Con le coste rosse di questa pianta poco nota si preparano tante ricette dolci e salate. Da riscoprire insieme alle sue qualità digestive e alla sua storia antica e ricca di misteri
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Il rabarbaro È il breve tempo del rabarbaro. Quello in cui le ampie foglie verdi venate di viola ornano con ricchi cespugli selvaggi gli angoli di orti e giardini, per pochi fugaci settimane. Il tempo in cui, scartate le foglie tossiche (hanno un alto contenuto di ossalati) si cucinano le coste rosse dal gusto dolce acidulo.
Gli usi in cucina In cucina entrano i gambi e rimangono accuratamente fuori le foglie. Dai fusti si ricavano confetture e composte ormai divenute un classico. Ma, privati dei filamenti che somigliano a quelli del sedano, i gambi danno soddisfazioni nelle ricette salate, reggendo il confronto con carni saporite come quella di maiale e pesci di personalità come il salmone. E la loro nota delicata permette di accostarli anche ai formaggi freschi. Quelli coltivati al buio con la tecnica della forzatura sono quasi dolci e tenerissimi, deliziosi da mangiare crudi.
Il rabarbaro si spende bene anche in confetture, liquori, digestivi e in un ottimo centrifugato, ingrediente perfetto di drink rinfrescanti.
Interprete di dolci caratteristici, il rabarbaro si accompagna a meraviglia con i frutti rossi (fragole e lamponi) in tarte, crumble e dessert al cucchiaio di suggestione anglosassone (ricette notevoli si annoverano tra Gran Bretagna e Australia). Si sposa con albicocche e spezie (zenzero, anice stellato, vaniglia) e si può accostare anche alla carne di vitello, maiale o al pesce… In piccole quantità può arricchire con il suo tocco stuzzicante un curry o una salsa piccante.
Proprietà e benefici Per secoli gli europei si sono curati con quella che chiamavano “radice dei barbari”: bevevano decotti e preparavano impiastri cuocendo un rizoma che arrivava dalla Cina e dal Tibet, lungo le vie della seta, ridotto in pezzetti o in polvere, avendo riconosciuto le sue ottime funzioni digestive e proprietà lassative (in particolare le radici, che hanno un uso tradizionale in erboristeria) ancor prima di averne scoperto i possibili usi in cucina.
L’importazione della pianta fresca, sconosciuta in Europa fino al Settecento, sembra si debba a Caterina II di Russia. La sua diffusione sui nostri territori è comunque piuttosto limitata, riservata soprattutto al Nord Europa (il rabarbaro ama climi freschi) o agli orti di montagna (perfetti quelli sopra gli 800 metri). Tra maggio e giugno si acquista sulle bancarelle dei mercati,e oggi anche in alcuni supermercati. Incontrarlo non è scontato: per questo, non bisogna lasiarselo sfuggire.
Come pulirlo Per pulire il rabarbaro, eliminate la base e le foglie da ciascuna costola.
Poi, aiutandovi con un coltellino, asportate i filamenti fibrosi che le ricoprono.
A seconda della ricetta le costole vanno tagliate a tocchetti di 2-4 cm di lunghezza. All’acquisto, controllate che le costole siano sode e rigide.