Tradizionalmente servita fredda o tiepida nel panino, presente alla gran parte delle sagre e feste di paese, la porchetta rimane un orgoglio italiano. È ottima anche gustata a casa, sotto forma di un sontuoso arrosto di maiale, oppure in una delle sue evoluzioni…porchettate. Da provare come farcitura di una ghiotta lasagna, sulla pizza o in carrozza.
Al taglio, la porchetta presenta carni compatte, le parti grasse ben separate da quelle magre e gli aromi bene in vista. Il profumo di arrosto è intenso, e si colgono sentori di finocchio selvatico o rosmarino. Al gusto sapido e pieno si sommano i sapori intensi degli aromi. La freschezza si riconosce dalla croccantezza della crosta, la cotenna – di colore dorato tendente all'ambra scuro - è fondente, la carne, rosa chiaro, tenera e morbida. Nella zona dei Castelli Romani, ad Ariccia e dintorni, ci sono le “fraschette”, osterie caratteristiche dove poter assaggiare la deliziosa porchetta con i vini del luogo.
Pare che la preparazione risalga addirittura al periodo degli Etruschi. Nell’antica tradizione latina e romana, la preparazione più vicina alla porchetta che conosciamo è il “porcellum farcilem”, presente nel ricettario di Apicio che racconta le varie preparazioni per un maialino intero, arrostito o allo spiedo: la ricca farcitura – spesso doppia, una parte messa sotto la pelle e una nella cavità del ventre – faceva in modo che la vulgata vi si riferisse come porcus troianus, a memoria del famoso cavallo utilizzato da Ulisse e descritto da Virgilio. Una volta farcito, il maialino veniva legato e messo nel forno.
La porchetta trionfava dei banchetti principeschi e cardinalizi: Martino de' Rossi, cuoco del Patriarca di Aquileia, codificò per primo una ricetta ripresa poi da Bartolomeo Sacchi (detto il Platina) nel 1474. Nel Seicento, il bolognese Vincenzo Tanara fa riferimento alle feste popolari a base di porchetta, tipiche delle zone “dell’Umbria e Marca”. Citata nel poema La Secchia rapita di Alessandro Tassoni, nel 1800 Massimo d'Azeglio la descrive come “porcelletto ripieno”; i Futuristi che vollero bandire nelle loro opere ogni antica tradizione alimentare, eliminarono la pastasciutta, ma salvarono la porchetta. Luigi Pirandello la cita nella novella Un invito a tavola e il poeta Gabriele D'Annunzio la celebrò in un nostalgico sonetto in dialetto abruzzese. La troviamo pure nel “Satyricon” di Federico Fellini.
Le origini della ricetta vera e propria della porchetta sono tutt’oggi incerte: nell’area dei Castelli Romani nel Lazio e in Toscana, la tradizione della porchetta è tra le più solide e durature fin dal periodo etrusco: in particolare, gli abitanti di Ariccia rivendicano la paternità della ricetta originaria, la “porchetta alla romana”, per tradizione profumata con tanto rosmarino. Nella Tuscia viterbese, Romagna, in Umbria e nelle Marche, invece, tra gli aromi utilizzati domina il finocchio selvatico, erba spontanea dal profumo intenso e quasi piccante che cresceva abbondante in campagna (foto sotto).
In Umbria si pensa che sia nata a Norcia, famosa per l’allevamento del maiale fin dai tempi dell’Impero Romano. A Costano, vicino a Perugia, conosciuta per la sua porchetta, i porchettai del paese si tramandano il mestiere da ben 500 anni. Antichissima anche la tradizione della porchetta nella provincia di Teramo, in Abruzzo: negli scavi della necropoli picena di Campovalano furono rinvenuti resti di maiale di 3 mila anni fa, che furono definiti la ‘porchetta italica’.
Ad Ariccia ha origini antiche: nella zona il maiale veniva cucinato in modo analogo già nel periodo etrusco. La porchetta di Ariccia – che ha ottenuto denominazione IGP nel 2011– è preparata con un giovane suino (di razza Landrace, Large White, Pietrain e relativi ibridi) rigorosamente di sesso femminile, di 70-80 kg, svuotato, disossato (la testa è tenuta intera, ma oggi si trova anche solo la sua parte centrale, detta tronchetto), aromatizzato spalmando la parte interna con un composto di sale fino marino, pepe nero, aglio e rosmarino. Il maialino è poi cucito con ago e legato con spago di fibra naturale, in modo che assuma la caratteristica forma allungata che garantisce una cottura omogenea della carne, e infilato su uno spiedo.
La cottura avveniva tradizionalmente al forno a legna o sullo spiedo, e dura 3 ore e più, secondo il peso dell'esemplare. La porchetta, una volta cotta - quando la cotenna ha assunto la consistenza di una crosta croccante - è fatta raffreddare. Nel 1950 i porchettari di Ariccia guidati dal sindaco allestirono la prima “Sagra della Porchetta di Ariccia”, con lo scopo di celebrare questo prodotto tanto gustoso e già conosciuto. Un tempo cucinata artigianalmente, la porchetta è oggi prodotta anche dall'industria alimentare, considerato che la sua diffusione non è più solo locale.
Il termine indica un metodo di preparazione di carne (maiale in primis ma anche agnello, coniglio, pollo, tacchino, galletto, anatra) o pesce (rombo, baccalà, anguilla, trota, cernia, pescatrice, carpa, sgombro, vedi sopra): ispirata alla classica porchetta la preparazione “in porchetta” è comune a diverse regioni del Centro Italia, e prevede l'utilizzo di lardo o pancetta e una farcia delle stesse erbe e aromi in quasi tutte le varianti “porchettate” per profumare il piatto e rendere carne o pesce più morbidi, saporiti e succosi dopo la cottura al forno. Ci sono anche salumi cotti come il tacchino o l'arista che sono proposti in versione 'porchettata'. Oltre al classico arrosto di maiale ormai diffuso a livello nazionale, tra le varianti è abbastanza conosciuto il coniglio in porchetta alla marchigiana.
È tipico solo di alcune di regioni italiane, tra cui le Marche: Il coniglio porchettato - qui la ricetta - si trova anche in Romagna, ma solo nel riminese e nel Montefeltro. Nelle campagne marchigiane tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, il maialino era considerato il “piatto del padrone”: la “vergara” – termine utilizzato nel dialetto locale per indicare la donna a capo delle case coloniche marchigiane – si ingegnò a cucinare nello stesso modo la carne di coniglio, più abbordabile, farcendo un arrosto con un battuto delle sue stesse rigaglie rosolate con cotiche di maiale sbollentate (o lardo o pancetta, se disponibili) e finocchietto, risultando in una ricetta profumata e gustosa che conquistò subito molti palati. Provate il coniglio in porchetta anche con la salsa alle nocciole, con le castagne, con le olive e con la crema di cipollotti.
Francesca Tagliabue
giugno 2024