Appassionati di cucina, abili con mestoli e coltelli, fantasiosi nel preparare prelibatezze per sé o per la famiglia? E magari, alla ricerca di un nuovo lavoro? Il matrimonio cucina- professione (non in un ristorante) s’ha da fare, eccome, parola di head hunter, ovvero i “cacciatori di teste” abili nel trovare per le aziende la persona giusta per il posto giusto. Sembra infatti che l’abilità culinaria sia molto apprezzata dai responsabili delle risorse umane, tanto da diventare un elemento a favore del quasi assunto.
Scrivere sul proprio curriculum che si ha una passione per la preparazione di manicaretti è dunque un dettaglio che non passa inosservato e che impressiona positivamente l’intervistatore: secondo un sondaggio del gruppo inglese Cake Angels, che ha intervistato oltre mille recruiter britannici, l’amore per i fornelli è al secondo posto nelle doti più apprezzate alla prima lettura di un curriculum vitae. Al primo posto ci sono le proprietà linguistiche, incluse la conoscenza della grammatica e un buon vocabolario.
A pari merito con la cucina ci sarebbero lo sport e la conoscenza dei social media. Questa terna farebbe spiccare un candidato rispetto agli altri. In particolare, l’interesse per la preparazione di piatti salati e dolci evidenzierebbe qualità positive dell’intervistato. Ovvero pazienza, creatività, occhio e attenzione per il dettaglio, tutte doti che un cuoco deve avere per poter cucinare al meglio.
La cucina non si fa notare solo prima di venir assunti: l’esperienza davanti a forno e fornelli resta un buon banco di prova anche per valutare la leadership di un dipendente, la sua capacità di lavorare in squadra, la sua attitudine a risolvere problemi complessi, magari in una situazione di crisi. Per verificare queste competenze, educarle e portarle alla luce, le aziende sempre più organizzano sedute di “team building” (la costruzione di dinamiche corrette per il gruppo di lavoro) in cucina. I gruppi di dipendenti si ritrovano in un luogo informale (la cucina, appunto) uniti in gruppi e viene dato loro un compito: solitamente cucinare un intero menu, iniziando dalle basi, ovvero il procacciarsi gli ingredienti, e seguendo le regole date da un facilitatore esterno (che in questi casi è uno chef).
Eva Perasso
Settembre 2017