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Leonardo e la Taverna Delle Tre Rane (con Sandro)

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Forse non tutti sanno che il genio toscano, maestro d’arte e scienza, ingegnere, botanico e progettista, era un convinto appassionato di cucina e, in gioventù, anche oste, insieme all’amico Botticelli

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Cinquecento settantuno anni fa, il 15 aprile, nasceva ad Anchiano, frazione di Vinci (FI), il grande Leonardo da Vinci. Leonardo proveniva da una famiglia proprietaria di poderi che producevano vino, olio e grano; il fratello Giovanni lavorerà da oste e beccaio (macellaio) e lo stesso Leonardo prenderà in gestione con il padre e lo zio Francesco un mulino. La madre sposerà un pasticcere che Leonardo frequenterà da ragazzo e che gli insegnerà a conoscere e preparare dolciumi di marzapane. Un interesse, quello verso il cibo, che non lo abbandonerà nella sua vita, grazie anche all’incontro e all’amicizia con Bartolomeo Sacchi, detto Platina, autore del trattato De honesta voluptate e valetudine, unico libro di cucina della collezione personale di Leonardo, su cui prendeva appunti, pubblicato per la prima volta a Roma nel 1470.

Codex Atlanticus

Certo è, come dimostrano alcuni schizzi e disegni raccolti nel Codex Atlantico (conservato nella Biblioteca Ambrosiana a Milano, foto sopra) che l’artista era uno studioso e grande appassionato dei frutti della propria terra e un esperto di botanica, visto che conosceva e sperimentava erbe e spezie, come la curcuma, l’aloe, lo zafferano, i fiori di papavero e l’olio di lino. Leonardo era solito riempire con idee e commenti le sue disordinate pagine di lavoro, appuntando i prodotti con cui veniva in contatto nei suoi viaggi, scrivendo simpatici indovinelli sul cibo e scrivendo dettagliate liste della spesa in cui appuntava i prezzi di svariati alimenti, tra cui la carne (foto sotto).

Lista spesa con carne LdV

Apprendista artista e anche cuoco?
Certe fonti dichiarano che l’amore per la buona tavola di Leonardo si rafforzerà durante gli anni di apprendistato alla bottega del Verrocchio a Firenze: per supplire agli scarsi guadagni, il diciottenne Leonardo va a lavorare come garzone in un’osteria vicino a Ponte Vecchio, la “Taverna delle tre lumache”. Promosso direttamente a cuoco dal locandiere in un momento di emergenza,Leonardo coglie l’occasione per dare il suo tocco alle pietanze servite, proponendo un nuovo modo di impiattamento del cibo e riducendone le porzioni. Lo scarso apprezzamento ricevuto dalla clientela della taverna, molto semplice e abituata a piatti rustici e abbondanti, costringerà Leonardo ad abbandonare l’attività. Nel 1478 il locale andrà a fuoco. Nello stesso anno, Leonardo apre con l’amico Sandro Botticelli – allievo come lui del Verrocchio, bottega che riuniva ad artisti del calibro di Perugino, Ghirlandaio – un'altra taverna,  “Le tre rane di Sandro e Leonardo”.

Leonardo_da_vinci,_codice_atlantico_ricetta (bibl._ambrosiana)

Artisti allo sbaraglio
Alla Taverna delle Tre Rane la clientela poteva scegliere da curiosi menu proposti dai due artisti, ognuno a suo modo: i più letterati dovevano decifrare le pietanze scritte dal mancino Leonardo, quindi da destra a sinistra; i più sempliciotti dovevano indicarle usando le immagini disegnate dal Botticelli (una copia è conservata all’università di Glasgow). Qui si serviva vino delle colline attorno a Firenze, e l’elenco delle portate andava dalla ribollita all’arista, dal baccalà al capretto bollito, ai carciofi, dal rognone di agnello alla specialità della casa, le ranocchie fritte. La maniacale attenzione per la presentazione del cibo di Leonardo si fa sentire ancora: le porzioni dei piatti sono sempre piccole, quasi una nouvelle cuisine d’avanguardia, decisamente troppo avanti per i tempi.

Lista della spesa 2 LdV

Dagli scritti di Leonardo sono state recuperate diverse ricette: prima tra tutte la sua acquarosa, bevanda a base di estratto di acquarosa, zucchero, limone e poco alcool, da servirsi fresca. Ci sono anche idee di antipasti veloci e minimi come cipolla lessa adagiata su di una fettina di formaggio di bufala e con in cima un’oliva nera a spicchi; una susina su una fettina di carne cruda, con boccioli di melo oppure tre fettine di carota cruda ognuna scolpita a forma di cavalluccio marino, con sopra un cappero e una goccia di pasta d’acciughe.  Malgrado l’inventiva di Sandro e Leonardo, la clientela dimostrò di non apprezzare la lunga teoria di porzioni modello Lilliput, così l’osteria non ebbe lunga vita e scomparve senza lasciare traccia, al punto che alcuni dubitano che sia mai esistita. In una lettera autografa a Lorenzo il Magnifico nel presentare le sue tendenze scrive “eccello nel formulare indovinelli e nell’inventare nodi. e faccio delle torte che non hanno uguali”.

trita-tutto-e-cappa_ LdV

Genio multiforme
Quello che però conferma l’interesse del genio toscano per la cucina sono alcuni progetti (presenti nel Codex Atlanticus e nella Biblioteca Vaticana) che Leonardo, quando morì nel 1519, lasciò alla fedele cuoca (insieme a metà del suo patrimonio): i disegni di una serie di geniali strumenti per la cucina, precursori del frullatore (foto sopra, con cappa aspirante), del cavatappi, dell’affettatrice, di un macinapepe e il trita-aglio, ancora oggi chiamato dai cuochi “Il Leonardo”. Tra appunti e disegni di meccanica, anatomia e geometria, sono emersi anche gli studi e gli esperimenti per tenere calde le pietanze, un sistema per affumicare le carni, antesignano degli attuali affumicatori e uno per eliminare il fumo e cattivi odori dalla cucina e una macchina per tirare gli spaghetti (foto sotto, che chiamò Spago mangiabile). Non manca un girarrosto meccanico, ossia uno spiedo dotato di eliche rotanti che girano con il calore della fiamma che Leonardo Da Vinci brevettò nel 1607; in un altro disegno, l’artista inserisce nel girarrosto un congegno a orologeria attivato da una molla, anticipando il concetto di timer.

macchina-per-gli-spaghetti LDV

Nel 1499, subito dopo aver dipinto il Cenacolo.  Leonardo ebbe in dono da Ludovico il Moro un vigneto a Milano, e ne acquistò in seguito altri a Fiesole: forse per questo studiò anche come migliorare la produzione vitivinicola. È celebre una sua lettera dove dispensa preziosi consigli al suo contadino per migliorare la produzione. Nel suo Codice “Madrid I”, conservato nella Biblioteca Nazionale della capitale spagnola, ci progetti di mulini e frantoi del tutto simili a quelli odierni.

Francesca Tagliabue
aprile 2023

 

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