È la salsa piccante più famosa del mondo. E anche quella con più tentativi di imitazione: sono 150 anni che il Tabasco viene (inutilmente) copiato. Ossia da quando, appena dopo la fine della guerra di secessione, nell’assolata Louisiana, Edmund McIlhenny prova a coltivare dei semi di Capsicum frutescens, provenienti dalla regione messicana del Tabasco Messico, che gli erano stati regalati da un viaggiatore di passaggio. Appassionato di cibo, li semina nei terreni attorno alla sua casa di Avery island che, a dispetto del nome, non è circondata dal mare ma da acque paludose. Ma poi lo scoppio della guerra civile americana lo costringe a fuggire. Quanto torna, anni dopo, trova le terre coperte di peperoncini in fiore. E la produzione è così abbondante da spingerlo a farne una salsa piccante, usando solo altri due ingredienti “domestici”: l’aceto e il sale delle miniere portate in dote dalla moglie. La ricetta piace, e tanto, al punto che diventa famosa in tutta la Louisiana e così l’intraprendente McIlhenny decide di brevettarla e di produrla sua vasta scala.nel giro di tre anni il Tabasco attraversa l’Atlantico e arriva in Europa. Un gran successo, immediato. Ma McIlhenny avrebbe mai potuto immaginare che, all’inizio del terzo millennio, la sua salsa sarebbe stata venduta in oltre 185 paesi ed etichettata in 22 lingue diverse?
Dalla Louisiana con sapore
Ancora oggi Avery Island è il cuore della produzione del Tabasco, portata avanti dai discendenti di McIlhenny (siamo alla quinta generazione di famiglia) utilizzando la ricetta messa a punto nel lontano 1868 e gli stessi tre ingredienti. Sono gli stessi membri della famiglia a selezionare le migliori piante, i cui semi vengono trattati, essiccati e conservati in un caveau, perché rappresentano il “tesoro” e il futuro dell’azienda. I semi vengono coltivati in serra e solo i migliori vengono trapiantati nei campi. E quando cominciano a dare frutti un membro della famiglia McIlhenny ispeziona i peperoncini, valutandone colore e consistenza. Infatti uno dei “segreti” della bontà del Tabasco è la capacità di individuare il momento della raccolta dei peperoncini, che avviene solo quando sono maturi al punto giusto, rossi e perfetti. Il controllo viene eseguito in modo tradizionale: ossia utilizzando un apposito bastoncino con la tonalità di rosso che devono avere le bacche. E solo quelle che hanno la stessa tinta del “petit bâton rouge” possono essere raccolte, rigorosamente a mano. I peperoncini devono essere lavorati entro poche ore dalla raccolta. Infatti, nello stesso giorno in cui vengono raccolti, vengono trasportati nello stabilimento dove sono frantumati e messi in botti di rovere bianco insieme con una piccola quantità di sale. Siccome la prima fase della fermentazione è attiva, nei barili vengono creati dei fori e sul coperchio viene messo uno strato di sale in modo che i vapori e i gas possano fuoriuscire ma senza che possa infiltrarsi l’aria (o le contaminazioni esterne).
Per il Tabasco ci vuole tempo (tre anni)
Il Tabasco non è una salsa fast, anzi è davvero slow: i peperoncini devono “stagionare” per tre anni perché solo macerando così a lungo riescono a concentrare e sviluppare tutto il loro intenso e ineguagliabile gusto. E, infatti, la fermentazione che subiscono a dare al Tabasco il sapore e la consistenza che lo caratterizzano. Passati 36 mesi, i barili vengono aperti e ispezionati: se il contenuto supera l’esame di maturità, viene miscelato con aceto bianco di qualità e lasciato riposare per altre quattro settimane, durante le quali viene curata con attenzione. Alla fine la salsa viene filtrata e sottoposta a un ultimo controllo qualità. Solo quella che la supera diventa Tabasco: viene confezionata nella classica bottiglietta con cappuccio rosso dall’etichetta a forma di diamante e spedita in tutto il mondo.
Esperienze very hot offresi
Nel corso degli anni al Tabasco “originale” si sono affiancate altre quattro versioni, che si distinguono per la ricetta ma, anche, per il diverso grado di piccantezza. Il più mild (600-1200 Shu- Scoville heat units) è il Tabasco verde, preparato con peperoncini jalapenos. Per il suo gusto fresco ma intenso, è ideale con pesce, verdure e carne bianca ed è anche immancabili nei classici della cucina messicana, come burrito, tacos e guacamole. Salendo nella scala del piccante, si incontrano il Garlic (1200-1800 Shu), il Chipotle (1500-2500) e il classico Rojo (2500-5000). In vetta, per chi ama le emozioni forti, c’è il Tabasco Habanero (5000-8000) in cui questi celebri peperoncini very hot si mescolano con le note dolci di mango, banana e papaya, e con il tocco piccante di zenzero e pepe nero, regalando alle ricette un Caribbean touch davvero speciale.
Mai provata nel ceviche?
Qualche idea per valorizzare il Tabasco? Usarlo per dare un tocco hot a carne e pesce alla griglia, a uova al tegamino e patate lessate, e anche a creme e vellutate di verdura. Aggiungerlo alla maionese nella farcia dei sandwich o metterlo persino sulla pizza, al posto dell’olio piccante. Frutti di mare e crostacei si sposano molto bene con le note piccanti del Tabasco, da provare su ceviche e tartare di tonno, e sulle ostriche. E poi c’è tutto il mondo della mixology, l’arte di creare i cocktail selezionando gli ingredienti e miscelandoli con creatività. I bartender sanno che questa famosa salsa piccante è indispensabile in molte ricette. Impensabile immaginare un Bloody Mary o un Prairie Oyster senza il tocco caldo del tabasco. Frutti di mare e crostacei si sposano molto bene con le note piccanti del tabasco da provare su ceviche e tartare di tonno, o le seppie condite con una salsa agrodolce a base di miele e tabasco e il riuscitissimo abbinamento tra Ostriche e tabasco basteranno poche gocce di salsa per dare un brivido piccante a quest’unione.
Manuela Soressi
ottobre 2019