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La freschezza nomade dell’anguria

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Protagonista delle tavole estive, il grosso e goffo cocomero, che spesso diamo per scontato, ha una storia insospettabile, antica e itinerante, che l’ha visto viaggiare fin dai tempi più remoti in tutti gli angoli del pianeta, dove poeti, scrittori e artisti l’hanno celebrato degnamente

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La “balena verde dell'estate”, descritta meravigliosamente dal poeta Pablo Neruda nella sua  ‘Oda a la sandía’ (Ode all’anguria), per lo scrittore surrealista Ramón Gómez de la Serna è “un salvadanaio di tramonti”. Lo scrittore Mark Twain considera l’anguria “un dono del Signore, e non va confusa con le cose comuni della terra. È eccelso fra i piaceri di questo mondo, re, per grazia di Dio, di tutti i frutti della terra. Quando lo si assaggia, si sa qual è il cibo degli angeli”. Parlano tutti del Citrullus lanatus, l'anguria comune, il cocomero che puntualmente raffresca le nostre calde giornate estive. La buccia verde liscia e la polpa rossa - ma anche gialla o talvolta color crema - squisitamente dolce e la sua consistenza deliziosamente ghiacciata lo hanno reso uno dei frutti più riconosciuti e popolari in tutto il mondo.

Fresh sliced watermelon

Ecco l’interessante narrazione di come l’anguria (insieme al melone dolce) si sia diffusa dalla terra d'origine in Africa e in Asia agli angoli più remoti del pianeta: è una storia di esploratori, viaggiatori, schiavi, agricoltori, conquistatori che nei secoli hanno portato i semi di anguria - e il ricordo dei deliziosi cocomeri che avevano mangiato - con sé in tutto il mondo e, così facendo, ne hanno cambiato la storia.

cocomero in campo

Quando si dice un frutto antico
Gli scienziati ritengono che i meloni fossero stati ‘addomesticati’ già nel 7000 a.C. in Asia e Africa. Ed è in queste due aree - le prime aree popolate da Homo sapiens - che si pensa che la maggior parte dei meloni abbia iniziato a essere consumata dall’uomo. I componenti della famiglia Citrullus, tra cui l’anguria, da millenni crescono spontaneamente nelle lande dell'Africa occidentale, centrale e meridionale: qui Boscimani e altre tribù adottarono il succoso frutto, che serviva non solo come cibo ma anche come preziosa fonte d'acqua (il cocomero è costituito per oltre il 90% di acqua, con fruttosio e vitamine).

I semi di anguria più antichi mai trovati provengono dall'Antico Egitto, risalenti a più di 6.000 anni fa, dove il cocomero compare in alcuni geroglifici. Questo frutto veniva murato nelle tombe dei faraoni come mezzo di sostentamento per l'aldilà: alcuni semi sono stati trovati nella tomba del re Tutankhamon. Dal nord dell'Africa, l'anguria raggiunse l’India, l’Asia, il Medio Oriente e il Vecchio Mondo.

Insalata di anguria, feta e menta

Non dovrebbe sorprendere che Greci e poi Romani conoscessero l'anguria, data la quantità di contatti con gli egiziani, per i quali il cocomero era un frutto comune. Ci sono raffigurazioni di anguria nell'arte romana datati alla fine del I secolo d.C., e angurie e meloni figurano nel De re coquinaria, il famoso ricettario di Apicio; il libro risale al V secolo e contiene ricette con “pepones et melones”, tra cui un'insalata che condisce i pepones (angurie) con pepe, mentuccia e un mix di aceto, brodo ed erbe varie. Certamente la classica ricetta greca moderna per l'insalata di anguria (foto sopra) - condita con aceto invecchiato e menta, insieme al formaggio feta -  suona molto simile.

Carrara_Herbal-1390

Sempre in viaggio, fino al Nuovo Mondo
Nel X secolo d.C. il cocomero era diffusamente coltivato in Cina, Paese che oggi è il maggior produttore di angurie al mondo(oltre la metà della produzione mondiale in peso). Altri Paesi grandi produttori di angurie sono Spagna, Iran, Turchia, Stati Uniti, Romania, Italia, Marocco, India ed Egitto, mentre la Germania è il più grande importatore di angurie, seguita da Stati Uniti e Canada.

