Sapori e tinte di fine estate per un dolce delizioso e di grande effetto: il summer pudding, tutt'altro che una banalità
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Preso così, banalmente, il termine pudding può portare alla mente il budino un po’ triste del Canto di Natale di Charles Dickens come il pranzo della domenica durante le vacanze alla pari in Inghilterra o le grandiose tavolate imbandite nella Hogwarts di Harry Potter.
Tutt’altro che triste Sussurrato oggi dalla voce roca della voluttuosa Nigella Lawson, amatissima e seguitissima star Tv della cucina britannica, il pudding è tutta un’altra cosa. È subito moderno, raffinato, golosamente decadente. Da preparare – il summer Pudding – per sorprendere gli ospiti nelle cene di fine estate.
La prima versione della ricetta compare, secondo gli storici, nel XIX secolo con il nome poco allettante di “budino idropatico“, perché servito come parte della terapia nelle case di cura termale, dove la pasticceria classica, più grassa, era proibita ai residenti. I budini di pane e frutta erano associati a una vita sana e una cucina leggera, ideale per i bambini e per i golosi che non potevano mangiare creme e dolci più ricchi.
L’evoluzione del pudding Questo nome poco attraente per un dessert in realtà favoloso è finalmente parso inadeguato all’inizio del XX secolo, quando la nuova definizione Summer Pudding, ora utilizzata universalmente, è iniziata ad apparire in stampa, per la prima volta nel libro dal modesto titolo Sweets No.6 , edito nel 1902 e firmato da S. Beaty-Pownall, caporedattore della sezione Housewife and Cuisine del quotidiano “Queen Newspaper”, seguito qualche anno dopo dal libro di Florence Petty (1917), “The Pudding Lady’s Recipe Book”.
Le varianti Le varianti della ricetta si sono poi diffuse sull’onda del passaparola, e questo dolce semplice e goloso ha subito conquistato il palato di tutti. Tanto da entrare nel lessico quotidiano. Un detto inglese dice ” the proof of the pudding is in the eating”, cioè la bontà del budino si prova mangiandolo, per sottolineare che quello che conta è il risultato. Quindi, via di cucchiaio e buon appetito.