E’ molto conosciuto nel nord Italia, soprattutto nel triveneto, come condimento o ingrediente principale di salse famose, quali ad esempio l'omonima “salsa cren”, ma viene apprezzato anche in altre cucine, come quella ungherese, tedesca, ebraica, per il sapore deciso e la capacità di arricchire altre pietanze.
Parliamo del rafano, ovvero l'Armoracia rusticana, chiamato anche barbaforte o cren, pianta della famiglia delle Brassicaceae (come i cavoli e la rucola), la cui radice è molto preziosa per la sua particolare composizione, ricca di sostanze utili per combattere numerosi disturbi di salute (un po' come la senape).
Approfondiscono la dottoressa Francesca Spiga e la dottoressa Raffaella Melani, biologhe nutrizioniste, colleghe per il progetto Cucine in Sincrono “Va sottolineato che il rafano, benché spesso assimilato erroneamente alla pianta giapponese Wasabia japonica, a cui viene miscelata per preparare la famosa salsa wasabi per il sushi, appartiene a una specie differente. E’ ricco di vitamina C, con un forte potere antiossidante (infatti in passato veniva utilizzato per combattere lo scorbuto) e di flavonoidi, tra cui la quercetina, nota per la sua capacità antinfiammatoria. Alcuni studi ne hanno messo in evidenza un meccanismo d'azione antinfiammatorio simile a quello dei farmaci non steroidei come ibuprofene o l'acido acetilsalicilico, seppur in misura di gran lunga minore. Per questa attività, è efficace in caso di dolori reumatici o di strappi muscolari”.
Ma tra le virtù del rafano sono da evidenziare anche proprietà antibatteriche, che, come spiegano Spiga e Melani “derivano dall’isotiocianato di allilecomposto, una molecola fortemente irritante che prende origine dalla sinigrina (regolatore anche della pressione arteriosa) la componente responsabile del sapore forte e pungente. Ecco perché la radice di rafano viene utilizzata per trattare infezioni batteriche del tratto respiratorio come sinusiti e bronchiti, sindromi influenzali e malanni di stagione, infezioni della vescica urinaria, tanto da essere conosciuto anche come “penicillina del giardino”.
Infine è dotato di effetti analgesici, detossinanti, diuretici, e, come tutti gli alimenti particolarmente piccanti, ha proprietà digestive (come l'aneto) perché stimola la produzione di succhi gastrici e la produzione di bile (per questo è da evitare in caso di gastrite, ulcera, reflusso gastroesofageo e va consumato comunque in quantità moderate).
E adesso qualche idea per utilizzarlo in cucina. Suggeriscono Spiga e Melani “Il suo sapore molto forte, piccante e bruciante è un ottimo accompagnamento per per piatti a base di uova, pesce o carne (in particolare col bollito). Un ottimo modo per apprezzarlo è anche sui crostini, con il burro, conosciuto a Trieste come il “butiro col cren”. Tuttavia, una volta grattugiato è meglio utilizzarlo subito, poiché per il suo forte potere antiossidante, tende ad annerirsi velocemente a contatto con l’aria.
Elisa Nata
maggio 2018