Compaiono immancabilmente sulle nostre tavole di fine anno come simbolo di buona fortuna economica, ma non tutti sanno che le umili lenticchie sono tra gli alimenti vegetali più antichi conosciuti dall’uomo. La loro origine è antichissima: reperti ritrovati in alcuni giacimenti farebbero riscontrare la loro presenza nel periodo neolitico e avrebbero rappresentato una fonte alimentare fin dall'Età del bronzo. Curiosamente, la forma convessa della lenticchia (Lens culinaris) ispirò il nome, millenni più tardi, alla lente per gli occhiali.
Un legume “errante”
La loro coltivazione a fini alimentari sembra sia iniziata nei paesi orientali, in particolar modo nella fertile Mesopotamia, in quelle regioni che oggi sono la Siria e l’Iraq settentrionali e in India, dove le lenticchie erano molto conosciute, per diffondersi poi gradualmente verso l'Occidente, “attraversando” Siria e Turchia fin dai tempi dell'antica Troia, come testimonia la loro presenza in alcuni scavi. Erano conosciute in tutto il Medio Oriente – la Bibbia nella Genesi racconta di Esaù che, stanco e affamato, chiede al fratello Giacobbe di cedergli il suo piatto di lenticchie, offrendogli in cambio i diritti di primogenitura (foto sopra). Nella cultura ebraica, insieme all’uovo, simboleggiano il ciclo della vita per via della forma rotonda.
Compaiono dipinte e riconoscibilissime sulle pareti delle tombe faraoniche della XII dinastia (2200 a.C.) dell’Antico Egitto e poi arrivano in Grecia (il poeta Aristofane ne parla nelle sue commedie) e nell’Impero Romano, con Catone che insegna i modi migliori per coltivarle; il medico Galeno che parla delle loro virtù terapeutiche e Plinio il Vecchio che ne apprezza il valore gastronomico, come pure Apicio, che citerà nella sua raccolta di ricette De Res Culinaria molte pietanze con le lenticchie. Fu nell’Antica Roma che prese il via la tradizione augurale di donare a fine anno, a parenti e amici, una borsa di cuoio chiamatascarsella (foto sopra) piena di lenticchie, con l'augurio che ogni chicco si potesse trasformare in monete sonanti, augurio che oggi si traduce nell’usanza di mangiare lenticchie a Capodanno per garantirsi prosperità economica.
Tante, buone varietà
Nel Medioevo i ceti più abbienti ne relegarono il consumo alle mense e ai contadini, e le lenticchie divennero la “carne dei poveri” che, saggiamente, ne apprezzarono la facile coltivabilità e il buon apporto nutritivo a basso costo; grazie a questa lungimiranza, oggi in Italia ne abbiamo diverse varietà molto apprezzate, sia in gastronomia sia dal punto di vista nutrizionale. Per citarne alcune: la lenticchia di Castelluccio di Norcia Igp, minuscola quanto famosa, marrone-rosato, carnosa e saporita, non richiede ammollo alcuno (foto sotto).
C’è quella di Altamura lgp, colore verde fieno e sapore erbaceo e delicato, conosciuta come "Gigante" per le dimensioni (circa 7 mm), che rischiava di scomparire ed è stata recuperata da Slow Food. Marchio Igp anche per quella, grande, di Onano della Tuscia Igp (VT), dolcissima e delicata, ottima in minestre o zuppe, e con la selvaggina. Grande anche la lenticchia di Villalba (CI), che richiede tempi di cottura leggermente più lunghi; ha gusto intenso e non si sfalda. Amano il pesce la lenticchia di Leonforte(Enna) e quella minuscola di Ustica (PA), nere da crude e brune da cotte. Nere e lucide sono le Beluga (foto sotto), che ricordano il prezioso caviale: hanno sapore aromatico e sono perfette in insalata, nei pilaf e con il pesce. Presidi Slow Food le piccolissime lenticchie di Santo Stefano di Sessanio (AQ) e di Ustica (PA), che non necessitano di ammollo.
