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Il pane di Matera: una delizia lucana

News ed EventiPiaceriIl pane di Matera: una delizia lucana

Tra i pani regionali più iconici d'Italia, poteva essere sfornato solo dai 15 forni pubblici scavati nella roccia che a Matera rimasero in uso fino al 1950. Dal 2008 ha ottenuto la certificazione Igp e solo i forni autorizzati possono produrlo con la sigla MT

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È ruvido, pieno di bozzi e buchi: il pane di Matera ricorda la città che lo ha generato, Capitale europea della cultura del 2019. Impastato con il grano duro, viene diviso in pagnotte di svariati chili (si arriva addirittura a forme da 10!) e cotto in forni di pietra con fuoco di legna di quercia o della macchia mediterranea. Come molti pani del sud Italia ha un sapore forte, incline a occupare la scena. La sua crosta spessa almeno 3 mm è tanto scura che la gente del nord, avvezza a pani bianchissimi, potrebbe definirla bruciata, ma una volta spaccata rivela un interno sorprendentemente soffice, alveolato, fragrante e dorato. Il profumo è inebriante e ancora oggi verrebbe il desiderio di sentirlo fuoriuscire dai 15 forni pubblici scavati nella roccia che a Matera rimasero in uso fino al 1950. Fu proprio l'utilizzo di questi forni a far nascere la necessità di timbri particolari per segnare il pane e riconoscerlo tra i tanti altri. Si trattava di statuette su cui erano intagliate le iniziali del capofamiglia ma il loro significato raramente si esauriva in questo semplice compito: i timbri, di svariate forme, davano al pane il potere di trasmettere fecondità, salute, forza e fortuna. Queste piccole opere d'arte sono oggi conservate nel Museo archeologico Domenico Ridola.


Una bontà senza scadenza
Dal 2008 il pane di Matera ha ottenuto la certificazione Igp, riveduta l'anno scorso con la riscrittura del disciplinare. Solo i forni che vi si attengono possono marchiare i prodotti con la sigla MT reintrodotta in memoria degli antichi timbri familiari. A garanzia delle proprietà del prodotto, è richiesto l'uso di grani pregiati quali Cappelli e Duro Lucano, coltivati nella provincia di Matera, ma ancor più peculiare è la ricetta del lievito madre che dev'essere impastato con 1 kg di semola rimacinata e 250 grammi di polpa di frutta fresca macerata in 3 litri d'acqua. Una volta raddoppiato il volume si reimpasta "aggiungendo semola rimacinata in quantità pari al peso ottenuto più il 50% di acqua", recita la formula. Regole e cure fanno sì che la freschezza del pane di Matera abbia una durata eccezionale: si va da una settimana per le pezzature da 1 kg fino ai 15 giorni per quelle più grandi, ma anche una volta trascorso questo tempo la sua vita in cucina è tutt'altro che finita.


Come gustare il pane di Matera
Se riscaldato, anche in là con i giorni, diventa una profumata bruschetta, da condire con i peperoni cruschi lucani, la burrata e un filo d'olio oppure si trasforma in polpette di pane alla materana, da friggere e ripassare nella salsa di pomodoro. Proprio alla fine tutti gli avanzi, anche i più piccoli sono nobilitati dalla cialledda, un insolito piatto a due stagioni: se calda, si gusta nelle sere invernali con uova, patate e cime di rapa, se fredda diventava la "colazione del mietitore" perché dava energia a chi affrontava la giornata di lavoro sotto il sole della Basilicata. In questa pagina ve ne suggeriamo una versione particolarmente saporita e rinfrescante.


Gennaio 2021
Daniela Falsitta

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