È uno dei piatti di pasta più amati in patria e più conosciuti all’estero, forse il più diffuso dopo la pizza, ma inevitabilmente solleva controversie tra aficionados delle diverse correnti: sì perché ormai le versioni a disposizione di chi cerchi “l’originale” – anche grazie a Internet – si trovano a ogni piè sospinto, e sono spesso molto diverse. La ricetta della carbonara nei libri di cucina appare dopo la Seconda Guerra Mondiale: prima di quell’epoca i piatti della cucina popolare laziale più tipici erano la gricia, l’amatriciana, la cacio e pepe, la cacio e ova. La carbonara, che a guardar bene è una gricia con l’aggiunta dell’uovo, o una cacio e ova con l’aggiunta di guanciale, non ha infatti una vera bibliografia di riferimento.
Le origini
Per alcuni, se si vuole addentrarsi in una ricerca, la pasta alla carbonara deriverebbe da un pasticcio di lasagne "co lo caso e l'ova battute" di cui il nobile napoletano Ippolito Cavalcanti pubblicò la ricetta nella sua Cucina teorico-pratica (1847); secondo altre teorie, il piatto sarebbe stato importato nel Lazio nel secolo scorso dai carbonai umbri (i lavoratori che accatastavano la legna ottenuta dai tagli del bosco e la bruciavano, per farne carbone), da qui il nome. Infine, c’è la storia per cui i soldati americani della Quinta Armata, giunti a Roma nel 1944, avrebbero dato il bacon e le uova in polvere delle razioni militari agli osti della capitale, a corto di ingredienti per via della guerra, in cambio di piatti di pasta veloci e improvvisati. L’abilità culinaria dei romani avrebbe fatto il resto.
La verità è che la paternità di questi spaghetti non è per niente certa, ma noi non ce ne lamentiamo.
I canoni imprescindibili (o quasi)
Tre – anzi quattro - i precetti che dovrebbero essere immutabili: la presenza di uova freschissime, il formaggio pecorino, il guanciale, tanto pepe, macinato al momento.
Qui cominciano ad arrivare le osservazioni dei “puristi”: pecorino sì, ma quello romano, con la scorza nera. Il guanciale bene, ma rigorosamente di Amatrice, come per la matriciana e la gricia, paste “consorelle” della carbonara. Quale tipo di pasta? Sebbene a Roma si preferiscano rigatoni e mezze maniche, quella corretta sarebbero gli spaghetti, quelli grossi (e comunque, la pasta lunga è da preferire).
Le uova usate per la carbonara subiranno solo una cottura rapidissima: è quindi importante che le uova siano freschissime. Ci sono poi esperti che dicono si debbano utilizzare soltanto i tuorli: in realtà molti usano anche gli albumi oppure mescolano tuorli e uova intere. Lo spicchio d’aglio, vestito e schiacciato, ci vuole? Oggi sembrerebbe di no, ma un tempo si usava, al punto che anche la ricetta registrata dall’Accademia della Cucina lo prevede. Infine, l’eresia: la panna, da molti utilizzata per rendere il piatto più cremoso e saporito, non va mai usata, dichiara Anna Gosetti della Salda nelle sue “Ricette Regionali Italiane”, che però nella sua ricetta di pasta alla carbonara usa metà pecorino e metà parmigiano reggiano. Vero è che le preparazioni cambiano continuamente nel tempo: bastano solo piccole variazioni che, alla fine, modificano il piatto, rendendolo più̀ adatto ai gusti odierni. Alcuni vanno sempre rispettati (la freschezza e la temperatura delle uova, il pepe macinato all’ultimo), altri… lasciano spazio alla fantasia.
Cremosa al punto giusto
Per quanto riguarda la pasta alla carbonara, è molto importante che le uova non siano troppo crude e scivolose, ma neanche rapprese. Per un risultato perfetto è necessario portarle alla giusta temperatura. Toglietele dal frigo almeno mezz'ora prima dell'uso, sbattetele con il formaggio e il pepe e poi ponete la ciotola che le contiene nei pressi dei fornelli dove c’è la pentola con acqua della pasta in ebollizione: quando le unirete agli spaghetti ben caldi, si addenseranno quel che basta, rimanendo cremose. Va ricordato che vanno sbattute a parte e poi versate sulla pasta, e non il contrario, per evitare di cuocere l’albume, rapprendendo il condimento.
Purché sia “alla carbonara”
Con questo nome si indicano sia le ricette che prevedono un condimento a base di uova che, a contatto con il calore della pasta (o altro), cuociono, trasformandosi in una crema morbida, sia piatti diversi che ricordano i famosi spaghetti laziali. Per esempio, la polenta alla carbonara (foto sotto) che pare sia anch’essa un cibo dei taglialegna dell’Appennino (i carbonai, appunto): la polenta, talvolta di farina di castagne, veniva cotta in pentolini di rame sul fuoco. Una volta pronta, veniva tagliata con uno spago e condita con lardo e con l'immancabile pecorino. Veniva poi rimessa per qualche minuto sul fuoco per sciogliere dolcemente il grasso e far filare il formaggio.
I pomodori alla carbonara (foto sotto) invece, saranno pomodori ramati cui avrete tolto la calotta, svuotati e sgocciolati. Versatevi le uova sbattute con il pecorino e il pepe, unite il guanciale o la pancetta rosolati a parte e passate tutto in forno a 200° per 20 minuti.
Anche i carciofi alla carbonara (foto sopra) invece, saranno un ottimo contorno. Tagliateli a fettine sottilissime e lasciateli in acqua e limone mentre rosolate il guanciale. Sgocciolateli, uniteli nella padella con il guanciale e poco brodo, sale e pepe e fateli cuocere coperti per 10 minuti circa, togliete il coperchio e proseguite per altri 10 minuti. Spegnete e unite le uova sbattute con il pecorino, mescolate e servite.
A Viareggio e dintorni si propone la carbonara di mare (foto sopra): gli spaghetti vengono conditi con una crema di uova che vede un goccio di panna (eh, sì) e niente formaggio e, al posto del guanciale, cozze, vongole, gamberi e calamari, cotti insieme con uno spicchio di aglio. Cuocete e scolate la pasta, saltatela appena con il pesce rosolato in padella e versatevi, fuori dal fuoco, la crema di uova sbattute con la panna e il pepe. Una profumata di prezzemolo tritato e la carbonara di mare è pronta da servire.
A questo punto non vi resta che sbizzarrirvi con la fantasia e le nostre ricette.
Francesca Tagliabue
settembre 2022