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News ed EventiPiaceriStoria del cioccolato: dalla fava alla tavoletta

Storia del cioccolato: dalla fava alla tavoletta

Da bevanda aristocratica a medicinale, sino a diventare uno dei cibi più amati al mondo. Ecco come il cioccolato è diventato un prodotto globale passando attraverso grandi innovazioni

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Chissà cosa avrà pensato Cristoforo Colombo il 30 luglio 1502, in occasione del suo secondo viaggio verso le Indie, accolto sulle coste dell’isola di Guanaja da un uomo dal volto nobile e la testa ornata da piume che gli offriva fave di cacao versandogli una bevanda amara molto speziata, il xocoatl. Certo non  poteva immaginare che si trattasse di un segno conclamato di potere e al tempo stesso di reverenza. Settant’anni più tardi il mercante Girolamo Benzoni scrive che la bevanda ricavata dai semi del cacao è un beveraggio più adatto ai maiali che agli esseri umani (La historia del mondo nuovo, 1572). Eppure a proposito del Perù scrive il mercante e navigatore Francesco Carletti (1573-1636) nel Libro V dei Ragionamenti edito postumo a Firenze nel 1701 che s’usa comunemente da tutt’i naturali del Paese, e gli Spagnuoli, e ogn’altra nazione che si vada, una volta che s’avvezzino ne diventano viziosi. La bevanda arriva in Spagna nel 1590 e la sua fortuna si allarga a tutta Europa in pochi anni. La storia del cioccolato si incrocia anche con le vicende del Concilio di Trento (1545-1563), che sancì circa 200 giorni di giorni… di magro. A inizio Seicento era divenuta infatti consuetudine che le dame sorseggiassero una tazza di cioccolato durante la celebrazione delle messe. Senza una regola ben specifica, questo fatto poteva però mettere in pericolo il dovere d’astinenza. Si dovette attendere così il 1662, quando il cardinale Francesco Maria Brancaccio decretò che, se la bevanda fosse stata preparata con acqua, non interrompeva il digiuno. Al pari dei chiodi di garofano, dello zucchero e del tabacco i semi di cacao ebbero per molti altri anni pure valore di metodo di pagamento: una parte della paga delle truppe portoghesi in Brasile continuerà a essere in semi di cacao fino al 1712. Di nuovo Carletti racconta che Questa frutta serve ancora di moneta per ispendere e comprare nelle piazze cose minute. I suoi resoconti contribuiranno a incuriosire le aristocrazie del tempo e lanciare la diffusione dell’uso del cioccolato a Firenze, Roma e Venezia. Il consumo della bevanda -la quale si fa mescolando dette frutte, che sono grosse come ghiande, con acqua calda e zucchero; ma prima secche molto bene e abbrustolite al fuoco si disfanno sopra certe pietre (siccome noi vediamo i pittori quando macinano i colori) fregando il pestello, che è anch’esso di pietra spiega minuziosamente Carletti- incuriosisce le aristocrazie delle città dove si erano insediate le corti o, in alcuni casi, dove era consolidata la presenza dell’esercito spagnolo, come in Sicilia.

Le innovazioni

Il desiderio di cioccolata pervase anche la corte francese: Luigi XV amava sorbire la cioccolata in apposite chicchere e la ricetta edita dal cuoco di corte Menon, la mousse al cioccolato, è tra le più note ancora oggi in pasticceria. Il cioccolato in forma solida, quindi sotto forma di tavoletta, prenderà invece il sopravvento nell’Ottocento grazie all’industria e al contributo di chimici come l’olandese Coenraad Johannes van Houten o il britannico Joseph Fry. Vennero in quegli anni sviluppate tecniche di lavorazione per togliere di mezzo l’elevata presenza di polifenoli, che rende il gusto del cacao sgradevole al palato. Nel 1876 lo svizzero Daniel Peter aggiunse al cacao del latte in polvere, un’invenzione di Henri Nestlé, e diede vita al cioccolato al latte. Qualche anno più tardi i due fondarono la fabbrica Nestlé. Negli stessi anni un altro svizzero, Rudolf Lindt, sviluppò una macchina per il concaggio del cioccolato (ovvero per il mescolamento ad alta temperatura fino a che si sia raggiunta una massa omogenea e liscia). In Francia lo sviluppo dell’arte del cioccolato è legata al nome di Antoine Brutus Menier, che fondò nel 1816 la casa farmaceutica Menier. Il cioccolato era ancora considerato medicinale e la produzione era un aspetto della produzione curativa dell’azienda: le farmacie erano le maggiori acquirenti di cioccolato. La Svizzera è oggi il Paese che consuma più cioccolato pro capite (circa 8,8 kg all’anno), seguita dall’Austria. Sul podio anche Germania e Irlanda mentre l’Italia segue, lontana,  a poco più di 3kg (worldpopulationreview.com).

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