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Portavivande termico: comodo e green

News ed EventiConsigli praticiPortavivande termico: comodo e green

Pratico, versatile, bello da vedere, trasforma la pausa pranzo in un momento di vero piacere

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Di solito, più un oggetto è familiare e diffuso, più ha una biografia densa di aneddoti, persone, fatti, luoghi che si intrecciano all'evoluzione degli usi e dei costumi ed evolvono insieme a un pezzo di storia del Paese. Accade così anche per il portavivande, che tutti conosciamo e abbiamo incontrato almeno una volta, se non ogni giorno. Oggetto comunissimo e indispensabile, ci accompagna per i nostri pasti fuori casa.

L'esigenza di trasportare e conservare il cibo è antica e diffusa in tutte le culture: è famoso il bento box, giapponese, scatola in legno laccato divisa in scomparti, e il tiffin carrier indiano, insieme di contenitori in acciaio, tondi e schiacciati, impilati uno sull'altro. In Italia già nel 1833 la gavetta o marmitta faceva parte del corredo militare e serviva per contenere il rancio. Era in ferro battuto, pesantissimo. E infatti venne riprogettata nel 1930 in lamiera d'alluminio, leggera e senza saldature. Negli Anni '50 divenne popolare quella che in dialetto milanese si chiama schiscetta, simbolo delle fabbriche e del lavoro. Fu Renato Caimi (che intervistiamo a pagina 118) ad avere l'intuizione di produrre un contenitore a chiusura ermetica, destinato a contenere il pranzo di operai, impiegati e studenti. All'epoca non c'erano mense aziendali, take away o vending machine. 

Se un tempo portavivande e borracce erano l'unica possibilità per poter consumare un pasto fuori casa, oggi rappresentano un'alternativa green e salutare per la pausa, perché permettono la riduzione del packaging usa e getta e consentono di mangiare cibo sano, preparato nella propria cucina. Colorati e multiformi, sono disponibili in vari materiali. I più diffusi sono certamente l'acciaio e la plastica. Due le caratteristiche principali di questi oggetti: la capacità di conservare il cibo alla stessa temperatura - ossia l'isolamento termico - e la chiusura ermetica. Alla base della prima vi è una scoperta importante, conosciuta come "vaso di Dewar" dal nome del fisico inglese James Dewar che nel 1892 capì per primo come un vaso con due pareti separate da una cavità sottovuoto avrebbe permesso al liquido contenuto all'interno di mantenere la temperatura iniziale più a lungo. Il primo "vaso a vuoto" fu prodotto nel 1904 da un'azienda tedesca, la Thermos, che ne diede quindi per sempre il nome che oggi conosciamo. Sull'intuizione di Dewar si fondano ancora i portavivande e borracce termiche contemporanee che abbinano design moderno all'idea antica del multistrato con sottovuoto. Sono nuovi modelli maneggevoli e leggeri, colorati, high-tech e tutti con l'indispensabile chiusura ermetica. Perfetti come regalo per chi non è indifferente alle tematiche ambientali e pronti a diventare un vero e proprio oggetto di culto.

Martina Liverani
marzo 2023

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