Dire Piemonte porta subito alla mente nomi molto noti come Langhe, Roero, Monferrato: ma l’esploratore attento conosce anche un Piemonte che che non ti aspetti, un territorio – sebbene meno noto ai più – èsi rivela non meno affascinante e ricco di golosità, che si spinge tra Tortona, Gavi e Serravalle Scrivia, Novi Ligure.
Il Piemonte che guarda alla Liguria
Gavi – patria dell’omonimo vino Docg, re indiscusso dei bianchi piemontesi – si rivela un territorio vocato, oltre alla vite (foto sopra), a un turismo slow che incontra tanti vigneti, sì, ma anche boschi e meravigliosi castelli, simbolo della ricchezza e della potenza di Genova Repubblica Marinara. Il gaviese è ricco di antiche tenute, oggi superbe cantine e aziende agricole, divenute negli anni magnifici Resort e Hotel, come La Bollina, villa in stile Art Nouveau (foto sotto) circondata dalle colline del Gavi, prima residenza dei Marchesi Figari di Genova: ora divenuta Hotel di lusso e meta di chi vuole soggiornare tra i vigneti. Di estrema eleganza in stile Liberty anche Tracce, il ristorante gastronomico di Villa La Bollina, raffinato e accogliente, che offre un’attenta cucina gourmet di stagione, con l’utilizzo di materie prime di qualità eccellente. Accompagnando i piatti con i vini della Cantina La Bollina, prodotti in 28 ettari di vigneti nelle dolci colline del Gavi che circondano il Resort.
Nel cuore del borgo
Tra le estreme propaggini collinari dell'Appennino ligure e la piana di Marengo, sulla sponda destra dello Scrivia, giace Tortona, con il suo centro storico composto da un dedalo di viuzze che riflette la storia complicata di questo borgo di confine, idealmente situato tra Lombardia e Liguria, e che trasforma una semplice passeggiata in una caccia al tesoro. E di tesoro si può parlare nel caso di Anna Ghisolfi e del suo ristorante, Anna Ghisolfi Ristorante, quasi nascosto all’occhio meno attento, situato com’è in un’elegante chiesa sconsacrata, l'Oratorio del Crocefisso al centro di Tortona. Una spettacolare cucina a vista (foto sotto) espone agli occhi dei commensali la sinuosa coreografia che la chef e il suo staff mettono in scena ogni sera. Cuoca per caso e per passione, Anna Ghisolfi presenta un menu che segue sempre un filo ma non è mai lo stesso, che è diverso senza cambiare: due percorsi giocosi, delicati come origami, uno vegetale e uno con le carni; quattro primi piatti, quattro secondi, quattro dolci tra cui scegliere. La stagionalità il parametro che vincola le preparazioni, gli alimenti vegetali rigorosamente localizzati.
Il formaggio della sposa
In un angolo del Tortonese, sempre sul confine tra Piemonte e Lombardia dove scorre l’omonimo torrente, troviamo la Val Curone, a est delle valli Borbera e Grue. Qui si produce, in 30 comuni disseminati tra le tre valli, il formaggio Montébore: Presidio Slow Food, è un formaggio antico le cui origini si perdono nel passato, uno dei più rari al mondo, che prende il nome da un piccolo paese della Val Curone. Per secoli prodotto ed esportato verso Genova e la Lombardia, se ne era persa praticamente ogni traccia: nel 1997, con il Progetto di Filiera Casearia della Comunità Montana Valli Curone Grue Ossona e Valli Borbera e Valle Spinti, si è cercato di recuperare l’antico prodotto locale grazie anche ad alcune anziane signore, ultime depositarie della tecnica casearia tradizionale. Anticamente si usava solo latte di pecora, la formula attuale prevede latte vaccino e ovino (quest’ultimo non deve superare mai il 40%).
Il Montébore, formaggio dalla curiosa forma a “torta nuziale” (foto sotto) che fu l’unico formaggio offerto al banchetto per le nozze fra Isabella D'Aragona e Gian Galeazzo Sforza, nipote di Ludovico il Moro, Duca di Milano, è delizioso gustato con miele di castagno, marmellata di arancia e, in particolar modo, con la “cugnà”, la tipica confettura piemontese a base di mosto d'uva. Tra le realtà dedicate alla valorizzazione e promozione dell’identità storica, gastronomica e culturale dei prodotti locali – in particolare all’opera di recupero del formaggio Montébore - insieme alla Cooperativa agricola Vallenostra c’è il Caseificio Terre del Giarolo della famiglia Grattone.
La farinata novese
A Novi la storia della farinata (fainè o fainà in dialetto ligure) si narra risalga alla fine della guerra tra le repubbliche marinare di Genova e Pisa, nel 1284. Si racconta che i genovesi, di rientro da una vittoria su Pisa, incontrarono una tempesta: le navi imbarcarono acqua e i sacchi di ceci nella stiva si rovesciarono e si mescolarono con l’olio fuoriuscito dalle anfore e l’acqua di mare, creando una poltiglia che cotta sotto il sole si rivelò appetibile. Arrivati sulla terra ferma, i genovesi migliorarono la casuale scoperta cuocendo il miscuglio nei forni a legna... nacque così la farinata novese De.Co. (foto sopra), da oltre un secolo realizzata con farina di ceci di Merella, una varietà di cece coltivata nell’omonima frazione rurale, una zona pianeggiante a breve distanza dal fiume Scrivia, nel territorio comunale di Novi Ligure, inserita nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) piemontesi. Questa torta salata bassissima e golosa è ancora oggi preparata con solo farina di ceci, acqua, sale e olio extravergine di oliva. A Novi Ligure, tra l’Ottocento e il Novecento, la farinata arrivò in un negozietto aperto nei pressi dell’antica Porta di Sant’Andrea, ai piedi del Castello: ancora oggi Il Banco è un ristorante in attività – Gualtiero Marchesi ne fu un estimatore – e tra le specialità si trova la ricetta originale della farinata novese.
Francesca Tagliabue
novembre 2023
Foto di apertura courtesy of Consorzio del Gavi © Maurizio Ravera
Foto del formaggio Montébore, courtesy of Il Caseificio Terre del Giarolo
www.annaghisolfi.it
www.hotelvillalabollina.com
www.ilbanco.it
www.caseificioterredelgiarolo.it