Ne incontrate uno mai visto prima: talvolta basta il nome per darci un’idea di che si tratta, perché in cucina spesso l’appellativo di un piatto ne rivela le caratteristiche. Ecco i più diffusi in gastronomia
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È tutto in un nome. Sebbene William Shakespeare nel 1594 dichiarasse nel suo Romeo e Giulietta che “Una rosa con qualsiasi altro nome avrebbe un profumo altrettanto dolce”, in cucina spesso l’appellativo di un piatto vuole rivelarne le caratteristiche, lo personalizza, ci aiuta a comprenderne la ricetta. Esistono, infatti, determinate preparazioni, soprattutto della gastronomia tradizionale e classica, il cui nome appartiene a una particolare terminologia, universalmente riconosciuta. Vediamo quali.
Alcune denominazioni rispondono a unlessico geografico Se si parla di una preparazione “all’americana”, abitualmente ci si aspetta dei crostacei, di solito astice o aragosta, a causa di un famoso – e laborioso - piatto di Julia Child, l’homard à l'àmericaine. Se invece leggiamo “alla bolognese”, il ragù o comunque un sugo a base di carne sarà sicuramente uno degli elementi del piatto, ma anche prosciutto; lasagne e tagliatelle vengono alla mente, ma non solo. Localizzato anche “alla valdostana”, che promette la fontina. Se la vivanda è “alla parmigiana”, sicuramente il famosissimo formaggio sarà tra gli ingredienti principi; varie specialità “alla parigina” garantiranno una certa raffinatezza, complessità e sfarzo (foto sopra, gnocchi alla parigina). Una pietanza “alla piemontese” sarà probabilmente una specialità a base di riso (in particolar modo se c’è la presenza anche di tartufo); se è un dolce, ci saranno probabilmente cioccolato e nocciole (queste ultime le troviamo anche nel primi e nei secondi piatti). Una preparazione “alla greca” suggerirà la fragranza del limone (foto sotto, avgolémono, zuppa al limone greca) e delle erbe aromatiche, di olio e olive; se dolce, yogurt e miele.
La complessità dei francesi Un piatto à la bourguignonne, cioè "alla maniera di Borgogna", nel caso di manzo o pollo avrà come elemento caratterizzante l'utilizzo, in cottura, dell’omonimo vino rosso (boeuf bourguignon, foto sotto). Nel caso della fondue bourguignonne, il nome invece si rifà ai cubetti di carne, simili a quelli utilizzati nel boeuf bourguignon. Se si tratta di lumache, invece, "alla maniera di Borgogna" (escargots à la bourguignonne) significa servite con una crema di burro aromatizzata all'aglio e prezzemolo.
Insospettabilmente geografica anche l’origine del termine “in bellavista”: si dice che la marchesa di Pompadour, amante di Luigi XIV di Francia, il Re Sole, lo ricevesse nel proprio Castello di Bellevue (bella vista in francese) dove lo seduceva anche con le sue doti culinarie. Al re venivano serviti direttamente dalla bella marchesa medaglioni di pesce o carne, decorati con maionese, uova sode, dadini di tartufo e verdure intagliate, ricoperti di gelatina seducentemente trasparente: una presentazione sontuosa che anche oggi chiamiamo “in bellavista” (vedi foto di apertura).
Appellativi di piatti che si rifanno a personaggi storici Otto von Bismarck (1815-1898), primo cancelliere dell'Impero tedesco, amava la bistecca sormontata da un uovo fritto, pietanza che prese il suo nome. Oggi, preparazioni “alla Bismark” invariabilmente comprendono un uovo, solitamente quello che noi chiamiamo “all’occhio di bue” (nessun riferimento a Otto von Bismarck. Foto sopra, hamburgher alla Bismark). Carne per Gioacchino Rossini, famoso compositore d’opera e buongustaio ottocentesco: sembra che i sontuosi tournedos alla Rossini (foto sotto) gli furono dedicati addirittura da Marie-Antonin Carême, il cuoco dei re; conseguentemente, vivande “alla Rossini” saranno caratterizzate da una ricchezza di ingredienti, probabilmente foie gras e tartufi.
Decisamente più cupa la storia della tagliata e del filetto “alla Robespierre”: si intende un taglio di carne tagliato alto, cotto in modo che arrostisca all'esterno ma si mantenga al sangue all'interno. La carne viene profumata con aglio, rosmarino e pepe verde, che pare si trovassero nella cesta dove cadde la sua testa quando fu ghigliottinato. Al sangue anche il filetto “alla Voronoff”, inventato dal chirurgo Samuel (Serge) Voronoff, vissuto tra il 1866 e il 1955, la cui ambizione era di trovare un elisir di lunga vita e… potenza per la popolazione maschile.
Quando c’è fantasia: denominazioni all’italiana Si devono all’estro popolare di cuochi e massaie alcuni appellativi che vogliono scherzare senza prendersi sul serio: i piatti “alla capricciosa" conterranno verdure sott'olio o sott'aceto, per regalare extra gusto. Se la pietanza è "alla diavola" si intenderà sia la cottura sulla fiamma, com'è proprio degli Inferi, sia una forte piccantezza data dalla presenza di abbondante peperoncino o spezie simili: qui in fiamme andrà il palato (foto sopra, pollo alla diavola). Pellegrino Artusi nel presentare il pollo alla diavola, ipotizza che la piccantezza porterà chi lo assaggia a mandare al diavolo il cuoco.
Prosaico e meno fantasioso l’appellativo di preparazione “alla boscaiola”: ci saranno sicuramente funghi (foto sopra, clafoutis alla boscaiola). Più complesso il termine “alla cacciatora”: nel Nord del Paese il piatto (spesso di carne) implica cipolla, pomodoro, lardo o pancetta, funghi tra gli ingredienti; nel Centro si usano aceto, aglio e rosmarino. Gli appellativi “alla carrettiera" o "alla paesana” solitamente promettono un piatto rustico e semplice, un primo o un secondo. Se una vivanda è “alla mugnaia” ci saranno farina e burro; se invece si parla di “pizzaiola”, non mancheranno pomodoro, capperi, olive e origano (foto sotto, scaloppine alla pizzaiola). I piatti “alla marinara” saranno poveri di ingredienti, solitamente salsa di pomodoro ed erbe aromatiche; similmente, “alla pescatora” caratterizza la presenza di frutti di mare, sugo di pomodoro, aglio e basilico.
I nomi del cibo possono raccontare tante cose: spesso divertenti, possono essere banali, a volte curiosi. Talvolta basta il nome di un piatto per indovinare di che si tratta, e lasciar andare la fantasia…