Parafrasando un film capolavoro di Franco Zeffirelli – siamo nel centenario della nascita – si può dire che ogni giorno incontriamo a tavola e in cucina fratello Grana e sorella Birra. Raramente facciamo caso a quanto i conventi abbiano influenzato e in larga parte costituito la cucina italiana e quanti dei prodotti che oggi consideriamo eccellenze del nostro agroalimentare si debbano alla sapienza monastica. Secoli e secoli di refettorio hanno stratificato un immenso ricettario, millenni di coltivazione intesa come ode al Creato hanno offerto prodotti agricoli di assoluta qualità.
La storia (ri)parte con Benedetto da Norcia. Nella regola dettata nel 543 d.C. sono ben otto i capitoli dedicati al cibo e si stabiliscono tre capisaldi della nostra cultura gastronomica: consumare i pasti insieme è costruire la comunità; agli ospiti, ai fanciulli e agli infermi è riservato il meglio; il giusto nutrimento è lode al Signore. Il luogo comune del monaco eremita che si nutre di ciò che
trova, rifugge la carne e prega col digiuno è smentito dallo stesso San Benedetto: il divieto di far cucinare ad altri consolida nei conventi l’abilità culinaria. Che diventa prerogativa soprattutto delle suore: creano i gioielli assoluti di pasticceria. La sfogliatella napoletana origina dal monastero di Santa Rosa tra Furore e Conca dei Marini, il cannolo siciliano è opera delle monache di Santa Maria a Monte Oliveto di Palermo, così come la frutta martorana ha origine conventuale. Le suore del convento della Martorana in occasione di una visita del Papa trovando il loro giardino spoglio di frutti le riprodussero impastando farina di mandorle. Le suore sono state capaci di autoironia: hanno creato le Ninne delle Monache. Arrivano dal convento di Santa Chiara di Altamura, si perfezionano a Guardiagrele, diventano un emblema anche se con ricetta diversa a Catania dove i minnuzzi di Sant’Agata sono l’evoluzione di una ricetta del monastero delle Vergini di Palermo. Dal Serpe di Falerone ai funghetti del Piceno ogni convento ha il suo biscotto. Al punto che l’abate Giovanni Meli (siamo nel ‘700) dedica un’ode alle pasticcere velate: “Li cosi duci di li batii”. Ma non di solo dolce vive l’uomo.
Così dai ricettari delle suore emergono piatti di tradizione come i “Taglioni di Monaca”, piatto diventato ubiquitario, ma che ha la sua consacrazione nello Scalco alla Moderna di Antonio Latini – siamo nella Napoli di fine ‘600 – dove c’è anche la prima ricetta col pomodoro. Uno studio recente ha rivelato che la maionese è stata creata dalle suore del Corpus Domini di Cremona; in un
loro ricettario di fine ‘400 si trova scritto: ”mena, rimena et zangola l’ovo, giuntando a poco a poco oleo col cucchiaro et poco vinagro sì da avere una crema delicata…” A dire dell’influenza dei conventi sulla cucina è una ricetta dei frati Cappuccini di Verona (in realtà diffusa in tutto il Nord-Est); è appunto il baccalà alla Cappuccina. Il baccalà e lo stoccafisso diventano il pesce di magro dei cattolici (così si spiega perché tanto se ne consumi in Spagna, Italia e Portogallo) perché durante il Concilio di Trento alla ricerca di un piatto che si distinguesse dall’aringa dei protestanti (Lutero ne era ghiotto e officiava colpesce conservato le cene per suoi apostoli) il vescovo Colao Magno magnifica questi pesci bastoni delle sue isole e i padri conciliari lo elevano a cibo di Quaresima. Questo è
solo uno dei doni dei conventi. Il Grana padano (come il Parmigiano) nasce a fine XII secolo perché i monaci cistercensi di Chiaravalle hanno necessità di conservare il latte, così la birra, e i vini (si pensi all’Abbazia di Novacella che vinifica dl 1142) indispensabili per celebrare messa. San Benedetto raccomandava di piantare un ulivo e una vite a ogni monaco ed è così che il vino è salito nel Nord-Europa. Del pari gli amari nascono dall’infinita sapienza erboristica dei monaci (un nome? La Charteuse) e così i dolci col miele, i salumi e le confetture. Perché uno dei precetti sacri dei conventi era: non sprecare. Più moderni di così?
