Il progenitore dello strudel proviene da tempi e terre lontani, in particolare dalle aree dell'Impero Bizantino, oggi identificabili indicativamente con l'attuale Turchia. Questo antico dolce si chiama baklava ed è tutt’ora preparato in Turchia e in Asia Minore, esattamente come si faceva nell'VIII secolo a.C. Il dolce, nato come recupero per le mense contadine, è realizzato con un mix di noci e frutta secca a pezzetti o sbriciolata, miele, pane del giorno prima ammorbidito in un liquore piuttosto forte; il miscuglio è poi chiuso in sfoglie sottili e cotto in forno. E lo strudel? Tutto iniziò nel 1526, quando il sultano Sulayman sconfisse gli Ungheresi aprendo così la via all'espansione dell'impero turco verso il Vecchio Continente. I Turchi, giunti fino alle porte di Vienna – che pur assediata non cadde – si stabilirono nell'Europa Sudorientale, che dominarono per oltre cento anni (1526–1699). Questi territori assorbirono così usi, costumi, religione, tradizioni e abitudini culinarie degli invasori. L'Ungheria, e successivamente l'Austria, conobbero e assaggiarono la baklava (foto sotto), delicato e gustoso dolce di sfoglia arrotolata ripiena, e ne furono conquistati.
In Europa la baklava, pur mantenendo la forma e le basi tecniche, fu comunque modificata secondo i prodotti del territorio di produzione. Nel ripieno entrò dunque la mela (sapevate che è il frutto più usato in cucina e il più diffuso nel mondo?) la cui coltivazione nell’area sotto il dominio dei Turchi era già molto estesa. L'aggiunta delle mele nel ripieno determinò la nascita dello strudel di Vienna (Apfelstrudel, letteralmente “turbinio di mele”, dalla forma a vortice rivelata dalla fetta del dolce), che successivamente si diffuse nelle valli e nelle regioni limitrofe che divennero custodi della nuova ricetta, luoghi che, ieri come oggi, sono uno dei più importanti centri mondiali di produzione di tale frutto.
Lo strudel di mele (foto sotto) in Italia viene infatti tradizionalmente preparato nel Trentino–Alto Adige, nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia, tutti territori che un tempo erano sotto il dominio Austro–Ungarico. La ricetta tradizionale può subire piccole modifiche nei diversi territori, perfino tra valli confinanti, ma non viene mai stravolta nella sostanza.
La pasta da strudel – preparata con una farina molto ricca di glutine, acqua, olio e sale – dovrebbe essere sottilissima, tirata con il dorso delle mani (foto sotto): si deve intravedere in trasparenza il ripieno (è chiamata anche pasta “matta” o “pasta tirata”); più comunemente vengono usate anche la pasta sfoglia, la pasta frolla e talvolta anche la brisée. I puristi dicono che dovrebbe essere così sottile da poterci leggere attraverso il giornale.
L'utilizzo nell’impasto di burro o olio, considerato più neutro, è facoltativo. Il burro – amato dalla cucina austriaca – senza dubbio infonde all'impasto una maggiore fragranza, ma risulta in un minore grado di elasticità e una maggiore friabilità della pasta da strudel, rendendone la lavorazione più difficile perché la sfoglia, quando tirata, si potrebbe strappare nella fase dell'assottigliatura manuale. Per profumare l'impasto si può usare una piccola dose di scorzetta di limone grattugiata. La ricetta può trovare infinite piccole varianti o accorgimenti tecnici tanti quanti sono le valli e le etnie del Trentino–Alto Adige. Lo strudel viene spesso servito accompagnato da cucchiaiate di crema pasticcera o salsa alla vaniglia calde oppure gelato alla panna o alla crema (foto sotto).
La mela che la tradizione vuole per lo strudel è la Renetta, particolarmente profumata e dolce, che ben si presta alla cottura; talvolta viene utilizzata la Golden Delicious, dal gusto altrettanto zuccherino e amabile. Dell’antenata baklava rimangono nell’impasto pinoli, uva sultanina fatta rinvenire in un liquore (che può essere grappa, rum, Calvados), miele e pangrattato o biscotti frantumati al posto del pane, pronti ad assorbire l’acqua rilasciata dalle mele in cottura.
Il grande Gualtiero Marchesi, nella sua ricetta dello strudel, volle mantenere il sapore della tradizione trentina e allo stesso tempo strizzare l’occhio all'origine orientale del dolce, arricchendo l’impasto di profumi e sapori con un pizzico di cannella, anice stellato (facoltativo) e mandorle filettate e tostate (foto sotto), calibrando meravigliosamente il tutto senza stravolgerne l’equilibrio.
Oltra al classico strudel di mele, ci sono molte varianti dolci che utilizzano sfoglie e ripieni diversi e altra frutta - anche se a questo punto dello strudel originale hanno solo la forma e talvolta l’impasto “matto” - come i deliziosi strudel alle castagne; semplice con uvetta e pinoli, alle pere con le mandorle e alle pere con i semi di papavero; alle albicocche disidratate o con i pistacchi, con ricotta, confettura di fichi e pistacchi. Super golosi anche lo strudel alle noci, alle fragole con la ricotta, al cioccolato con le ciliegie. Da provare il profumato strudel al papavero e quello con la mostarda di frutti di bosco, ideale da servire con formaggi freschi a fine pasto.
La forma elegante e la tecnica dello strudel hanno subito conquistato la fantasia, e così le varianti salate sono moltissime e golose: via dunque alle verdure, con le ricette che vedono ripieni solo in verde oppure misti, come quelli di patate e castagne; di provolone, carote, cavolo nero e noci; di porcini con la zucca. Ci sono strudel con i salumi – prosciutto, mozzarella e mandorle oppure cipolle rosse, asiago e Praga - e con la carne, come quello con salsiccia, cipolla, mela e sedano, quello con cavolo cappuccio e maiale affumicato e un classico del recupero, con le carni avanzate. Ce ne sono con il pesce, come lo strudel di branzino con carciofi; quello di mazzancolle, indivia e radicchio e quello di baccalà; c’è anche la ricetta vegana.
Francesca Tagliabue
gennaio 2024