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Sorgo a chi tocca! La riscossa del cereale new age

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È il quinto cereale più coltivato al mondo (fonte Fao 2006). Eppure quanti di noi conoscono il sorgo?

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Rappresenta oltre il 95% dei cereali coltivati negli Emirati Arabi, l’85% di quelli seminati in Oman e l’82% di quelli raccolti nel Sudan. Sarà per queste sue origini “esotiche” che in Italia il sorgo è così poco conosciuto, pur essendo il quinto cereale più coltivato al mondo con ben 55,8 milioni di tonnellate prodotte soprattutto nelle zone aride e semiaride di Asia, Africa e Nord America? Ma qualcosa sta cambiando anche da noi. E il sorgo compare sempre più spesso sugli scaffali di negozi e supermercati, sotto forma di chicchi, farina e semolino, ma anche di piatti pronti (come insalate e polpette) e persino di snack al cioccolato. Vediamo di conoscerlo meglio.


Un cereale a spreco zero
Il sorgo (sorghum vulgare) è considerato il più importante tra i cereali minori in termini sia di quantità prodotte che di diffusione a livello mondiale. Nei paesi dell’Africa occidentale ne viene usata tutta la pianta: con le radici si ottiene biocarburante, con i gambi e le foglie si costruiscono le capanne o si nutrono gli animali, con la granella ricavata dai chicchi si realizzano tanti alimenti. Ma il sorgo serve anche a tanto altro, ad esempio a produrre alcol etilico e amido. E solo il 35% della produzione totale è usato a scopo alimentare, per preparare tortillas, cous-cous e porridge. Nei paesi occidentali il sorgo vive una vita più modesta.


Negli Stati Uniti viene coltivato ed esportato soprattutto per l’alimentazione animale. E così è stato a lungo anche in Italia, dove il sorgo viene coltivato da tempo e usato per produrre granella e foraggi insilati nelle zone dove c’è poca acqua per poter coltivare il mais, ad esempio in Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria. Dunque, in mezzo mondo con il sorgo si nutrono gli animali, mentre nell’altro mezzo mondo si nutrono gli umani. Noi stavamo, per tradizione, nel primo gruppo ma ora stiamo entrando anche nel secondo. Come mai questo cambiamento?


Senza glutine e a basso indice glicemico
La scoperta del sorgo come alimento è una conseguenza della nuova attenzione per cibi dal buon valore nutrizionale, adatti a tutti (anche a chi soffre di intolleranze alimentari) e a minor impatto ambientale. Il sorgo ha tutte queste caratteristiche. Per redditività, resa e produttività è il cereale più simile al mais. Rispetto al quale ha due vantaggi in campo: un minor fabbisogno di acqua (tanto che viene definita una ”pianta cammello”), resiste meglio ai parassiti e ha bassi valori di micotossine. Dunque, è una pianta a basso impatto ambientale e ad alto valore ecologico, anche grazie alla sua biodiversità. 


Anche sul piano nutrizionale il sorgo ha diverse carte da giocare. La prima è l’assenza di glutine, che lo rende adatto anche i celiaci. La seconda è il basso indice glicemico, dovuto al rapporto positivo tra carboidrati complessi e fibre. Il che rende il sorgo adatto anche a chi ha problemi di diabete o sovrappeso. E ancora, il sorgo è una buona fonte di minerali e vitamine ma soprattutto di composti attivi ad azione antiossidante. Per entrare nei nostri piatti il sorgo viene decorticato: questo procedimento consente di eliminare i tannini contenuti nel pericarpo e i microrganismi presenti sulla superficie, rendendolo così più digeribile e più sicuro.


Come cucinarlo?
I chicchi interi e decorticati, che vanno messi in ammollo e poi cucinati in acqua salata bollente, si usano per accompagnare piatti di carne, pesce e verdure. Possono essere anche cucinate in insalate calde o fredde (stile insalata di riso) oppure possono essere passati in padella e aggiunti a legumi, passati di verdure o minestre per renderli più densi. Con la farina di sorgo si possono preparare crêpes, torte e pasticcini. Però il sorgo in purezza è inadatto alla panificazione: per fare il pane va miscelato con altre farine, come quelle di riso o tapioca.


Manuela Soressi
agosto 2017

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