Nel suo libro sull'agronomia, il Dīwān al-filāha (circa 1080 d.C.), Ibn Bassal, giardiniere reale, botanico e agronomo arabo andaluso dell'XI secolo, include nell’elenco delle piante anguria e melone. Gli ungheresi mangiavano anguria nel XII secolo, a giudicare dai semi che gli archeologi hanno trovato nei siti medievali. La "Pace mongola" di Gengis Khan riaprì la lunga Via della Seta ai viaggiatori, uno dei quali era Marco Polo che, nel 1271, a Balkh, nell'attuale Afghanistan, dopo aver attraversato un deserto di “aridità superiore”, rimase incantato dalla dolcezza delle angurie locali. È dedicato ai cocomeri e meloni il testo di iconografia e lessicografia erboristica medievale chiamato Carrara Herbal, 1300 (foto sopra).

Nel suo secondo viaggio nelle isole dei Caraibi del Nuovo Mondo, nel suo diario di bordo del 29 marzo 1494 Cristoforo Colombo annotò di aver piantato semi di anguria. Poco dopo si meravigliò di aver trovato i cocomeri “già cresciuti, atti da mangiare”, anche se non erano trascorsi più di due mesi da quando il seme era stato messo nel terreno. Le dolci angurie che Colombo introdusse nel Nuovo Mondo sarebbero state portate in California dagli Spagnoli.

Il celebre Herball, or Generall Historie of Plantes del 1597 dell'inglese John Gerard elenca e illustra l'anguria insieme a una serie di meloni dolci. Gerard ci dice che il giardiniere della regina d'Inghilterra era riuscito a coltivare meloni dolci per la tavola reale, ma ha notato tristemente che non era in grado di far germogliare i semi di anguria in Inghilterra e sottolinea che l'anguria - che lui chiama "Citrul Cucumber" - cresce meglio in “Sicilia, Puglia, Calabria e Siria”. L'anguria era abbastanza comune in Russia che le ricette per la scorza di anguria in salamoia furono pubblicate in un libro durante il regno di Ivan il Terribile (1550). I russi erano anche noti per usare il succo di anguria come dolcificante e per fermentare la birra. Le angurie erano comuni nella Panama coloniale e in Perù, nonché nelle colonie britanniche e olandesi in tutto il Nuovo Mondo. Raccolti da frutti africani furono curati dagli schiavi nelle piantagioni di zucchero alle Barbados e in Brasile (1648); Furono i semi di anguria dal Brasile che furono portati a Tahiti e in Australia durante il primo viaggio del capitano Cook nel 1769. L’anguria aveva fatto il giro del mondo.

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Un frutto, cento nomi
I persiani lo chiamano hinduwani, gli italiani cocomero o anguria, gli spagnoli sandia, i francesi pastèque, i portoghesi melancia e i turchi karpuz. Tutti questi nomi sembrano distinti e non correlati linguisticamente, a sostegno dell'idea che l'anguria si sia diffusa molto presto in Europa e nel Vicino Oriente. La prima menzione nel dizionario inglese della parola “anguria” apparve nel 1615. Il nome anguria, oggi comune in Italia settentrionale e in Sardegna, deriva dal greco tardo angoúrion (anguria o cetriolo selvatico): entrerà nel lessico della lingua italiana in epoca bizantina, grazie al dominio levantino di Ravenna tra il VI e l'VIII secolo. Oggi in greco moderno angúri significa cetriolo. Il nome cocomero è invece prevalente in Italia centrale, mentre nell’Italia Meridionalel’anguria è conosciuta come melone d'acqua o mellone.

loggia di amore e psiche villa farnesina

L’anguria nell’arte
La freschezza colorata e allegra del cocomero è stata il soggetto di pitture voluttuose, come gli affreschi di Raffaello che illustrano le avventure celestiali di Amore e Psiche, nella romana Villa Farnesina (foto sopra, particolare). Le angurie – rotonde, mature e traboccanti di succo - sono state spessissimo soggetto di nature morte da artisti celebri, da Caravaggio ad Abraham Brueghel, da Giovanni Segantini a Paul Cézanne, e poi Abashin (foto apertura), Angelica Peale,  Henri Matisse, Salvador Dalì, Frida Kahlo, Umberto Boccioni, Wayne Thiebaud, Giacomo Balla, Giorgio De Chirico, Fernando Botero (foto sotto) e Renato Guttuso.

Oda a la sandía (Ode all’anguria) by Pablo Neruda

«… e poi il più freddo di tutti i pianeti attraversa il cielo, l'anguria rotonda, magnifica e celestiale.
È un frutto dell'albero della sete.
È la balena verde dell'estate.
L'universo arido… fa scendere il frutto gonfio: i suoi emisferi si aprono mostrando una bandiera verde, bianca, rossa, che si dissolve in cascata, in zucchero, in delizia!»

Francesca Tagliabue
luglio 2022

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