Insieme al Mimosa, è il cocktail per brunch più famoso al mondo. Celebrato per il suo - ipotetico - potere di rimediare ai postumi della sbornia, nella sua composizione nasconde un nucleo di verità. Scopriamo storia e proprietà di questo celebre cocktail
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Le ricette del Bloody Mary sono individuali quanto quelle dei Martini, se ne trovano decine. I puristi useranno solo salsa Worcestershire, sale e succo di limone per ravvivare il succo di pomodoro e la vodka, ma è possibile aggiungere di tutto, dalle ostriche al wasabi. La notorietà del Bloody Mary è tale che ha una propria Giornata Nazionale che strizza l’occhio alle sue proprietà di drink post–sbronza: il 1° gennaio, giorno dopo la bisboccia di Capodanno, negli Stati Uniti è stato (ufficiosamente) dichiarato Bloody Mary Day: una data abbracciata per estensione nella gran parte del mondo internazionale dei cocktail. Il Bloody Mary può essere un cocktail davvero eccezionale, ma può anche rivelarsi debole, insipido e decisamente deludente. Il trucco sta nell’utilizzare ottimi ingredienti, una buona ricetta e le tecniche giuste.
Un mondo di ricette (alcune assurde) Vodka, succo di pomodoro (foto sotto), salsa Worcestershire, succo di limone, sale (meglio se al sedano) e pepe nero sono ingredienti comuni a quasi tutti i Bloody Mary moderni. Alcuni barman a questi aggiungono un po' di zucchero, per bilanciare l'aggiunta di succo di limone e amplificare i sapori degli altri ingredienti. Negli anni si sono sviluppate anche diverse varianti della ricetta originale, oltre alla più conosciuta, il Virgin Mary o Bloody Shame (letteralmente maledetta vergogna; identico ma senza alcol): troviamo il Bloody Joseph (con whisky scozzese al posto di vodka), il Bloody Maria (con tequila) e il Bloody Maru (con sakè); ci sono anche il Cubanita (con rum) e il Red Snapper (con gin). Altre incredibilmente strane varianti includono: Asian Mary (con wasabi, zenzero e salsa di soia); Bloody Bull o Bull Shot (con brodo di manzo) e Bloody Caesar (con succo di vongole).
La curiosa storia del Bloody Mary La creazione del cocktail è da molti attribuita a Fernand Petiot, negli anni '20, quando era un giovane barista. Petiot affermò di averlo creato quando lavorava dietro il banco dell'Harry's Bar, a Parigi, ritrovo frequente di icone internazionali come Ernest Hemingway, Sinclair Lewis, Rita Hayworth, Humphrey Bogart e altri famosi personaggi. Non si conosce la ragione per cui Petiot abbia voluto dare al cocktail il nome della regina Mary Tudor d'Inghilterra che con l'Heresy Act uccise 283 persone, cosa che le guadagnò il titolo non ufficiale di Bloody Mary, Maria la Sanguinaria. Anni dopo, quando ormai Petiot era uno dei baristi più famosi di New York e lavorava al St. Regis Hotel a Manhattan, pare che il principe russo Serge Obolensky ordinasse un Bloody Mary 'più speziato': Petiot aggiunse il Tabasco e la ricetta divenne completa.
La ricetta di Fernand Petiot “Copro il fondo dello shaker con quattro pizzichi abbondanti di sale, due di pepe nero, due di pepe di Cayenna e uno strato di salsa Worcestershire; poi unisco un pizzico di succo di limone e un po’ di ghiaccio tritato, aggiungo 60 ml di vodka e 60 ml di succo di pomodoro denso. Agito nello shaker, filtro e verso”.
La tecnica Un Bloody Mary è migliore se il succo di pomodoro mantiene una certa viscosità e densità. Lo shakerare tende a influenzarla negativamente, diluendo il succo con l'acqua del ghiaccio, quindi è meglio – per mescolare al top – semplicemente girare lo shaker tra le mani, con un delicato movimento rotatorio, piuttosto che agitarlo con forza. Idealmente, sono previsti 20 giri con cubetti di ghiaccio: alla fine l'esterno dello shaker dovrebbe essere completamente ghiacciato. Si discute anche se sia meglio servire un Bloody Mary con o senza ghiaccio: la risposta è con il ghiaccio, che deve provenire direttamente dal congelatore (no al ghiaccio delle macchine per ghiaccio, è troppo ‘bagnato’): manterrà la bevanda fredda con una diluizione minima.
E il sedano? Fu durante gli anni '50 e '60 che prese il via il trend di guarnire e servire il Bloody Mary con una costa di sedano. È opinione diffusa che in questo periodo fu uno dei tanti ospiti famosi – numerose celebrità erano clienti abituali – della Pump Room, ristorante situato nell'hotel Ambassador di Chicago, ad aver chiesto al barista di servire il suo Bloody Mary con un gambo di sedano, poiché il ristorante aveva finito i bastoncini di sedano preparati come snack per l’aperitivo.
Cocktail anti-sbornia? Un’altra teoria vede come ideatore della gustosa miscela di vodka e succo di pomodoro George Jessel, star di Hollywood degli anni '20 –'50, che lo ideò per “curare” i postumi delle sue numerose sbornie. Nel suo libro ”The World Famous Cotton Club: 1939 Book of Mixed Drinks” Charlie Conolly include una ricetta per quello che oggi sarebbe considerato un Bloody Mary sotto il nome "George Jessel's Pick–Me–Up", il Tirami su di George Jessel:
60 ml di vodka 180 ml di succo di pomodoro 2 gocce di salsa di peperoni Tabasco Succo di ½ Limone Shakerare insieme al ghiaccio e versare in un bicchiere alto.
La scienza Questo cocktail è annoverato al primo posto tra i rimedi per i postumi di una lunga bevuta da tanti anni. Ci si è spesso chiesto come mai, visto che è appurato che la parte di vodka (o altro alcol) del Bloody Mary non aiuta certo a riprendersi il giorno dopo, ma il Bloody Mary in realtà contiene molti ingredienti che potrebbero contribuire a farci sentire meglio, come il succo di pomodoro, che contiene gli elettroliti sodio e potassio, la vitamina C antiossidante e tutta una serie di vitamine, come il licopene e la vitamina B6; la vitamina B6 in particolare è uno dei pochi rimedi che hanno dimostrato di ridurre gli effetti dei postumi di una sbornia. Il consiglio, quindi, dopo una lunga notte di bevute, è di bere un Bloody Mary in versione analcolica, cioè un Virgin Mary (foto sopra). Non potrà che fare bene.