Ci sono prodotti intimamente legati al territorio e alla popolazione che lo abita, nati da tradizioni antiche che sopravvivono ancora oggi, pressoché immutate. Lo Speck Alto Adige Igp è uno di questi prodotti. Si fa presto a darne la definizione: lo speck è una coscia di maiale disossata, speziata, affumicata e stagionata. Ognuno di questi passaggi, tuttavia, deve essere eseguito a regola d’arte perché sul salume possa essere impresso il marchio del Consorzio di Tutela.
Come molti prodotti tipici, lo speck nasce dall’esigenza di poter consumare un alimento, in questo caso la carne suina, anche mesi dopo aver macellato l’animale. La tecnica ha origine nei masi delle Dolomiti: piccoli microcosmi autosufficienti dove i contadini coltivavano e allevavano tutto quel che era necessario al loro sostentamento. Accanto a mucche e galline, non mancavano mai i maiali, animali poco onerosi da mantenere e di cui, come è noto, si può sfruttare ogni parte. Salatura, speziatura e fumo erano il modo più semplice per poter mantenere a lungo i tagli, in particolare la parte pregiata del cosciotto. Così, ogni famiglia aveva la sua ricetta e i suoi ingredienti segreti. Il tocco in più lo dava l’ambiente circostante, l’aria fresca alpina, il microclima che si veniva a creare nelle cantine e, non ultimi, i legni raccolti nei boschi, in particolare quelli di faggio, poco resinosi e ideali per ottenere un fumo delicato, ma efficace per la conservazione.
Ancora oggi, gli abitanti delle valli non di rado macellano i loro animali e producono in modo artigianale i loro salumi: producono il cosiddetto Bauernspeck – speck del contadino, appunto - ma anche altri tagli, come per esempio pancia e schiena. Alle aziende a conduzione familiare si affiancano i salumifici industriali che mantengono, tutt’ora, i procedimenti tradizionali, solo attualizzati con l’aiuto delle moderne tecnologie. Fedeli ai dettami del Consorzio, producono per i mercati locali e nazionali, ma anche per quelli esteri (soprattutto Austria e Germania). Fermo restando che il processo produttivo non si discosta molto da quel che facevano i contadini di queste zone 100 o più anni fa.
Fondamentale è la selezione della materia prima. Per rispettare i criteri del Consorzio, le cosce di maiale aperte e disossate, che prendono il nome di “baffe”, devono rispettare precisi valori che riguardano l’allevamento dei suini, il rapporto tra parte grassa e magra, persino il pH delle carni (che, se troppo elevato, comprometterebbe l’asciugatura). Una volta rifilate secondo una tecnica tradizionale, le cosce vengono salate e salmistrate usando una “concia” che può variare da un produttore all’altro ma comprende in genere pepe, alloro, ginepro, coriandolo, rosmarino, aglio e altri aromi come il pimento (detto anche pepe garofanato o di Giamaica) e la maggiorana. Dopo un primo riposo (occorrono anche 3 settimane perché la concia penetri bene nella carne), e un secondo passaggio di alcune settimane in appositi locali refrigerati, è il momento dell’affumicatura a freddo, in media 5 giorni durante i quali il fumo di legna, che non supera mai i 20°, aromatizza e contribuisce al processo di conservazione.
Infine, è il momento della stagionatura (nella foto in alto, gli speck della macelleria di Karl Bernardi a Brunico) che, secondo il peso iniziale delle baffe, può durare da 18-20 settimane fino a oltre 30. In questa fase, si forma sulla parte esterna dello speck uno strato naturale di muffa che arrotonda il gusto e viene rimosso alla fine della stagionatura.
Il ciclo è completo: lo speck è pronto per essere messo in vendita intero, a tranci in alto, le mezze baffe della macelleria Steiner a Rasun di Sotto) o a fette. Nel caso dei tranci, al momento del servizio il taglio tipico è quello controfibra che permette di ricavare fettine con una giusta quantità di grasso, indispensabile per bilanciare e addolcire la sapidità del salume.
Così presentato, è il protagonista della tipica merenda altoatesina con Schuttelbrot (il pane di segale basso e croccante) e vino rosso, mentre le fette classiche, tagliate nel senso della fibra, compongono taglieri con valeriana, sottaceti, pane nero e salsa di rafano. I dadini sono immancabili nell’impasto dei canederli, i grossi gnocchi sferici di pane con erba cipollina e prezzemolo che si gustano in brodo o semplicemente conditi con burro e salvia. Striscioline e fiammiferi, infine, sono perfetti nelle zuppe d’orzo e nei risotti: sia uniti al soffritto, sia aggiunti a fine cottura, tagliati finissimi, in modo che il grasso si sciolga a contatto con il calore del piatto e lo speck sprigioni tutti i suoi profumi, rimanendo morbido. Come tradizione vuole.
La Festa dello Speck è l’evento clou di fine settembre (quest’anno si svolgerà il weekend del 28 e 29) che porta tra le vette dell’Alto Adige gli amanti della buona tavola, della tradizione e della montagna. L’anno scorso sono stati ben 10.000 i visitatori che hanno raggiunto l’area dolomitica di Plan de Corones (foto in alto) che fa da cornice all’evento organizzato dal Consorzio e dedicato al re indiscusso della gastronomia sudtirolese.
Nel corso del fine settimana l’area del festival e le baite circostanti diventano la location di degustazioni, musica e intrattenimento. Negli stand dei produttori locali è possibile fare acquisti, ma anche farsi raccontare come nasce lo Speck Alto Adige Igp e come assaporarlo al meglio, oppure seguire i workshop dedicati per scoprire nuove ricette e tecniche di preparazione per valorizzare al meglio questo prodotto d'eccellenza.
Francesca Romana Mezzadri
Aggiornato Settembre 2024