Mi sono chiesta spesso a quale territorio appartengo: a Genova, per nascita, radici, famiglia, oppure a Milano per lavoro, figli, casa, abitudini. Una vita a metà, con qualche dubbio di non appartenere ad alcuno. Ma ciò che è successo a Genova quest’estate ha rimosso emozioni a lungo sopite. Altri motivi mi hanno costretto a tornare nella mia città d’origine per un tempo insolitamente lungo, abituata come sono all’andata e ritorno in giornata. Così mi sono rituffata in quegli odori, in quella luce, in quelle strade, in quelle abitudini, in quegli uffici, in quelle voci che mi erano soliti, ho ripreso gli stessi autobus di trent’anni fa, ho rivisto persone che avevo dimenticato e posti che avevo cancellato dalla memoria e ho incontrato un libro, (incontrare è il verbo giusto) che mi ha aperto il cuore alla nostalgia più struggente.
Mi sono perso a Genova di Maurizio Maggiani (edito da Feltrinelli), ha come sottotitolo Una guida, ma non lo è, per lo meno nel senso classico del termine. È, piuttosto, un intenso romanzo d’amore dello scrittore spezzino nei confronti del capoluogo ligure conosciuto da piccolo e frequentato lungo tutta la vita. È una lezione di sentimenti per me che, per vivere la seconda parte della vita, ho cercato di dimenticare la prima, una guida all’anima della città, alle sue viscere più profonde, alle sue difficoltà e alle sue bellezze, una dichiarazione d’amore incondizionato che non è fatta per i turisti, frutto di una conoscenza che gli ho invidiato e che vorrei possedere per entrambe le mie città.
Già, perché se adesso capisco l’essenza di questo intenso affetto, so pure che, al contrario di Maggiani, non posso farlo diventare assoluto perché le mie radici sono a Milano. Ed è qui che gusterò i ravioli di carne genovesi, tipici una volta di Santo Stefano e di Carnevale. Gli ingredienti di questa ricetta non sono semplicissimi da trovare, ma il risultato è superlativo. Per una versione più semplice, si può provare la ricetta di mia cognata Angela, genovese doc e amante della buona tavola. Gli uni o gli altri sono comunque ottimi per gustare un angolo della mia terra nell’altra mia terra. Un po’ come Giano Bifronte.
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