Mangiare e acquistare in monasteri e conventi
L’"ora et labora" della regola benedettina, con i lavori (soprattutto) agricoli che scandiscono le giornate accanto alle preghiere, trova interessanti applicazioni gastronomiche in conventi e monasteri di tutta la Penisola e di ogni ordine religioso. Dalle piccole produzioni artigianali con cui frati e monache sostengono le proprie microeconomie alle realtà più strutturate, sono tante le specialità frutto di ricette antiche e usanze secolari. Se nell’abbazia di Chiaravalle, fuori Milano – un tempo fiorente azienda agricola con allevamento e caseificio – nacque la “ricetta” del Grana Padano, sono molto rinomati i dolci conventuali della tradizione siciliana: cassatine, frutta martorana ma anche preparazioni dai nomi “peccaminosi” come minne di vergine (dolcetti di frolla ripieni di zuccata, crema e cioccolato, nati nel monastero di S. Maria del Bosco di Sambuca) o fedde del cancelliere (involucri di pasta di mandorle ripieni di biancomangiare e confettura di albicocche, la cui forma ricorda delle natiche), a lungo considerati doni preziosi per personaggi d’alto rango: se ne trova una bella rappresentanza alla Dolceria del Convento di Santa Caterina a Palermo, oggi polo museale gestito da una cooperativa. Molto apprezzata è la tradizione liquoristica dovuta alla sapienza erboristica di frati e monaci. Nelle “spezierie” erbe, bacche e radici alla base di rimedi e medicamenti hanno dato origine a liquori, tonici e rosoli ricercati anche dalla mixology contemporanea: dal Gin Dry dell’Abbazia di Vallombrosa, prodotto con le bacche di ginepro dell'appennino toscano, al profumato amaro benedettino di Cascinazza. Nelle abbazie trappiste del Belgio sono nate le famose birre (solitamente in stile belga, ad alta fermentazione e dal gusto rotondo) che oggi secondo un rigido disciplinare possono essere prodotte in tredici monasteri del mondo, tra cui quello delle Tre Fontane a Roma. Alcune comunità accolgono chi è in cerca di pace e silenzio per brevi periodi di ritiro, offrendo ospitalità spartana nelle foresterie e condividendo pasti e preghiere; mentre alcune strutture – come i santuari meta di pellegrinaggio – hanno al loro interno veri e propri ristoranti, anche gestiti da laici. E non si rifugge la modernità: se spesso sono presenti botteghe e spacci dove fare compere, i più attrezzati hanno pure e-shop per ordini online; in alternativa ci sono alcuni siti che ne raccolgono le proposte, come bottegadelmonastero.it o terraincielo.it.
Indirizzi
Abbazia di Novacella
Via Abbazia, 1, Novacella – Varna (BZ)
www.abbazianovacella.it
In attività fin dalla fondazione dell’abbazia dei Canonici Agostiniani nel 1142 (che oggi ospita anche un convitto, una biblioteca, un museo, un giardino storico e un centro convegni) la cantina produce eccellenti vini bianchi e rossi in vendita presso il negozio interno (insieme a oli essenziali, succhi di frutta, miele, tisane, grappe e prodotti di cosmesi e benessere) dove si possono fare degustazioni da accompagnare con merende tirolesi e specialità locali.
Monastero delle Clarisse di Porto Maurizio
Via santa Chiara, 9 – Imperia (IM)
www.federazioneclarisse.com
Un piccolo gruppo di suore di clausura realizza ostie per la messa e marmellate di agrumi, acquistabili su offerta. Con la loro ricetta anche l’azienda Frantoio di Sant’Agata d’Oneglia – le cui titolari Cristiana e Serena Mela sono sorelle di una delle Clarisse – produce deliziose marmellate di limoni, arance e arance amare. Si offre anche ospitalità a chi è in cerca di raccoglimento spirituale.
Osteria Marinara A’ Lanterna
Via Milano, 134 r – Genova (GE)
Diramazione culinaria della Comunità San Benedetto al Porto fondata dallo scomparso Don Andrea Gallo, “prete partigiano” dedito alle cause degli ultimi e ai giovani, il ristorante genovese propone una gustosa cucina a base di pesce fresco e ricette della tradizione marinara. Qualche esempio? Acciughe marinate con cipolla rossa, spaghetti con arselle e pomodorini, filetto di branzino fresco sfilettato con verdure di stagione.
