Caprini francesi? Ah ah ah… forse non avete mai assaggiato la robiola di Roccaverano! Certo, che il nostro sia una Paese di delizie casearie lo sappiamo e non ce lo deve certo far notare il confronto coi cugini d’oltralpe: dalla confinante valdostana fontina all'inimitabile gorgonzola, dai pecorini tutti da scoprire alle bufale – che oramai vanno ben oltre la mozzarella - al parmigiano reggiano alla conquista del mondo, siamo talmente golosi dei nostri formaggi che, se possibile, troviamo il modo di mangiarne perfino la crosta!
Eppure, per quanto riguarda i caprini, tendiamo a percepirci sempre all’ombra dei produttori di chèvre. Ebbene, ripetiamo: bisogna provare la Robiola di Roccaverano!
Si tratta di una specialità dell’omonimo paese piemontese, non lontano dalle terre liguri e nello stesso tempo capitale della Langa Astigiana, di cui è il comune più alto in un paesaggio di collina selvaggia ma nello stesso tempo domata e modellata dall’uomo. In realtà la zona di produzione di questa robiola è composta oramai da ben 19 comuni, di cui quasi la metà in provincia di Alessandria. Su tutta la vegetazione della zona dell’areale di cui si nutrono le capre, spirano i venti umidi che vengono dal mare; secondo la stagione, le greggi producono latte con aromi differenti: la lupinella, per esempio, è un’erba apprezzatissima, che rende dolce la robiola.
Le origini di questo squisito formaggio sono antichissime e risalgono addirittura ai Celti stabilitisi in Liguria. Ma sapete chi fu a decretare la Robiola di Roccaverano prodotto ad origine protetta, DOP appunto? Niente di meno che il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che proprio nel marzo di 40 anni fa appose la sua firma sul decreto di riconoscimento.
E quindi, quali sono le sue caratteristiche? Pasta bianca e morbida, questo formaggio è fatto col latte crudo, che può essere interamente di capra delle razze Roccaverano e Camosciata Alpina, oppure misto capra (minimo 50%) con latte di Pecora delle Langhe o mucca, di razza Piemontese o Bruna Alpina. Questi animali mangiano solo alimenti locali (minimo 80%). La percentuale minima di grasso sulla sostanza secca deve essere non inferiore al 40%.
La forma delle formaggette è la classica cilindrica. Il sapore varia da delicato a deciso, dipendendo ciò molto dalla stagionatura. Nella versione fresca (maturata dai 4 agli 8 giorni), la Robiola di Roccaverano è morbida e cremosa, quasi priva di crosta e con un gusto delicato, saporito e/o leggermente acidulo. La tipologia affinata o stagionata presenta invece una crosta paglierina e rossiccia con fioritura naturale di muffe e sotto la crosta la consistenza può essere morbida e un po’ compatta o particolarmente cremosa. Il gusto? Decisamente deciso!
E a proposito di decisione: quando non sapete decidervi nella scelta tra fresca e stagionata, compratene almeno un paio, per gustarne una fresca e lasciar maturare l’altra in frigo, conservandola dentro una ciotola di porosa porcellana o terracotta, coperta da un piattino dello stesso materiale (niente plastica o vetro!). I fermenti lattici vivi continueranno a lavorare per voi, e sarà un po’ la soddisfazione di aver finito di fare il formaggio in casa!
Da sola con un buon pane è squisita; condita con olio e peperoncino - in particolare nelle versioni fresca – anche. In cucina è ottima per i ripieni ma anche per condire la pastasciutta. Vini da abbinare? Barbera d’Asti e del Monferrato; Grignolino e Dolcetto d’Asti. Come bianchi, il Gavi DOCG per la fresca e il Loazzolo DOC per la stagionata.
Infine: per festeggiare i 40 DOP della Robiola vi è un calendario di appuntamenti nella regione Piemonte nel corso di tutto il 2019, tra cui spicca la festa a lei dedicata dal suo paese d’origine, Roccaverano appunto, il 29 e 30 giugno: la XIX Fiera Carrettesca – Festa della Robiola di Roccaverano DOP.
Carola Traverso Saibante
marzo 2019