ndr) che forniva piatti di street food”, racconta Buzzi. Erano i cosiddetti pu pu platters che contenevano di tutto un po’ e che ancora oggi accompagnano l’offerta beverage dei Tiki bar.
Dalla California ai Navigli In America, i locali Tiki hanno avuto un notevole successo soprattutto fra gli anni Quaranta e Sessanta. Oggi, sono riscoperti dagli amanti di una miscelazione ricercata ma comunque fresca e un po’ scanzonata in un ambiente carico di suggestioni esotiche. Interpreta il mood il Rita’s, arredato da uno scenografo, Matteo Oioli, dove si alternano sgabelli alti e tavolini con divanetti, pareti rivestite di cocco intrecciato e poltrone di vimini, legno e ottone, sculture di idoli e piante. Non mancano le Tiki mug (foto in basso), meravigliosamente kitsch, così come le noci di cocco o gli ananas, anch’essi di ceramica smaltata.
“Per i cocktail classici abbiamo cercato di riproporre i bicchieri originali, facendo una ricerca sui libri”, racconta Buzzi. “Serviamo il Mai Tai nel tumbler basso, l’Hurricane e la Piña Colada (foto in apertura, ndr) nei calici alti, i Daiquiri nelle coppe, e così via”.
Miscelazione a base rum È il rum il distillato principe dei cocktail Tiki. In bottiglieria, al Rita’s ne tengono più di 200 etichette. La particolarità è la presenza di più distillati nello stesso drink, almeno 2-3 diversi, in cerca del giusto equilibrio di gusto, come spiega ancora Buzzi.
“Il rum chiaro va bene per la per miscelazione cubana di Mojito e Daiquiri, per altri cocktail studiamo blend di rum scuri giamaicani, haitiani o portoricani, che possiamo ‘tagliare’ con bourbon o Cognac, ma anche con tequila, gin, vermouth”. La base alcolica si completa con infusioni, sciroppi, estrazioni e spremute home made. La frutta la fa da padrone: “Mango, cocco, ananas e banana sono i frutti principali, ma usiamo anche papaya, frutto della passione, lime, pompelmo rosa, limone, arancia. Fra le spezie, ci sono cannella, noce moscata, pimento (il pepe garofanato giamaicano, ndr), peperoncino, Tabasco verde, chili, anice stellato, chiodi di garofano”. Con una base così, viene facile anche proporre cocktail analcolici che mescolano centrifugati, succhi e toniche: dalla Virgin Colada al Paloma senza alcol, con la tipica “rim” di sale sull’orlo del bicchiere. Irrinunciabili, infine, le guarnizioni: dagli ombrellini di carta ai fiori, dalle erbe agli spicchi di agrumi, i Tiki drink sono super pop, “esagerati” e - perché no - instagrammabili.
Cucina fusion Riprendendo la tradizione dei primi Tiki bar, l’offerta food parte da una matrice cantonese per esplorare le cucine panasiatiche. Ad affiancare il team del Rita’s nella costruzione del menu c’è lo chef Eugenio Roncoroni che reinterpreta il concetto di pu pu platters con influenze thai, viet, jap, ma non mancano incursioni in Sudamerica e States con nachos (foto in basso) e burger, oltre alle suggestioni caraibiche, hawaiane e polinesiane. Fra gli ingredienti prediletti, il latte di cocco, lo zenzero e la stessa frutta impiegata anche nei cocktail. Le preparazioni passano dal fritto allo spiedo come nel caso del maialino Kalua, stile filippino per una cottura lenta (fino a 12 ore) a bassa temperatura.
Mondo Tiki Lo stile Tiki affascina i bartender oggi come (quasi) cento anni fa. Negli States si parla addirittura di new wave tropicale e non sembrano perdere smalto indirizzi celebri come lo Smuggler’s Cove di San Francisco. Mentre un italiano, Daniele Dalla Pola, ha aperto a MiamiEsotico, avventura Oltreoceano nata sull’onda del successo del suo locale storico, il Nu Lounge, rum bar a Bologna da oltre vent’anni. Restando in Italia, due indirizzi sicuri - consigliati anche dai ragazzi del Rita’s - sono il Makai Surf & Tiki di Roma e il Luau di Bari. Fuori dai nostri confini, Buzzi ricorda il Dirty Dick a Parigi, il Tiki Bar Athens nella capitale greca e il Pukiki a Madeira, in Portogallo. Tutto il mondo è Tiki.