Quando ci gustiamo un piatto di spaghetti, “affrontiamo” una fiorentina, ci buttiamo sulle patatine e lo spritz, o ci consoliamo con un dolce, magari accompagnato da un caffè, dovremo ricordarci che ci stiamo divorando il mondo. Infatti, quello che mettiamo nel carrello della spesa prima e nel piatto sulla tavola poi ha un impatto profondo sul nostro pianeta, soprattutto in termini di consumo di energia e di acqua, di sfruttamento e impoverimento del suolo, di emissione di gas serra e di CO2, di spreco di risorse naturali, di inquinamento della terra e dell’aria, ma anche di produzione di sottoprodotti, scarti e rifiuti. Il sistema delle produzioni agroalimentari è una delle principali cause dei cambiamenti climatici e del depauperamento delle risorse del nostro Pianeta: è responsabile del 90% del consumo di acqua dolce e del 90% agli accumuli di azoto e fosforo nel terreno, che inquinano le risorse idriche e favoriscono le emissioni di gas serra e di ammoniaca. Inoltre contribuisce per il 37% alle emissioni globali di gas a effetto serra (come anidride carbonica e metano), e in un terzo dei casi la causa sono gli sprechi e le perdite di cibo che avvengono lungo la filiera.
E tutto questo ci richiama alla necessità di fare la nostra parte per prenderci cura della salute del nostro pianeta. Come ha fatto l’Onu nel 2016 varando l’Agenda 2030, ossia l’insieme dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibili su cui devono lavorare i governi di tutto il mondo affrontando ogni aspetto. Compreso quello di ripensare il modo in cui si produce, si distribuisce e si consuma il cibo, affinché sia possibile sfamare tutti in modo adeguato, favorire lo sviluppo delle zone rurali e proteggere l’ambiente e la biodiversità. Ecco cosa si sta facendo nei tre anelli filiera alimentare: agricoltura, trasformazione e commercio.
La sostenibilità nei campi
Varietà vegetali resilienti ai cambiamenti climatici e resistenti alle malattie, con basse emissioni di carbonio e che richiedono meno acqua. Concimazione organica e lavorazione del suolo con tecniche a basso impatto. Rotazione e diversificazione delle coltivazioni per evitare le monocolture che impoveriscono il terreno. Irrigazioni a goccia o a bassa pressione e recupero di acqua piovana. Droni, sensori e centraline che consentono di fornire le quantità esatte di acqua, concime e agrofarmaci necessarie a ogni coltura. Composti microbici inoculati nel terreno per nutrirli in modo naturale, ristabilirne il corretto equilibrio e recuperarne la fertilità. Trattori guidati dal Gps per ridurre l’uso di combustibili fossili e uso di biocarburanti. Stalle automatizzate, che stabiliscono in automatico la temperatura ideale per il benessere animale e la quantità di cibo ottimale da somministrare a ogni capo. Sono solo alcune delle soluzioni che sono già applicate per migliorare l’impatto dell’agricoltura e dell’allevamento in termini di consumo di acqua, di uso di fertilizzanti e di trattamenti fitosanitari, di salute del suolo e di impatto sul clima. Inoltre più di un quarto delle imprese agricole italiane aderisce a programmi, manifesti o disciplinari relativi a buone pratiche di sostenibilità ambientale, come l’agricoltura biologica, regolamentata da disciplinari europei, o i sistemi di certificazione ambientale, come il sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata.
Intanto la ricerca continua veloce e instancabile. Ad esempio, in Italia il Crea sta testando i cosiddetti “grani perenni”, ossia frumenti che con una sola semina danno tre raccolti. I benefici? Più produzione a minor costi, perché i terreni richiedono meno lavorazioni. Ma soprattutto meno erosione del suolo, perché questi grani hanno radici molto sviluppate che migliorano l’assorbimento di acqua, minerali e fertilizzanti e il “sequestro” di carbonio nel terreno, contrastandone l’erosione.
La sostenibilità nelle aziende
Per riempire il Colosseo servirebbero circa 135mila metri cubi di acqua. Ossia la metà di quelli che hanno risparmiato le aziende italiane che producono pasta e dolci nell’arco di sette anni. Nello stesso periodo hanno ridotto anche di 69 milioni di Kg le emissioni di CO2, corrispondenti al consumo di oltre 36mila automobili, e hanno aumentato i rifiuti recuperati di 19,5 milioni di kg, quasi quanto la produzione annuale di rifiuti di un Comune di 39.000 abitanti. Già questi dati, presenti nel rapporto di sostenibilità dell’associazione Unione Italiana Food, raccontano com’è silenziosamente cambiata l’industria alimentare e quali risultati concreti ha ottenuto sul fronte ambientale. Come ci è riuscita? Grazie alle innovazioni tecnologiche per il contenimento delle emissioni, per la riduzione dei consumi energetici e l’aumento dell’uso di energie rinnovabili, e alla redazione di linee guida, come quelle relative a un uso più efficiente dell’energia e alla valorizzazione dei sottoprodotti in un’ottica di economia circolare, come accade all’acqua di cottura del riso nero che viene destinata alla tintura dei tessuti.
La sostenibilità nei punti vendita
Lo spreco alimentare è un problema anche per i supermercati, dove il cibo invenduto può arrivare a pesare fino al 2% sul fatturato. Per affrontare questa criticità le catene di supermercati stanno cambiando l’approccio all’offerta con l’obiettivo di cercare di calibrare meglio gli assortimenti in base agli effettivi acquisti dei clienti. Ad esempio, perché cuocere e vendere 12 tipi diversi di pane se poi la metà resta invenduta? Inoltre, nel caso dei prodotti freschi, quando sono vicini alla scadenza vengono raccolti in apposite aree del negozio e venduti a prezzi ribassati. Evitare che vengano eliminati alimenti che, seppure formalmente scaduti, sono ancora buoni e sicuri è l’obiettivo delle nuove etichette anti-spreco, adottate da diverse aziende che permettono ai prodotti di restare in commercio più a lungo, e che, in caso non vengano venduti, consente di non doverli smaltire come rifiuti. Il progetto più ampio è l’Etichetta Consapevole di Too Good To Go che ha inserito la dicitura "spesso buono oltre” sulle confezioni di oltre 10 milioni di prodotti di marche famose, incoraggiando i consumatori a utilizzare i propri sensi per decidere se è necessario gettare un alimento scaduto o se lo si può ancora consumare.
Manuela Soressi
aprile 2023