Capita di portare come ricordo di viaggio, quasi un souvenir, la memoria gustativa di un piatto. E la voglia di riassaggiarlo preparandolo in casa. Ebbene, il mio baccalà mantecato è frutto di “una quattro giorni” veneziana passata per bacari a gustare “cicheti” e a valutare, per gioco e non per lavoro, la versione migliore di questo tradizionalissimo piatto veneziano che non mangiavo da così tanto tempo.
Novembre mi è sembrato il tempo migliore per farvi partecipi di questa bontà cremosa che sembra quasi impossibile possa uscire dalla trasformazione del “pesce bastone”, lo stoccafisso, che i veneti (e solo loro) chiamano baccalà. Il segreto è tutto nella lavorazione energica, con un cucchiaio di legno o una frusta, della polpa lessata, ancora calda, unendo lentamente a filo solo olio nella versione più antica e anche latte in quella derivata dalla cucina ebraica di Venezia.
La crema ottenuta, leggera, soffice, omogenea è invenzione dei veneziani ma non solo, è specialità anche di Marsiglia, Nimes e altre località della Linguadoca, dove si chiama “brandade de morue”, a ricordo che i frammenti di baccalà vanno branditi con forza. Se passate da Venezia andate al Vecio Fritolin e assaggerete una versione eccezionale del mantecato preparata da Daniele Zennaro; se fate un giro tra i bacari dovete provare quella di “da Fiore”, una crema speciale.
La ricetta per casa è un tradizionale baccalà mantecato che si chiama illegittimo, non chiedetemi perché, non lo so, ma il suo autore, Giuseppe Maffioli, è stato attore e regista, ma soprattutto un grande gastronomo veneto. Qualcuno se lo ricorderà nella parte dello chef nel film “La grande abbuffata” di cui fu anche consulente culinario. Provate il suo baccalà mantecato è poi servitelo con la polenta che è il complemento perfetto, i francesi che non ce l’hanno accompagnano la brandade de morue con patate bollite o pane tostato. Ma non sanno cosa si perdono.
di Laura Maragliano
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