Monastero di Santa Maria in Chiaravalle
Via Sant'Arialdo, 102 – Milano (MI)
www.monasterochiaravalle.it
L’abbazia ospita un mulino medievale, una fornita bottega che vende prodotti monastici locali e non solo (birre trappiste, vini, dolci, mieli, conserve, tisane) e un ristoro che propone anche degustazioni di Grana Padano in stagionature rare: un tempo fiorente azienda agricola, proprio qui nacque il famoso formaggio oggi Dop. È in progetto anche la realizzazione di un Hortus Conclusus, orto monastico comunitario ricco di biodiversità.
Monastero dei SS Pietro e Paolo a Cascinazza
Loc. Cascinazza – Buccinasco (MI)
www.prodotticascinazza.it
All’interno del Parco agricolo Sud, dal 1971 la comunità monastica benedettina si è insediata in un tipico cascinale lombardo ristrutturato dando vita a un’azienda agricola: qui ad esempio nel 2008 è nato il primo microbirrificio italiano gestito interamente da monaci (che non rientra però nel novero trappista). Ma si realizzano anche miele (millefiori, acacia, rovo, tiglio, ailanto) e idromele, mentre le erbe officinali sono alla base di un eccellente amaro.
Monastero di Bose
Via Bose, 1 – Magnano (BI)
www.monasterodibose.it
Fondata negli anni Sessanta da Enzo Bianchi nella serra morenica di Ivrea, Bose è una comunità di monaci e monache appartenenti a chiese cristiane diverse. Le attività quotidiane sono dettate dal Vangelo ed è possibile unirsi alle preghiere. Si offre ospitalità spirituale per uno o più giorni. Inoltre, si producono oggetti di artigianato e miele, olio, tisane, vino, prodotti da forno e buonissime marmellate e confetture.
Sacro Monte di Crea
Serralunga di Crea (AL)
www.santuari.it
In cima a un’altura del Monferrato, il santuario della Madonna di Crea fu fondato nel 1589 su iniziativa del priore Costantino Massino inserendolo tra i nove “sacri monti” di Lombardia e Piemonte. Importante meta di pellegrinaggio mariano, custodisce oggi dieci cappelle e romitori. In loco c’è anche il Ristorante di Crea, dalla gestione laica, che propone cucina monferrina e nella Grinolinoteca raccoglie la produzione enologica locale.
Abbazia di Praglia
Via Abbazia di Praglia, 16 – Teolo (PD)
www.praglia.it
Bella abbazia benedettina di cui si visitano chiesa, chiostri, sala del capitolo e l’antico refettorio monumentale, ha anche un fornito negozio dove si possono acquistare i prodotti dei monaci: vini in primis, dai dieci ettari di vigneto interamente a denominazione di origine controllata Colli Euganei, ma anche caramelle e frutta candita, miele e dolci, tisane e infusi, olio extravergine d’oliva, liquori, rimedi naturali, libri e biscotti.
Hospitale di San Giovanni
Piazza S. Giovanni, 11, San Tomaso di Majano (UD)
www.hospitalesangiovanni.wordpress.com
Lungo la Romea Strata, itinerario di pellegrinaggio che attraversa l’Europa Centro-orientale per arrivare a Roma, un antico hospitale (struttura di accoglienza) creato alla fine del XII secolo dai cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (poi divenuti cavalieri di Malta), è stato acquisto dal Comune e rimesso a nuovo per ospitare moderni camminatori in camerate semplici ma accoglienti. Si organizzano anche eventi e incontri culturali.
Abbazia di Chiaravalle della Colomba
Via San Bernardo – Chiaravalle della Colomba, Alseno (PC)
www.chiaravalledellacolomba.it
L’antica abbazia cistercense nacque anch’essa dall’attività di San Bernardo e dalla donazione di terre da parte del vescovo di Piacenza, Arduino. Famosa per l’infiorata del Corpus Domini e per la festa di San Bernardo in agosto, ospita nell’ex dormitorio un museo con un presepe artistico animato, e l’interessante liquoreria dove si possono acquistare rimedi per la salute di fattura artigianale e il rinomato Centerbe.
Abbazia di Vallombrosa
Via San Benedetto, 2 – Vallombrosa, Reggello (FI)
www.monaci.org
In una grande foresta a poca distanza da Firenze, l’Abbazia – che custodisce anche importanti opere d’arte – ospita una comunità monastica che osserva la regola di San Benedetto tra silenzio, preghiere e lavoro. Oltre a una programmazione culturale e musicale aperta agli esterni e a ritiri spirituali, nella liquoreria si producono rinomati spiriti a base di erbe dalle proprietà aromatiche e digestive, a cominciare dal Dry Gin Vallombrosa.
