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Solfiti: cosa sono e in che alimenti si trovano

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Usati nell’industria alimentare come conservanti, la presenza dei solfiti non è sempre chiara. Soprattutto in certi cibi.

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Innanzitutto una premessa: quando parliamo di “solfiti”, ci riferiamo a varie sostanze, in primis l’anidride solforosa, e poi vari tipi di solfiti. L’anidride solforosa (detta anche ossido, biossido o diossido di zolfo) è un gas incolore, dall’odore pungente che ha comprovati effetti tossici e allergenici. I solfiti sono una categoria di sostanze chimiche (bisolfito di potassio, di sodio etc) e vengono adoperati come conservanti, per evitate l’ossidazione.


Senz’altro i solfiti nell’immaginario di tutti richiamano il vino. E in effetti sono largamente utilizzati per la sua conservazione, in virtù delle loro proprietà antimicrobiche e antiossidanti. Servono a dare uno stop certo allo sviluppo di batteri e muffe, evitare l’ossidazione del succo, portare avanti una corretta fermentazione e – per quanto riguarda il rosso – stabilizzare il colore delle vinacce, i solfiti vengono dunque aggiunti artificialmente. Come, quanto e quando dipende, ma in generale i produttori li aggiungono già al momento dell’arrivo dell’uva in cantina (in particolare il bisolfito di sodio).


I solfiti nel vino sono quasi sempre presenti – anche se negli ultimi anni parecchi produttori di nicchia hanno sperimentato e proposto il vino “senza solfiti”. La dicitura “senza solfiti” è rara, poiché significa che tali sostanze sono del tutto assenti. Quando in etichetta non c'è nessuna dicitura, significa che i solfiti possono essere presenti fino a un massimo di 10mg/l. In tutti gli altri casi, si leggerà: "Contiene solfiti". 


Da notare che il vino è l’unico prodotto alimentare di cui non si devono riportare gli ingredienti in etichetta; questo significa in generale che i produttori hanno più margine per 'truccarlo' e, per quanto riguarda i solfiti, che non è obbligatorio riportarne la quantità in etichetta. Questo non significa che non ci siano dei limiti stabiliti per legge.


In Italia il limite di legge è di 160 mg/l per i rossi, 210 mg/l per i bianchi e i rosati e 400 mg/l per i vini dolci (con deroghe che permettono allo Stato di elevare il valore massimo in annate sfavorevoli). E nel vino biologico? Certamente sono presenti in misura minore: soprattutto in Italia, spesso i produttori bio ne adoperano meno di quelli consentiti dalla normativa europea. Il disciplinare biologico prevede le soglie di 100 mg/l per i vini rossi, 100 per i bianchi, 120 per i vini dolci. 


Come si vede, i solfiti si trovano in misura maggiore nel vino bianco rispetto a quello rosso (perché si deteriora più facilmente), e tendenzialmente più un vino è dolce, più ne contiene (dato che i vini dolci, non avendo trasformato tutti gli zuccheri in alcol, hanno la tendenza a continuare a fermentare).  Che già ne tollera meno che nei vini non biologici, dove il limite massimo è di 150 mg/l per i rossi e 200 mg/l per i bianchi, di più per quelli dolci (e con le varie eccezioni del caso).


Una nota: l’assenza di solfiti non garantisce di per sé la genuinità del prodotto. Inoltre l’uva può generare autonomamente solfiti e anidride solforosa durante la fase di fermentazione alcolica, effettuata dai lieviti presenti sulla buccia dell’uva, in cui il “succo d’uva” si trasforma in vino. Tuttavia ciò può avvenire in minima parte (solo fino ad un massimo di circa 40 mg/l).


Quali sono gli effetti indesiderati dei solfiti? Mal di testa, innanzitutto, nei soggetti sensibili a queste sostanze. Reazioni allergiche ai solfiti si manifestano per assunzioni di dosi molto basse, soprattutto nei soggetti asmatici. Chi è allergico all’aspirina deve stare all’occhio. E poi qualcuno manifesta anche nausea, vomito, vampate di calore, ipertensione etc. Non solo: l'anidride solforosa è  connessa all’azione degradativa a carico della vitamina B1, la cui carenza nell’uomo può provocare significative alterazioni a carico del metabolismo degli zuccheri (diabete).


Uno studio scientifico pubblicato un paio d'anni fa ha rilevato come i solfiti siano in grado di danneggiare i batteri benefici presenti nell’intestino umano. Questi batteri sono importantissimi per i processi metabolici e la risposta immunitaria dell’organismo e quando loro 'non sono in forma' ciò è l'anticamera dello sviluppo di diverse malattie. Nella ricerca in questione, condotta dalla Pusan National University in Corea, sono stati valutati gli effetti dell’assunzione di solfiti anche a dosi inferiori a quelle considerate sicure dalle Agenzie internazionali su quattro importanti specie di batteri benefici intestinali, ed è stata evidenziata la loro diminuzione a causa di questi conservanti.


Secondo i calcoli dell'Unione Italiana Vini, "un uomo di 70 kg ha una dose giornaliera ammissibile di 49 mg di anidride solforosa e può bere in un giorno una bottiglia di un vino rosso di qualità, contenente al massimo 50 mg/litro di anidride solforosa" (ma abbiamo visto che le quantità ammesse sono triple). "In ogni caso, la dose di solforosa assimilata è sottostimata, poiché oltre al settore enologico, l’anidride solforosa e i suoi derivati, vengono impiegati come additivo in molti campi alimentari e si trova in molti cibi che ingeriamo assieme al bicchiere di vino" - scrive la UIV. 


Esatto. Se credevamo che i solfiti si trovassero solo nel vino, eravamo molto fuori strada... I solfiti sono ampiamente usati dall’industria alimentare come conservanti. Le loro sigle sono varie E… In particolare l’anidride solforosa è la E220; i solfiti sono E 221 – E 222 – E 223 – E 224 – E226 – E 227 – E228. I tipi di cibo con cui si impiegano vanno dalla frutta secca allo stoccafisso e baccalà, dai condimenti ai succhi, e la percentuale di solfiti tollerati dalla legge cambia a seconda dell’alimento. Oltre al vino (e l’aceto di vino), le bevande che ne sono “ricche” sono: succhi di frutta, birra e sidro. Tra i cibi, la già citata frutta secca (e candita, glassata ecc.); la verdura conservata (secca, congelata, sottaceto, sottolio ecc. – inclusi funghi secchi e uvetta),  farine e fiocchi di patate.


E attenzione! Abbiamo parlato di vini e di cibi conservati: in realtà i solfiti vengono adoperati anche per la conservazione dei cibi freschi – uno per tutti: il pescato. E tra questo, uno per tutti: i gamberi e crostacei. E in tal caso non vi è l’obbligo d’indicare non solo la quantità, ma la presenza stessa dei solfiti. Negli alimenti carnei, poi, la legge limita molto l’uso dei solfiti, ma in ogni caso è bene badare con attenzione agli alimenti a base di carne come hamburger e hot dog.


Carola Traverso Saibante
aprile 2017
aggiornato in aprile 2019


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