Ho un bell’olivo in giardino, frutto di un acquisto un po’ dissennato fatto da me, che ho un debole per il giardinaggio, una quindicina di anni fa. Era in vaso, era piccolo e al mercato mi occhieggiava. È cresciuto tanto da meritare un posto in piena terra, ha sfidato le brume della Bassa Padana, è sopravvissuto alle gelate più intense e, come un soldato in guerra, ha riportato qualche ferita. Da alcuni anni si riempie anche di frutti e, in questo periodo di raccolta e spremitura delle olive, lo guardo ammirata e dispiaciuta.
Le vorrei raccogliere, ma non so che olive siano (da olio o da tavola?) e poi, dove trovo un frantoio a due passi da casa?Allora immagino di conservarle in barattolo e, per la raccolta, penso di fare le cose per bene, mettendo un telo intorno al tronco perché le olive non cadano per terra e si rovinino. Così, mentre penso senza decidere, ogni anno il
problema si ripresenta... Nel frattempo, uso le olive belle pronte di zia Silvia, che arrivano dal suo enorme ortogiardino
vicino a Velletri.
Conservarle è un procedimento laborioso ma lei sa come fare. Prima prepara una miscela di cenere e calce viva che, dopo una settimana, trasferisce in un tino e allunga con acqua. Da questa combinazione ricava un liquido nel quale le olive vengono immerse per spegnere il sapore amaro e intenerirle. Soltanto zia Silvia sa capire quando è il momento giusto di scolarle, lavarle e metterle a bagno nell’acqua per una decina di giorni.
Alla fine, le olive finiranno in salamoia nei barattoli di vetro, talvolta profumate da un ciuffo di finocchietto. E se qualcuno va a trovarla, lei prepara la disossata, un taglio di carne da bistecca ma senza osso, che se non fosse per la cottura un po’ lunga farebbe parte di quella schiera di ricette definite “sciuè sciuè” per la semplicità e l’immediatezza. Naturalmente le sue olive, insieme a qualche prelibata norcineria della zona, arrivano in un bel pacco a Milano e allora anch’io preparo la disossata e dalla finestra guardo il mio albero. E lui, sono sicura, guarda me. Forse il prossimo anno... Chissà.
di Laura Maragliano
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