Le pere assorbono la quantità di alcol in eccesso nel sangue, alleviando miracolosamente i sintomi dell’ubriacatura. Un gruppo di scienziati australiani ha studiato infatti l'effetto del succo di pera sul dopo-sbornia (e non solo) concludendo che il consumo preventivo all'eventuale bevuta eccessiva aiuta a metabolizzare gli enzimi alcolici più rapidamente. Un gruppo di cavie sottoposte a questo liquido prima della bevuta ha dimostrato di superare più brillantemente rispetto a un gruppo di controllo trattato con placebo il momento di crisi post bevuta e ora la notizia è ufficiale: se avete in mente di esagerare con i bicchieri è bene consumare un bel po’ di pere in giornata.
Lo studio è stato promosso dalla Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization (CSIRO) (clicca qui) e guidato dal professor Manny Noakes, impegnato con il suo team a scovare tutte le proprietà di questo frutto. Pare infatti che le pere abbiano possibili impieghi terapeutici: abbassano il colesterolo, alleviano la costipazione, sono potenti anti-infiammatori e, last but not least, combattono l’ormai noto hangover.
Questo termine inglese diventato ormai virale identifica con la proverbiale capacità di sintesi anglosassone quello stato tipico del dopo sbornia, comprensivo di cerchio alla testa, malessere e fastidi di vario genere. Il valore aggiunto della scoperta australiano sta chiaramente nelle opportunità che apre sul fronte farmacologico e la possibilità di creare una miracolosa pillola a base di succo di pere che mitighi gli effetti dell’alcol appare ora più vicina.
Va rimarcato, però, che il consumo di pere deve essere preventivo, il che significa che la bevuta deve essere premeditata (clicca qui). Non funziona invece per le sbronze non preventivate, salvo che si voglia fare un consumo di pere quotidiano a prescindere (e in effetti considerate le proprietà di questo alimento sarebbe saggio). Ultima, doverosa, precisazione riguarda la qualità delle pere, rigorosamente coreane (clicca qui). Successivi esperimenti verranno condotti anche utilizzando varietà americane e, chissà... magari più avanti anche su quelle nostrane.
Emanuela Di Pasqua,
18 agosto 2015