Dagli scarti della produzione del cacao si ricava il sapone. L’idea è antica ed è frutto dell’ingegno e della maestria di alcune donne della Costa d’Avorio. Ma oggi è diventato anche un progetto di imprenditoria femminile e i volti delle donne coinvolte sono protagonisti di una mostra fotografica, a Milano.
Nello sguardo delle lavoratrici ivoriane il fotografo Francesco Zizola ha colto la dignità e il coraggio di farsi portatrici di una rivoluzione, grazie a un’attività semplice e quotidiana come è il lavorare, che per le donne ivoriane è ancora raro che corrisponda a una giusta retribuzione.
L’idea della fabbrica del sapone è di Solange N’Guessan, 40 enne africana presidentessa dell’Ucas, Unione cooperativa di San Pedro che raggruppa 18 cooperative rurali della Costa d’Avoio. Parlando di cosa le ha dato l’ispirazione, racconta: “nei volti delle donne ivoriane (in genere non hanno pari diritti: si alzano alle 4 del mattino, si occupano della famiglia e della pulizia della casa e camminano per chilometri e chilometri per l’approvvigionamento dell’acqua e lavorano nelle piantagioni) ho colto la fatica, l’assenza di prospettive e la rassegnazione, ma anche una dignità inestinguibile. Un giorno ho visto un gruppo di donne radunate a preparare l’impasto per fare il sapone” quel rito antico per lei è l'emblema della lotta silenziosa al degrado e alla miseria. Da lì il suo pensiero via via ha preso forma: perché non trasformare una pratica tramandata di generazione in generazione in lavoro organizzato e retribuito?
Come si trasforma il cacao in sapone?
In genere la produzione del sapone funziona così: si raccolgono i gusci che racchiudono le fave di cacao, si lasciano essiccare, si bruciano, poi si pestano fino a ridurli in cenere. La polvere di potassio così ottenuta viene mescolata con olio di palma estratto dai frutti della palma e palmisto, che si ottiene dai semi della palma macinati e pressati. A questo punto si ricava l’impasto del sapone, che viene ancora lavorato e sistemato delle apposite griglie di legno, dove prenderà la forma desiderata.
Con l’aiuto della fabbrica di cioccolato Luigi Zaini S.p.A parte di questo processo è stato meccanizzato: l’azienda italiana ha fornito i macchinari e ha collaborato per avviare una fabbrica sostenibile, che utilizza materiali naturali del luogo. Il sapone prodotto si chiama OlgaZ, dal nome della capostipite della famiglia Zaini, che negli anni '40 portò avanti la sua attività imprenditoriale con determinazione, nonostante le donne a capo di un’impresa all’epoca fossero un’autentica rarità. Per Solange questa figura femminile forte è simbolo di coraggio e autonomia, due concetti che le donne ivoriane hanno tutto il diritto di rivendicare.
Nel fabbricato sorto nei pressi del villaggio di Medoh lavorano un centinaio di donne. La produzione per il momento è in grado di soddisfare solo le richieste delle 5 mila famiglie di coltivatori dei dintorni. Ma, se funzionasse bene, presto potrebbe espandersi, coinvolgendo più persone nella lavorazione e aumentando la produzione. L’obiettivo è di arrivare a coprire il 20 per cento del mercato ivoriano.
Tutto questo è ciò che c’è dietro ai volti delle donne ritratte dal fotografo Francesco Zizola. La sua mostra parla di forza e dignità e si può visitare dal 1° al 17 luglio 2016 presso la Triennale di Milano. il titolo, significativo, è “Le nuove donne del cacao".