È uno dei secondi di carne della tradizione italiana più conosciuti e diffusi, amato da grandi e piccoli tanto che, solitamente, la cotoletta è protagonista del menu per bambini nei ristoranti in tutta Italia (anche se spesso si tratta di fettine di petto di pollo o fesa di tacchino panate).
Pare che il nome venga da cutelèta, forma dialettale del termine costoletta: la pronuncia più dolce senza la “s” si ispira al francese côtelette. Ma il termine così com’è può essere troppo vago; a testimoniare quanto questo piatto sia amato in tutta la penisola, proviamo a vedere quante versioni ne esistono: c’è la cotoletta alla milanese - capostipite riconosciuta – ma anche quella alla bolognese o “petroniana; quella “alla palermitana” (conosciuta anche come alla messinese), quella “alla catanese” e infine quella viennese - la famosa Wiener Schnitzel. Dagli anni ’80 in poi, inoltre, un posto se lo è conquistato la scenografica e sottile “orecchio di elefante”.
Ma quali sono le differenze? La panatura? O i tagli di carne utilizzati? La cottura? Facciamo ordine:
La Milanese doc: per tradizione per la cotoletta alla milanese si usa la costoletta di vitello, alta circa 2 cm e con l’osso, ricavata dalla parte centrale del carré. Per alcuni l’osso è facoltativo, per i puristi è obbligatorio.
Ricordate di raschiare il grasso che ricopre l’osso per evitare che bruci, staccare il tessuto connettivo sottostante e tagliuzzare con le forbici il bordo in 3-4 punti, per evitare che la fetta si arricci in cottura.
Bucate la carne con i rebbi della forchetta, la cotoletta risulterà più croccante.
Lavorate una cotoletta per volta, passandola prima nell’uovo sbattuto dai due lati, lasciandola sgocciolare poi e infine pressandola bene nel pangrattato, per ottenere una copertura golosa.
Per friggere si dovrebbe usare solo abbondante burro, aggiungendone, se occorre, e pulendo la padella tra una cotoletta e l’altra. Conviene utilizzare burro chiarificato, per alzare il punto di fumo: così brucerà meno facilmente.
Alla scuola tradizionale che chiama “cotoletta” solo la fetta di carré alta esattamente come l’osso e mai battuta, si è affiancata da una trentina d’anni una seconda corrente modaiola che la vuole battuta fino a farla diventare larga e molto sottile: et voilà, la famosa cotoletta a “orecchio di elefante”. Disprezzata dai nostalgici, in realtà non è male, specie se servita anch’essa con l’osso e a patto che non sia “vestita” di rucola e pomodorini, che ammollano la panatura e fanno tanto anni ’80. Le operazioni di panatura e cottura sono quelle della milanese classica, compreso il taglio ai bordi per evitare l’arricciatura.
La Wiener Schnitzel: può essere sia di vitello sia di maiale (che si chiama Wiener Schnitzel vom Schwein). È senz’osso ed è tagliata sottile. Originariamente non è fritta nel burro ma nello strutto. È servita sempre con uno spicchio di limone da spremere sulla panatura ancora calda.
Per la cotoletta alla bolognese (detta anche Petroniana) si utilizzano fesa, noce o sotto noce di vitello. Si impanano le fette come per la milanese e si cuociono nel burro fino a doratura raggiunta. Ma non finisce qui: le cotolette a questo punto vengono messe nei piatti individuali, poi coperte da una fetta di prosciutto crudo e infine da scaglie parmigiano reggiano, che verranno sciolte da una mestolata di brodo bollente. Una volta sciolto il formaggio, si completa la Petroniana con lamelle di tartufo e si serve.
La cotoletta alla palermitana o messinese si differenza su diversi punti. Prevede fettine di carne di vitello o petto di pollo che vengono prima unte con olio e poi impanate – senza uova! - in un mix di pangrattato e pecorino romano grattugiato aromatizzato con un trito di prezzemolo, aglio ed erba cipollina. Le fettine abbondantemente panate vengono poi cotte al forno sulla placca coperta di carta forno e leggermente unta. Prima di servire, spolverizzatele con scorzetta di limone grattugiata. Talvolta vengono cotte alla piastra.
La cotoletta alla catanese (apparentemente in Sicilia hanno un debole per le cotolette) si prepara lasciando marinare fettine di scamone di vitello in aceto di vino e olio extravergine di oliva per pochi minuti; una volta ben sgocciolate dalla marinata, le fettine vengono prima pressate in pecorino al pepe grattugiato e poi passate nell’uovo sbattuto. Infine, la carne viene panata in pangrattato aromatizzato con prezzemolo e aglio tritati e fritta in abbondante olio, fino a dorarsi.
Ma cuocere e servire la cotoletta perfetta non è un’operazione immediata e facile come sembrerebbe.
Le mosse giuste
1_per una migliore aderenza della panatura, conviene spolverare leggermente la cotoletta di farina, prima di passarla nell’uovo sbattuto con poco pepe ma non sale: il sale, infatti, fa uscire l’umidità dalla carne e così danneggia la panatura che rischierà di staccarsi.
2_per la panatura si dovrebbe utilizzare la mollica di fette di pancarré fresco (no crosta) spezzettate, tostate e infine sminuzzate finemente, oppure pane raffermo grattugiato o tritato. È meglio preparare la panatura al momento.
3_se la vostra cotoletta è alta, panate bene anche il bordo e l’osso.
4_utilizzate una padella dai bordi alti, preferibilmente di ferro.
4_utilizzate delle pinze da cucina per girare la cotoletta, così da non rompere la panatura. Monitorate sempre la fiamma per evitare che sia troppo alta e bruci il pane. Se la cotoletta ha l’osso, ricordate di versare più volte con un cucchiaino olio bollente sulla carne vicino all’osso, più spessa del resto e spesso non ben cotta.
5_tra una cotoletta e l’altra, schiumate il burro ed eliminate le briciole di pangrattato.
6_sgocciolate la cotoletta su diversi fogli di carta da cucina, premendola bene: la cotoletta eccellente dev’essere asciutta. Salatela solo al momento di servirla, anche se la preparate in anticipo.
Tra parentesi, la disputa tra la milanese e la viennese è stata risolta con il ritrovamento di documenti del 1134, già citati da Pietro Verri nella sua ‘Storia di Milano’, che riportano tra i piatti serviti a una cena solenne offerta dall’Abate della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano ai suoi canonici le “lombos cum panitio”, ovvero lombata di vitello impanata. Queste carte sono oggi esposte al pubblico all'interno dei locali adiacenti alla Basilica, con buona pace della Wiener Schnitzel…
Francesca Tagliabue
maggio 2017