Nel mondo culinario, raviolo può significare molte cose diverse: generalmente si tratta di delicati fagottini di pasta - che può essere con uovo o senza uovo - ripieni di carne, pesce o verdure e poi cotti al vapore o lessati. Diffusi in tutto il mondo, li troviamo nelle case, nelle mense, in trattoria, in occasione di feste, fiere o sagre e, naturalmente, in versione tradizionale o elaborata al ristorante.
La parola “raviolo” descrive dunque parzialmente quella che è una straordinaria varietà di paste ripiene. Questa difficoltà nel trovare una definizione universale (forse dumpling in inglese?) è causata anche dal fatto che questo termine viene usato liberamente per tradurre un lungo elenco di cibi dalle caratteristiche molto simili ma anche identità e vocaboli ben definiti nella lingua del paese da cui provengono.
Cominciamo dall’Italia
Nella patria della pasta, di questi scrigni ripieni di sapore ce ne sono a volontà. Ogni regione è giustamente orgogliosa del ‘suo’ raviolo, in particolare l’area allargata intorno alla pianura padana, dove la pasta ripiena regna sovrana. Oltre ai più generici tortelli, fagotti e fagottini, incontriamo gli agnoli lombardi; gli agnolotti piemontesi, che presentano due differenti varianti, secondo la piegatura della pasta (“gobbi” o “del plin”); gli anolini di Parma e i quasi sconosciuti pagai bardigiani; i balanzoni bolognesi; le caramelle piacentine; i calzoncelli pugliesi e i casoncelli bresciani; i cappellacci ferraresi e i cappelletti modenesi; i caplìt e i caplàz ferraresi (cappelletti che differiscono nel ripieno e nella cottura: in brodo i primi, asciutti i secondi); i culurgiones sardi; i marubini di Cremona; i pansotti liguri; i panzerotti napoletani; i tordelli lucchesi; i tortellini, che con i tortelloni appartengono alla tradizione di Bologna e Modena insieme ma la tecnica differisce (a Bologna i primi si chiudono attorno al mignolo, a Modena attorno all'indice); i tortelli di Mantova. E altri ancora, legati magari a piccole tradizioni culinarie geograficamente di nicchia.
La forma di queste paste ripiene italiane riesce a variare, mantenendo le caratteristiche di uno scrigno contenitore: oltre a involucri rettangolari, di dimensioni piccole o grandi, troviamo fagotti chiusi a fazzoletto (foto sopra), mezzelune, dischi e triangoli pasciuti che si ispirano ai cappelli medievali; anelli che ricordano un ombelico, dove la pasta abbraccia il ripieno e si chiude, talvolta a pizzicotto, come nel plin; alcuni involti possono prendere la forma di una caramella (oltre che il nome), in altri la sfoglia farcita viene schiacciata leggermente; inconfondibile la sagoma a gnocco con la tipica chiusura “a spighita” (a spiga) dei culurgiones. I ripieni variano moltissimo: alcune volte sono legati a occorrenze religiose (cosiddetti di magro) oppure ad antiche ricette di carne (un solo tipo o carni miste o recupero avanzi), pesce, latticini e/o verdure. Non mancano poi spezie, aromi, erbe, perfino mostarda e/o biscotti, come nel caso dei tortelli mantovani, con gli amaretti (foto sotto).
Nel resto del mondo
I raviolo come concetto culinario che vede un ripieno avvolto nella pasta si è sviluppato in modo indipendente in molte parti del mondo attraverso l'uso di ingredienti comuni. Viaggi e scambi commerciali hanno contribuito al trasferimento di determinate forme e combinazioni di gusti da paese a paese e attraverso i continenti.
Per esempio, nel corso del XII secolo ravioli, intesi come un ripieno sigillato tra due sfoglie quadrate di pasta sottile, cominciarono a diffondersi da Genova a Parma e Venezia, e da lì in altre regioni d'Europa, in particolare attraverso Ungheria, Polonia e Boemia. Nel XIII secolo, mentre Marco Polo viaggiava verso Est, i mongoli, guidati da Gengis Khan, viaggiavano verso Ovest attraverso le steppe dell'Asia centrale, conquistando le civiltà vicine e traendo sostentamento da simil-ravioli ripieni di carne di montone, yak e cavallo, lessati su fuochi di campo.
