Apparentemente umili ma, al contrario, regali, gloriose, senza alcuna arroganza, le polpette hanno un ruolo privilegiato in tavola fin dai primordi della civiltà. Rappresentano infatti uno dei primi cibi evoluti, seppure di riciclo, fin da quando l'homo sapiens, ormai sazio di carne arrostita, seccata o salata, ha variato la sua alimentazione assaporando cibi più manipolati. Merito della scoperta della terracotta e del tornio del vasaio, che consentivano di modellare recipienti per cuocere e amalgamare verdure, semi, tuberi, cereali, uova di uccelli e rettili, ma anche pezzi di carne ridotti in brandelli con le amigdale di selce. Tutto si poteva impastare per creare un cibo gustoso. Pare che proprio così siano nate le capostipiti delle polpette che, attraverso il tempo, hanno sempre portato in tavola una nota di vivida gioia in ogni loro versione. È però nel De re coquinaria di Marco Gavio Apicio che affiorano le prime tracce scritte della ricetta. L'antico gastronomo ne citò addirittura due: una di carne, con mollica, vino, pinoli e bacche di mirto, e un'altra di calamari, in cui i molluschi vengono pestati con il garum (la salsa Romana preparata con interiora di pesce).
Una polpetta tanti travestimenti
Morbide, sugose, certe volte un po' croccanti, in altri casi rivestite da una leggera impanatura, le polpette accarezzano il palato con i loro preziosi componenti, sia di natura vegetale che di carne o di pesce, vengono stemperate con uova e anche con formaggio, talora con qualche spezia. E non importa se derivano da avanzi di cucina o da ingredienti appositamente amalgamati. Una miriade sono i loro profumi e anche le forme: piccolissime, impiegate soprattutto per guarnire finanziere, savarin e altri piatti di classe, oppure medie e più grandi, in relazione alle abitudini di casa e ai dettami delle ricette utilizzate. Proprio come Fregoli (l'emblematico attore trasformista del secolo scorso) possono assumere i più svariati "travestimenti". Alcune si presentano fritte per stuzzicanti antipasti, altre con il cuore tenero, affogate in deliziose e saporose salse a base soprattutto di pomodoro o in inebrianti intingoli che richiedono l'accoppiamento con il pane. Talvolta, per riuscire più delicate e soffici, si lasciano "corrompere" dalla sensualità della besciamella, ma grazie alla loro accessibilità, sono sempre state amiche dei meno abbienti, offrendosi con ingredienti poveri e riciclati in infinite varianti dalla minima spesa.
Tra alti e bassi
Seppure in penombra, svolgono d'altronde ancora oggi una proficua azione contro gli sperperi, favorendo il risparmio e il riutilizzo delle rimanenze di cucina. Mai, per esempio, disdegnano di unirsi carnalmente con gli avanzi del lesso rimasto dalla pentola della domenica. Pensare che è stato proprio questo spirito filantropico, rivolto al piacere delle classi popolari, la ragione prima della loro rovina. Come gli untori di manzoniana memoria, centri occulti di condizionamento delle masse seminarono nefandezze sul loro conto, un'infamia peggiore della peste, spargendo la voce che queste deliziose leccornie venivano preparate nei ristoranti con i residui della cucina. Fin qui poco male. Veniva a cadere un mito, ma le polpette restavano ugualmente una ghiottoneria. Purtroppo la perfidia umana non trova mai un limite. Così una seconda ondata di nuovi e più astuti impostori propagò una calunnia più ignominiosa: i ristoratori facevano le polpette, non solo con i resti di cucina, bensì con i rimasugli dei piatti dei clienti. Ad insinuarlo fra i primi fu Olindo Guerrini, in servizio alla Biblioteca Universitaria di Bologna, letterato di valore ma anche versatile gastronomo e incorreggibile gaudente, oltre che autore di alcuni testi fondamentali per la storia dell'alimentazione italiana. Nella sua opera più fortunata (L'arte di utilizzare gli avanzi della mensa e risparmiare con gusto), uscita postuma nel 1918, elogiava le polpette fatte in casa, sconsigliando quelle mangiate in trattoria "dove si ha spesso il sospetto che siano messe insieme cogli avanzi buttati sul piatto da avventori sconosciuti e poco puliti". Fu un colpo letale. Fortuna che, mutati i tempi e certe fissazioni incongrue, le polpette hanno recuperato il loro ruolo di protagoniste e oggi si possono gustare con piacere, non solo fra le mura domestiche, ma anche in molti locali depositari della tradizione, facendo dormire sonni tranquilli al buon Guerrini nell'aldilà.
Giancarlo Roversi, scrittore ed esperto di enogastronomia
febbraio 2023