Abbazia di Monte Oliveto Maggiore
Loc. Monte Oliveto Maggiore – Asciano (SI)
www.monteolivetomaggiore.it
Fondato nel 1313 da una congregazione di Olivetani, il complesso benedettino ospita il refettorio trecentesco e un’azienda di agricoltura integrata: si coltivano soprattutto cereali e legumi e ci sono anche le tartufaie mentre nelle cantine – quella storica e quella di Bollano – si producono vini da acquistare o assaggiare in loco assieme a olio e altri prodotti tipici. Nelle vicinanze ci sono alloggi agrituristici in poderi e casali gestiti dal monastero.
Monastero dell’Incarnazione di Siloe
Strada San Benedetto, 1 – Poggi del Sasso (GR)
www.monasterodisiloe.it
Il moderno monastero di Siloe, nella campagna grossetana, ospita una comunità monastica raccolta attorno a principi di etica ambientale, accoglienza e preghiera, dedita ai lavori nei campi secondo i criteri della agricoltura biologica. Si producono olio extravergine e olive da mensa, miele, peperoncini, zafferano, tisane di foglie d’olivo, cereali e conserve, acquistabili contattando i monaci. Si offre ospitalità spirituale nella foresteria.
Abbazia Tre Fontane Roma
Via Acque Salvie, 1 – Roma (RM)
www.abbaziatrefontane.it
Monastero contemplativo entro il Grande Raccordo Anulare, nel luogo del martirio di San Paolo, riunisce la piccola comunità trappista locale e alcune monache provenienti dai monasteri di Vitorchiano. Oltre a tre diverse chiese, nel negozio sono in vendita i prodotti del lavoro monastico: le rinomate birre trappiste ma anche olio extravergine, miele, liquori e cioccolato, oltre ad altri prodotti (marmellate, biscotti, formaggi, vini, legumi) di altri monasteri.
Ristorante L’Eau Vive
Via Monterone, 85 - Roma (RM)
www.restaurant-eauvive.it
A due passi dal Pantheon, è la sede capitolina – in attività da oltre cinquant’anni – del progetto di ristorazione gestito da suore francesi e nato in Burkina Faso. Le Lavoratrici Missionarie dell’Immacolata cucinano specialità francesi classiche – dalla zuppa di cipolle gratinata alla faraona – e qualche proposta italiana o internazionale inclusi antipasti e insalate, con un menu settimanale, e intrattengono gli ospiti con canti e danze.
Monastero Trappiste di Vitorchiano
Via della Stazione, 23 – Vitorchiano (VT)
www.trappistevitorchiano.it
Dal 1957 la comunità di monache trappiste che viveva a Grottaferrata dal 1898 si è trasferita nel monastero viterbese di Nostra Signora di S. Giuseppe, circondato da terreni coltivabili, da cui sono poi nate altre comunità in Italia e all’estero. Dedite a lavori agricoli e a produzioni gastronomiche, le monache sono famose soprattutto per le confetture, marmellate e composte ma producono anche vino e olio extravergine d’oliva.
Abbazia Santa Maria di Farfa
Via del Monastero, 1 – Fara in Sabina (RI)
www.abbaziadifarfa.it
Abbazia benedettina nel cuore della Sabina, fu un importante centro culturale e di conservazione e diffusione di pratiche agricole legate soprattutto all’olivicoltura. Il complesso – che si visita con la guida dei monaci – annovera anche un bel parco, il borgo antico e strutture di accoglienza ideali per soggiorni di relax. Numerosi prodotti monastici sono in vendita presso l’erboristeria, mentre la Taverna del Monaco propone menu semplici ma gustosi.
Monastero di Santa Caterina d’Alessandria
Piazza Bellini, 1 – Palermo
Antico monastero palermitano, dal 1311 fino al 2014 ha accolto suore di clausura domenicane. Da sempre rinomato per la produzione di deliziosi dolci ma rimasto vuoto, dal 2017 è stato trasformato in museo dell’arte sacra. Ha così riaperto anche la Dolceria, dove si preparano antiche ricette dei conventi dell’isola: dalla frutta martorana alle cassate al forno, dalle minne delle vergini al “Trionfo di gola” citato nel Gattopardo.
Carlo Cambi e Luciana Squadrilli (mangiare e acquistare)
marzo 2023