Un sano superfood
Le lenticchie - come legumi - si raccolgono da baccelli, come i piselli, ma spesso all'interno ci sono uno o due semi solamente (immagine sopra). Hanno un notevole valore nutritivo, in quanto sviluppano (come prodotto secco) circa 360 cal/100 g di prodotto edibile. Hanno un elevato contenuto in carboidrati, senza grassi o colesterolo di origine animale e, soprattutto, hanno uno dei più alti contenuti di proteine tra gli alimenti vegetali, dopo la soia. Sono così ricche di proteine da essere spesso un sostituto della carne nelle diete vegetariane e vegane, come dimostrano i numerosi polpette o polpettoni vegetali e burger di legumi (foto sotto).
È presente anche una notevole quantità di vitamine del gruppo B, acido folico e sali minerali, quali il potassio, il fosforo, il calcio, il ferro, il selenio. Abbondanti in fibre solubili, aiutano a ridurre il colesterolo e possono giovare a chi è a rischio di malattie cardiache e diabete. Le lenticchie si possono forse definire l'ingrediente più versatile della dispensa, se si scelgono quelle giuste, cuocendole e preparandole a puntino.
In cucina in Italia
Sono un’antica tradizione in Sicilia, Abruzzo e Umbria, ma in tutte le regioni d'Italia vengono impiegate in ricette tradizionali a base di pasta (soprattutto al Sud), zuppe invernali con riso e farro, in alternativa a riso e patate, in purea e in crema, in polpette, spesso in umido, perfino in ragù. Amano la carne di maiale e i frutti di mare. Assai diffusi nella cucina popolare sono alcuni piatti tipici regionali con lenticchie che sono ricchi da un punto di vista nutritivo, di facile digestione e gradito sapore, apprezzati anche dai raffinati gastronomi.
Tra questi troviamo le lenticchie alla romana, le varie zuppe di pasta e lenticchie come la crapiata, la zuppa di legumi tipica del materano, le lenticchie con la salsiccia umbre, la minestra napoletana di lenticchie con la borragine, le Virtù Teramane, noto minestrone abruzzese (foto in alto), e così via, e naturalmente ricordiamo la fortunata associazione con cotechino e zampone, che festeggia il Capodanno (foto sopra).
In cucina nel mondo
Le lenticchie in Europa si coltivano in tutto il bacino del Mediterraneo, fino a nord in Germania, Paesi Bassi e Francia. Rimangono un alimento base nelle diete mediorientali e indiane e sono popolari nelle cucine di tutto il mondo. In India, dove si consuma circa la metà delle lenticchie del mondo, se ne coltivano più di 50 varietà diverse. Quasi ogni pasto tradizionale indiano include almeno un piatto di lenticchie e sono un'importante fonte di nutrienti per milioni di vegetariani nel subcontinente. Lenticchie piccole intere, come la Lentille Verte du Puy Dop, pregiata qualità francese dal colore verde scuro (foto sopra); presente in molte specialità francesi, tiene bene la cottura e si presta a ricette elaborate. Le pardina spagnole sono marroni e vanno ammollate poco; mantengono la loro forma e si possono cuocere al dente, in piatti come le lenticchie con il chorizo o nelle insalate.
Quelle rosse, chiamate anche lenticchie egiziane, vengono vendute decorticate, non necessitano di ammollo e tendono a sfaldarsi in cottura: sono quindi adatte a vellutate e creme (foto sopra); come pure le gialle, di origine indiana, perfette al curry. Le lenticchie sono protagoniste in molti piatti, tra cui l’harira marocchina (diffuso in diverse varianti anche in Algeria, Tunisia e Libia), una zuppa ricca e sostanziosa, preparata con agnello o vitello, concentrato di pomodoro, spezie, ceci e soprattutto lenticchie; il dhal di lenticchie, rosse o gialle (foto sotto), vero simbolo della cucina indiana, zuppa ricca e speziata, insaporita con curry e zenzero fresco.
Qualche consiglio
All'acquisto, verificate la data di scadenza: se è vicina nel tempo (poche settimane) probabilmente state acquistando un prodotto vecchio di almeno un anno. Prima di usarle, lavatele e controllate che non ci siano sassolini o impurità (può capitare, specie con quelle sfuse).
Se usate lenticchie secche di dimensioni medie, tenetele a bagno in acqua per circa 6 ore prima di cucinarle; quelle piccole solitamente possono essere cotte subito. Non utilizzate il liquido di ammollo per la cottura: durante l'immersione in acqua i legumi rilasciano sostanze amare e leggermente tossiche.
Francesca Tagliabue
dicembre 2022