Sugol o sugal, italianizzato in sugolo o sugoli, al plurale. Le variazioni del nome di questa specialità riflettono i dialetti della sua zona d'origine, la pianura che accompagna l'ultimo tratto del Po, da Mantova al Delta. Così come il nome, anche la ricetta conta tante versioni e ciascuna regione attraversata dal grande fiume la rivendica come tipica del proprio territorio. La Lombardia ha inserito il "sugolo" nell'elenco Pat (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) come dolce mantovano, ma anche il Polesine (in Veneto) e le provincia di Ferrara vantano una radicata e antichissima tradizione.
Non chiamateli budini
Spesso definiti "budino" di uva (ma non prevedono latte e preferibilmente nemmeno zucchero) i sugoli sono un prodotto di conserva di origine contadina. Nella campagna padana, quando arrivava il tempo della vendemmia, il mosto fresco, addensato con la sola farina, veniva trasformato in cibo di sussistenza per l'inverno. All'interno di terrine e zuppiere, veniva conservato in solaio - perché il frigorifero non c'era - dove maturava fino a formare sulla superficie una barbina di muffa che non si doveva assolutamente togliere. A Natale, tolta la pellicina, si consumava come companatico, un po' primo, un po' dessert.
I sugoli moderni
Oggi che la vinificazione casalinga è cosa rara anche nelle campagne, i sugoli vengono fatti con gli acini d'uva che si spaccano durante la cottura. Certo è che vanno utilizzate uve nere, possibilmente da vino: lambrusco, moscato o meglio ancora uva fragola, detta anche americana, perché introdotta in Europa nell'Ottocento, quando i nostri vitigni vennero attaccati dall'epidemia di fillossera. In passato molto diffusa nelle nostre campagne del Nord, è un'uva naturalmente dolce e di profumo intenso, che regala al piatto il tipico colore "vinoso" e un gusto unico, tendente all'asprigno.
La preparazione
La ricetta genuina dei sugoli, infatti, non prevede aggiunta di zucchero: è sufficiente quello presente nell'uva stessa. Gli acini cotti andrebbero pressati delicatamente con lo schiacciapatate "di una volta", in legno, senza schiacciare i semini che sono amari. Per la farina, chi preferisce i sugoli morbidi e lisci utilizza la sola 00, altrimenti, se piace una consistenza più rustica e "ruvida", si mixa con qualche cucchiaiata di farina di mais.
La ricetta
Sono molto facili da realizzare, vi serviranno solamente questi ingredienti: 2, 5 kg di uva fragola (o altra uva nera) - farina 00 - farina di mais - zucchero (facoltativo)
1) Sgranate l'uva e lavatela sotto l'acqua corrente.
2) Mettete gli acini in una pentola capiente, schiacciandoli leggermente con le mani. Portate a ebollizione e cuocete a fuoco basso per 10 minuti circa.
3) Trasferite l'uva cotta in una ciotola, copritela con un tovagliolo e lasciatela riposare per 24 ore circa.
4) Sistemate sopra una ciotola pulita un colino a maglie fitte, mettetevi l'uva cotta e schiacciatela con un pestello di legno (se non l'avete, un pestacarne) facendo uscire tutto il succo e facendo attenzione a non far passare i semini.
5) Eliminate i semi e le bucce rimasti nel colino e misurate il succo ricavato; versatelo in una casseruola. Calcolate 2 cucchiai di farina 00 e 2 di farina di mais per ogni litro di succo (in alternativa, 4 cucchiai di farina 00).
6) Stemperate bene le 2 farine con poco succo, facendo attenzione a non formare grumi. Unite il mix al succo nella casseruola, mescolando; aggiungete, se l'usate, 1-2 cucchiai di zucchero.
7) Mettete la casseruola su fuoco moderato e cuocete, mescolando spesso, per 10-15 minuti a partire dall'ebollizione, fino a quando si addensa.
8) Suddividete in ciotole o tazze individuali e lasciate raffreddare.
ottobre 2021
di Paola Mancuso