Europa orientale e Asia Centrale
Oggi i manti (foto sopra) sono un piatto tipico delle cucine caucasiche e dell’Asia Centrale, in particolare quelle uzbeka e turca. Ripieni di carne di agnello, cavallo o manzo macinata e speziata, talvolta patate e zucca, vengono bolliti o cotti al vapore e serviti con burro, yogurt, panna acida o salsa di cipolle. In Afghanistan vengono conditi con una salsa di pomodoro. La moderna cucina turca li prepara talvolta con carne di quaglia, pollo o oca e li serve con yogurt e aglio, speziati con pepe rosso e burro fuso. Un filo conduttore di questi scrigni di pasta in tutta l'Asia centrale sono il ripieno di agnello tritato, spesso insaporito con pepe nero e altre spezie, e l'abitudine di ‘annegarli’ con yogurt o latte acido e aglio.
Il pelmeni russo, ripieno di un mix di carni fortemente aromatizzate con pepe nero e spezie non originarie della Russia, corrobora la teoria che questo raviolo abbia avuto origine in Cina e sia stato portato dai mongoli in Siberia, negli Urali e fino all'Anatolia ed Europa orientale.
Altri tipi di ravioli si possono trovare nell'Europa orientale: questi includono l'ucraino varenyky (foto sopra) che deriva il suo nome dal verbo “bollire, cuocere in acqua”: uno dei piatti più tradizionali dell’Ucraina, ha forma triangolare o a mezza luna, con ripieni a base di patate, carne, cavolo, funghi, formaggio fresco molle o bacche.
Conosciuto da molti è il polacco pierogi, grande involucro di pasta farcito, che esiste in varietà salata e anche dolce. I pierogi salati sono tradizionalmente serviti con pancetta affumicata, lardo e/o cipolla saltata in padella; in Russia sono spesso serviti con condimento di panna acida (foto sopra). Diffusi anche in Slovacchia, Bielorussia e Lituania, si servono lessati o fritti. Presenti dal XIII secolo sulle tutte le tavole delle corti polacche, sono tutt’ora molto amati. In versione senza carne, non possono mancare al cenone della Vigilia di Natale in Polonia.
Cina ed Estremo Oriente
In Cina ci sono centinaia di combinazioni di diverse forme, ripieni e ricette di ravioloni, che possono essere raggruppate a grandi linee in tre tipi: wonton, jiaozi e baozi. Senza addentrarsi nelle differenze regionali, generalmente il wonton è un involucro di pasta molto sottile che nasconde un ripieno a base di carne tritata di maiale o gamberetti, chiuso in modo da non lasciare aria all’interno, perché in cottura potrebbe rompersi; viene cotto in un brodo o a vapore. I jiaozi sono fagottini a forma di corno fatti di un impasto spesso, sigillato con la pressione delle dita per dare alla chiusura l’aspetto ondulato, ripieni di carne o verdura. Sono cotti a vapore o bolliti e serviti con salsa a base di soia o peperoncino piccante, in cui vanno immersi prima di gustarli; alcuni vengono cotti sulla piastra o in padella. I baozi sono panini sferici ripieni fatti con un soffice impasto simile al pane e cotti al vapore – e talvolta serviti direttamente - nei tipici cestini di bambù.
Dalla Cina, con le migrazioni e le rotte commerciali, il jiaozi ha viaggiato verso ovest attraverso le steppe mongole e verso est fino alla Corea – dove si chiama mandu (foto sopra) - prima di attraversare l'oceano Pacifico e diventare un cibo molto popolare in Giappone con il nome di gyoza (foto sotto). Contemporaneamente, i baozi viaggiarono e si stabilirono, con nomi diversi, anche in altri paesi dell'estremo Oriente, fino alle Hawaii. La versione hawaiana è nota come manapua.
I ‘rav’ del Nord America
Qui la pasta ripiena è diventata un alimento consolidato dopo che i immigrati dall'Italia, dalla Germania e da altre parti dell'Europa Centrale e Orientale si stabilirono nel Nuovo Mondo contemporaneamente a ondate immigrati dalla Cina e da altri paesi asiatici. Curiosamente, negli Stati Uniti odierni la parola 'rav', nata come una contrazione italo-americana della parola ravioli, sia diventato un termine comune esteso a qualsiasi tipo di pasta ripiena proveniente dall'estero, indipendentemente dal fatto che si tratti di ravioli italiani, Pierogi polacchi o pelmeni russi.
Modifiche contemporanee alle ricette tradizionali sono sempre più comuni grazie alla diffusione globale di ingredienti e cibi, alla possibilità di viaggiare e anche all’accesso immediato alle informazioni e alle ricette via Internet. Il risultato è una continua revisione, adattamento e mutazione di ricette tradizionali con un forte impatto sulle cucine regionali e locali.
Francesca Tagliabue
novembre 2022